L’ultimo atto è il più triste: la bella favola del Chievo dei miracoli, la squadra del piccolo quartiere di Verona, era finita da tempo ma gli strascichi del declino di una delle più belle storie del nostro campionato continuano. Per l’ex presidente Luca Campedelli è arrivata la richiesta di rinvio a giudizio da parte della Procura della Repubblica di Verona per bancarotta fraudolenta della società attualmente in fallimento.
I reati contestati
Come si legge su Repubblica la Guardia di Finanza avrebbe scoperto “un meccanismo fraudolento per mezzo del quale l’amministratore avrebbe sistematicamente rappresentato una situazione economica di apparente benessere del Chievo, tale da dissimulare il dissesto e l’erosione del patrimonio della società, nonché di permettere alla stessa l’iscrizione al campionato di calcio”. Diversi i reati contestati, tra cui plusvalenze fittizie, le distrazioni dalle casse del Chievo Verona di oltre 200mila euro da parte di Campedelli per scopi estranei alle finalità d’impresa, il “reiterato sistematico e rilevante” mancato adempimento degli oneri tributari e previdenziali dal 2014 fino alla data del fallimento, per oltre 34 milioni di euro.
Il miracolo Chievo del 2001
Non certo la miglior maniera per onorare una storia da leggenda, che ebbe il suo apice nella stagione 2001/2002, da neopromossa in A. Il 4-4-2 di Delneri divenne materia di studio, i clivensi presero a schiaffi tutte le big di arrivando a conquistare il primo posto dopo lo storico successo a San Siro sull’Inter alla 15esima giornata per 2-1. Il calo nel girone di ritorno portò al quinto posto finale e alla qualificazione in Coppa Uefa. L?anno dopo fece un punto in più e arrivò settimo ma la storia era già stata scritta.
La formazione-base di quel Chievo
Tutti impararono a memoria l’11 base del Chievo dei miracoli, i cosiddetti “mussi volanti” (asini che volano): dal portiere Lupatelli che giocava con la maglia n.10 alla difesa a 4 composta da Moro, D’Anna, D’Angelo e Lanna. Davanti il primo fenomeno, il brasiliano Eriberto (non ancora Luciano, come si venne a sapere quando uscì fuori la falsa identità del giocatore): un eurostar sulla fascia.
Poi un centrocampo che mixava classe e corsa con Perrotta e Corini, mentre sull’altra fascia scorazzava Manfredini, altro fulmine di guerra. I due attaccanti erano Marazzina (che nel primo anno di A fece 13 gol) e Corradi (10 gol). Un gioco spumeggiante per una favola che fece innamorare l’Italia. Un quartiere di 4500 abitanti con pochissimi tifosi che diede uno scossone alle big della serie A. Del resto il nome Chievo deriva dal latino “clivius mantici”, ossia “la collina del (bosco) mistico. Peccato che anche questa, come tutte le favole più belle, sia finita.