La Quinta sezione civile della Cassazione ha condannato, per evasione dell’Irpef, il capitano della Lazio, Ciro Immobile, in relazione all’indagine della Guardia di Finanza del 2012 che ha messo nel mirino le parcelle per il trasferimento dell’attaccante dalla Juventus al Genoa.
Ad anticipare la notizia è stata l’edizione odierna di Repubblica, che riferisce di un verdetto della Suprema Corte pubblicato a luglio, che ha respinto il ricorso del calciatore contro la sentenza, emessa nel 2019 dalla Commissione tributaria della Campania per “la sussistenza di reddito da lavoro dipendente sottratto a tassazione” e per il quale è stata determinata “la maggiore Irpef dovuta per il 2012”.
- Il trasferimento di Immobile dalla Juve al Genoa
- Il ruolo di Alessandro Moggi
- La tesi della difesa non convince
Il trasferimento di Immobile dalla Juve al Genoa
Le società che hanno, rispettivamente, ceduto e comprato il cartellino del giocatore sono estranee alla vicenda, ma il trasferimento del calciatore è “il cuore dell’indagine della Guardia di finanza che poi ha portato al verdetto dei magistrati di pochi giorni fa”, si legge su Repubblica.
Secondo la ricostruzione effettuata, la vendita del giovane attaccante, all’epoca 22enne, ha portato alle casse bianconere 4 milioni di euro anche grazie alla mediazione di Alessandro Moggi, figlio di Luciano l’ex ds della Juve e del Napoli.
Immobile
Il ruolo di Alessandro Moggi
Moggi junior è il procuratore di diversi giocatori di Serie A all’epoca dei fatti, e proprio il suo ruolo nel trasferimento crea problemi a Immobile con l’Agenzia delle entrate. In pratica Moggi junior gestisce la trattativa, ufficialmente, come consulente del Genoa.
Secondo la Finanza, l’agente agisce con un mandato diretto, segue le operazioni, cura gli interessi del giocatore e dunque di fatto opera come se fosse il procuratore di Immobile e non certo il consulente del Genoa.
Per questo deve essere lo stesso giocatore a pagarne compenso e relative tasse al procuratore: “maggiore Irpef dovuta”, scrivono i giudici nell’ordinanza. Nel corso del processo, Immobile si è difeso. Ha sostenuto, con i suoi legali, che Moggi Junior non poteva essere all’epoca il suo procuratore dal momento che aveva assegnato un “mandato in esclusiva – si legge sempre nelle motivazioni – a un diverso agente, Marco Sommella”.
La tesi della difesa non convince
La tesi della difesa, però, non ha avuto riscontri convincenti e secondo quanto riporta Repubblica che cita l’ordinanza “indagini avevano dato prova dell’esistenza di rapporti diretti far il Moggi e il contribuente (Immobile, ndr), sia tramite l’evidenza di versamenti effettuati dal Sommella al Moggi, con la causale “compenso Immobile”, sia tramite il rinvenimento di un manoscritto dello stesso Moggi, che conteneva un elenco di calciatori da lui assistiti e che recava il nome anche del contribuente”.