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Ciccone difende Nibali: "Sul divano tutti bravi"

Il ciclista della Trek Segafredo: "Coronavirus? Mi mancavano le forze".

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Ciccone difende Nibali: "Sul divano tutti bravi" Fonte: Getty Images

Giulio Ciccone in un’intervista alla Gazzetta dello Sport ha fatto il punto sulle sue condizioni in vista del Giro d’Italia. Il ciclista della Trek Segafredo, guarito dal Coronavirus, spera di dare una mano a Nibali: “Non posso dire di essere da Giro ma neanche da buttare. Parto con la speranza di aiutare la squadram nelle prime due settimane, in modo da farmi la gamba per essere decisivo per Vincenzo nell’ultima. Magari puntando anche a un successo di tappa, chi lo sa”.

Sul momento dello Squalo: ” Vincenzo l’ho visto molto molto bene al Mondiale, non capisco certe critiche, si vede che dal divano siamo tutti professionisti. Il percorso non era per lui, e non veniva dal Tour, eppure era lì: sono super fiducioso per il Giro. Rivali più pericolosi? L’Astana. E Thomas”.

Il 2020 è stato finora da dimenticare: “Lockdown a Monaco, da solo. I giorni erano lunghissimi. Io non sono capace di stare fermo, sono stato sui rulli anche undici ore di fila. Poi si riparte, e prima delle Strade Bianche ti becchi un virus intestinale, altri quattro o cinque giorni fermo. Quando finalmente le cose sembravano sul giusto binario, ecco la botta definitiva. È stato dopo il campionato italiano. Il giorno dopo ho preso la bici e non avevo forze, non riuscivo ad allenarmi. Però non ho pensato di avere il virus”.

“Al tampone positivo, sono stato convinto da subito che la mia stagione fosse finita. Quello che mi interessava era non aver trasmesso il virus a nessuno: in squadra e a casa. Avevo paura soprattutto per mia madre. Anche se eravamo stati attenti, in casa avevo tenuto sempre la mascherina. Ma per fortuna adesso mamma sta bene, da un paio di mesi è tornata a una vita quasi normale, non più da malata. Anzi, appena sono guarito è stata la prima a coccolarmi”.

“Col passare dei giorni ho avuto tutti i sintomi: la febbre, anche se non alta, la perdita dell’olfatto e del gusto, e peggio di tutti la spossatezza. Sono stato quindici giorni senza toccare la bici. Ero un po’ saltato di testa. I primi due o tre giorni mi sono viziato: pizza, dolcetti per togliere un po’ il dispiacere. Però il mio preparatore Josu insisteva con il Giro e allora ho deciso di concentrarmi”.

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