“Atalanta-Valencia possiamo dire che è stata la partita zero”. In un’intervista rilasciata al Corriere dello Sport, l’infettivologo Francesco Le Foche ha espresso questa sua considerazione riguardo l’emergenza coronavirus e della drammatica condizione in cui versa Bergamo.
Il caso Atalanta-Valencia
Secondo lo specialista una delle cause potrebbe essere l’ottavo di finale di Champions League che si è giocato a San Siro mercoledì 19 febbraio: “Bergamo è un’anomalia e in quel distretto ci sono stati tanti catalizzatori che hanno fatto esplodere la diffusione, come l’operosità della zona e forse anche la partita Atalanta-Valencia – ha spiegato -: l’apice dell’entusiasmo per un club che può aver portato a tanti contagi, tante persone vicine ed euforiche che si abbracciano”.
I nerazzurri hanno affrontato per due volte la squadra spagnola nel doppio confronto che ha permesso ai ragazzi di Gasperini di volare per la prima volta nella loro storia ai quarti di finale di Champions League.
Follia a porte aperte
“C’è stata una giustificata enfasi collettiva di una tifoseria appassionata in cui potevano esserci anche asintomatici o febbricitanti – continua il dottore -. Col senno di poi è stata una follia averla giocata a porte aperte ma c’erano ancora molte cose poco chiare: ora è impensabile farlo, difatti è stato bloccato tutto”, ha spiegato lo specialista del Policlinico Umberto I di Roma.
“Quella bergamasca è un’area molto attiva nel mondo degli scambi economici e sociali – ha aggiunto ancora Le Foche -. Un terreno ideale per il virus. Secondo fattore, parliamo antropologicamente di gente da sempre molto operosa, spartana, con una grande cultura del lavoro e una tendenza a sottovalutare e dunque trascurare malesseri che sembrano di stagione. L’albero degli zoccoli di Olmi è la rappresentazione perfetta di questa gente. Aggiungiamo i comportamenti che, specie nei primi giorni, non hanno certo aiutato lo stop del virus”.
VIRGILIO SPORT