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Ex Inter Frey aveva fatto testamento dopo un brutto male: infortuni, gioie, lacrime e dolori in un libro

L'ex portiere si racconta in un libro: i rapporti difficili con gli allenatori, il risentimento per Zalayeta, il buddismo e quella diagnosi spietata

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Fabrizio Piccolo

Fabrizio Piccolo

Giornalista

Nella sua carriera ha seguito numerose manifestazioni sportive e collaborato con agenzie e testate. Esperienza, competenza, conoscenza e memoria storica. Si occupa prevalentemente di calcio

Ex Inter Frey aveva fatto testamento dopo un brutto male: infortuni, gioie, lacrime e dolori in un libro Fonte: Ansa

Una vita da montagne russe tra esaltazioni e depressioni: l’ex portiere di Inter e Fiorentina Sebastian Frey si racconta in un libro biografico “Istinto puro”, in cui racconta aneddoti e storie di una vita “presa a morsi”: «Sono cresciuto con poco, sono caduto però mi sono sempre rialzato».

Il virus mortale che lo colpisce cinque anni fa

Frey – come si legge su Repubblica – rivela cosa successe 5 anni fa quando, nel 2019, una mattina si sveglia e riesce a muovere solo la testa. Paralizzato. Petra, la sua compagna, lo porta in ospedale. I medici non capiscono cosa abbia. Alla fine la diagnosi: si tratta di un virus che può essere mortale. Un mese di cure e angoscia, la depressione. Frey va perfino dal notaio a fare testamento, poi l’ennesima, lenta, ripartenza. «Ho iniziato a sconfiggere il virus quando ho detto a me stesso che potevo farcela». E tutto è finito bene. Si è sposato con Petra, da cui ha avuto due bambini, e ha recuperato il rapporto con gli altri suoi due figli.

La scelta di andare all’Inter

Il viaggio a ritroso di Frey inizia dal 1998, l’anno del passaggio all’Inter. Un po’ di tempo prima aveva detto di no alla Juve, «che nel contratto aveva inserito come bonus anche una Fiat Barchetta», tra amici veri («Ne ho avuti tanti») e aneddoti. Come quella volta che «in un allenamento con l’Inter mi bloccai la schiena e andai nello spogliatoio per farmi curare. Poi arrivò Paulo Sousa, i lettini erano tutti occupati e lui mi fece scendere dal mio. Avevo un dolore fortissimo, però mi costrinse a sedermi su una sedia».

Le incomprensioni con Prandelli e Baldini

l’incontro non felicissimo con Prandelli a Verona («Le prime due settimane non mi ha parlato, solo buongiorno per educazione»), il rapporto con il preparatore Di Palma («Ma poi anche lui mi ha tradito»), il rapporto difficile con Silvio Baldini («Faceva freddo e una volta ci fece andare in campo a petto nudo per punirci»), il crac Parmalat

E poi Firenze. «Fu il figlio di Diego Della Valle a chiudere il contratto – racconta Frey – Aveva cinque anni e disse al padre: in porta voglio solo Frey. Era un bel progetto, ero entusiasta e per venire alla Fiorentina rinunciai a un milione di ingaggio». Non tutto fila liscio. Coppa Italia, la Juve sta vincendo 4-1 a Torino, Frey esce con i piedi e arriva prima sul pallone ma Zalayeta invece di saltarlo arriva duro sulla gamba: il ginocchio è distrutto, la carriera è a rischio.

Quell’intervento killer di Zalayeta

«Mi crollò il mondo addosso. Avevo solo 25 anni e quell’infortunio rischiava di compromettere tutto. Rimasi quattro ore in sala operatoria, per ricostruire il ginocchio mi dovettero staccare la rotula e riattaccarla». Lo chiamarono in tanti, ma non Zalayeta. La Fiorentina nonostante l’infortunio riscattò il suo cartellino, ma Frey entrò in un cono d’ombra da cui l’hanno aiutato ad uscire Roberto Baggio e il buddismo.

Non finisce qua. Tempo dopo in allenamento, prima di Fiorentina-Chievo, si ruppe il crociato anteriore. «Per superare quel momento andai in terapia. Mentro eravamo in ritiro mi arrivò un fax, aveva chiesto alla Lega una multa di 99 mila euro perché diceva che ero arrivato in ritiro sovrappeso». Era il segnale che era finita. «Ho amato Firenze fin dal primo giorno in cui sono arrivato, la sentivo casa mia. Ho sempre pensato che avrei chiuso a Firenze la mia carriera, sognavo di diventare una bandiera come Antognoni. Invece…».

Dopo la deludente esperienza in Turchia col Bursaspor conclusa con una causa economica capisce che è arrivato il momento di ritirarsi. Lascia il calcio e va a vivere a Nizza. E il 14 luglio del 2016, la notte della strage, doveva esserci anche lui sulla promenade Des Anglais per vedere i fuochi d’artificio, ma il suo aereo fece ritardo e rimase a casa. «Quel giorno mi ha segnato per sempre».

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