Ha giocato col Lecce di Fascetti, con l’Inter di Scifo e Passarella ed era compagno di Allegri a Pescara ma la vera fama Totò Nobile l’ha trovata lontano dall’Italia. Quando ha fatto la scelta di vita di andare a vivere e lavorare in Africa. Per lui parlano i risultati: quattro vittorie del campionato della Costa d’Avorio e una Supercoppa ivoriana, dove è stato eletto miglior tecnico per due stagioni.
Un successo nel campionato del Gabon e pochi giorni fa il riconoscimento come miglior allenatore della conference nord della Orange Pro League in Madagascar dove allena il Fosa Juniors. Un riconoscimento che ancora non lo appaga del tutto. Perché Totò Nobile, scoperto dall’indimenticabile Gianni Di Marzio, è stato ed è protagonista dentro il campo e in panchina. Ma sa ancora guardare oltre. E coltivare un sogno, che svela in esclusiva a Virgilio Sport.
- Nobile doveva allenare la Costa d'Avorio
- Nobile ha scoperto numerosi talenti
- Fu Fascetti a spianare la carriera a Nobile
- L'Inter resta il rimpianto di Nobile
Nobile doveva allenare la Costa d’Avorio
“Il mio arrivo all’Africa Sport nel 2006 fu casuale – dichiara Nobile -. Io e Francesco Moriero eravamo tra i papabili per allenare la nazionale della Costa d’Avorio. Poi, però fu scelto Stielike come selezionatore. Avemmo così una proposta dal presidente dell’Africa Sport in prima divisione del campionato ivoriano. Accettammo e da lì è iniziata la mia avventura in Africa. Qui i giocatori crescono e giocano in mezzo alla strada, in campetti sterrati dove i giovani occidentali non si sognerebbero mai di dare un calcio ad una palla e per di più scalzi.
Sono talenti puri ma selvaggi. La mia fortuna è stata quella di poter arrivare in largo anticipo quell’anno, all’inizio del campionato e poter in questo modo selezionare un gruppo che poteva più o meno rappresentare una squadra decente e decorosa. Il lavoro che ho fatto è stato tanto. Quando hanno capito che tutto quello che io mettevo in campo era per farli migliorare sono iniziate le vittorie. Ai miei amici in Italia, tra cui molti addetti ai lavori, dissi allora d’investire in Africa perché sarebbe stato il futuro del calcio, ma mi risero in faccia. Oggi sono oltremodo orgoglioso e fiero di quello che io predicavo quindici anni fa. Basta dare uno sguardo al campionato francese, quello inglese e in Italia dove si stanno accorgendo che in Africa ci sono tanti talenti”.
Nobile ha scoperto numerosi talenti
Tanti i giocatori che ha lanciato in tutti questi anni. Tra cui il difensore Simon Deli che, poi, ha militato con il Bruges e lo Slavia Praga. Il mediano Jean Seri attualmente al Fulham ma che ha giocato con Galatasaray e Bordeaux. Il difensore Mamadou Bagayoko ora in forza al Craiova ma con esperienze con Slovan Bratislava e Malines. Poi, nel 2020 la decisione di accettare un’altra sfida in Madagascar.
“Volevo provare e confrontarmi con qualcosa di nuovo in un calcio a me totalmente sconosciuto – afferma Totò Nobile -. Finora, abbiamo dominato la fase eliminatoria, su 14 gare abbiamo centrato 12 vittorie e 2 pareggi e ci siamo qualificati per i play off. Alle società italiane di serie A suggerisco Naina, un terzino sinistro che alleno io al Fosa Junior, ha 21 anni ma è una forza della natura. Non fatevelo sfuggire”.
Fu Fascetti a spianare la carriera a Nobile
Pugliese doc e originario di Copertino il giovane Nobile si è formato nelle giovanili del Lecce dove ha esordito in serie B nella stagione 1982-‘83.
“Gianni Di Marzio mi portò in prima squadra vedendomi nelle giovanili, poi, Mariolino Corso mi diede la possibilità di giocare – spiega Nobile -. Mentre, Eugenio Fascetti è stata la persona che mi ha spianato la strada alla carriera calcistica. Perché io quell’anno non dovevo rimanere a Lecce ma essere ceduto in prestito al Foggia. Fascetti però s’impose con la società per farmi restare e la mia carriera la devo soprattutto a lui. Quell’anno realizzai il primo goal in serie A con i salentini. Segnai al Verona campione d’Italia di Osvaldo Bagnoli. Entrai dalla panchina per sostituire Raise, da mancino puro mi adattai sulla destra, quando vidi Alberto Di Chiara che s’involava sulla fascia tagliai direttamente sul primo palo, poi, lui crossò e io di testa infilai il compianto Giuliani”.
L’Inter resta il rimpianto di Nobile
Poi, nell’estate del 1987 fu acquistato dall’Inter.
“Fu come toccare il cielo con un dito – racconta ancora con l’emozione come fosse oggi -. La prima giornata di campionato andai in panchina contro il Pescara dove perdemmo per 2-0. Poi, Trapattoni mi diede fiducia fino a che non ebbi un infortunio abbastanza serio alla caviglia sinistra e rimasi fermo saltando diverse partite. Avevamo come stranieri Passarella e Scifo. Avevo un ottimo rapporto con tutti. Venivo da una provinciale come Lecce ma mi fecero sentire subito a mio agio. Il rammarico maggiore? Aver lasciato l’Inter perché all’epoca la mia testa calda e il fatto di non giocare mi spinse a chiedere il trasferimento. Oggi con l’esperienza acquisita, la pacatezza dell’età e se avessi avuto un po’ di pazienza allora sarei rimasto. Dovevo essere più calmo e riflessivo”.
Una tappa importante della sua carriera è stata Pescara dove ha giocato per cinque stagioni.
“Pescara tutt’oggi è casa mia dopo quasi venticinque anni da quella esperienza, l’affetto tra me e la città è rimasto lo stesso di sempre – dichiara Nobile -. In quella squadra c’era un giovanissimo Allegri. Mi impressionò subito il suo carattere, ne aveva da vendere”.
Dopo tanti anni all’estero però la voglia di ritornare ad allenare in Italia è sempre tanta.
“Tornerei ben volentieri non per forza in serie A o in una B a certi livelli – conclude Nobile -. Ma soprattutto per avere la possibilità di confrontarmi con i miei colleghi. Sarebbe una sfida contro me stesso”.
Pasquale Guardascione