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Fabrizio Miccoli e la vita in cella lontano da tutti: "Sta resistendo"

L'ex capitano del Palermo, Fabrizio Miccoli, sta scontando a Rovigo la sua condanna dopo la sentenza in Cassazione: parla il suo avvocato, Antonio Savoia

20-01-2022 14:22

Un detenuto come tutti gli altri, così lo descrive il suo avvocato Antonio Savoia. Ma Fabrizio Miccoli non lo è proprio: ragazzo salentino divenuto una bandiera, attaccante di primissima fascia nella Juventus, Fiorentina, Palermo e Lecce (e della Nazionale), è detenuto a Rovigo dallo scorso 24 novembre. lì sta scontando la sua pena dopo la condanna a tre anni e sei mesi per estorsione aggravata dal metodo mafioso, diventata definitiva dopo la sentenza della Cassazione.

Fabrizio Miccoli: la sua vita in cella

“Non è contento, ovvio, ma sta resistendo cercando di affrontare nel miglior dei modi la situazione. Pur non condividendola, rispetta la sentenza. Sarà pure Fabrizio Miccoli, ma è un detenuto come tutti gli altri”, ha detto il legale a Palermo Today, che lo ha raggiunto.

D’altronde la vicenda, delicatissima, aveva dettato la decisione estrema di Miccoli di allontanarsi dalla sua città e anche dalla famiglia. per scelta, come ha comunicato all’indomani della sentenza l’avvocato: “Ha preferito andare a Rovigo perché ritiene che lì nessuno lo conosca. Un modo per stare lontano da tutti”.

Stando alla sentenza divenuta poi definitiva, Miccoli commissionò un’estorsione aggravata dal metodo mafioso a Mauro Lauricella, figlio del boss della Kalsa (il quartiere di Palermo) Antonino «Scintilla», già condannato a sua volta in via definitiva a sette anni di carcere.

La vicenda giudiziaria nasce dal tentativo del calciatore di recuperare 12 mila euro – per conto dell’ex fisioterapista del club rosanero Giorgio Gasparini – con violenza e minacce, dall’ex titolare della discoteca «Paparazzi» a Isola delle Femmine, Andrea Graffagnini.

Dalle intercettazioni, risalenti a un decennio fa, scaturì la terribile e infamante allusione al giudice Giovanni Falcone, ucciso in un attentato con la moglie e i ragazzi della scorta che lo accompagnavano, e pronunciata da Miccoli nell’ambito di una conversazione telefonica.

Quelle parole sollevarono un’indignazione senza precedenti e Miccoli, per le offese che furono innegabili, fu costretto a scusarsi pubblicamente. In lacrime, chiese perdono davanti ai giornalisti e alle telecamere per aver definito “fango” il giudice vittima dell’attentato di Capaci.

Miccoli, la difesa di suo padre Enrico

A difenderlo è rimasto suo padre, che continua a sostenerlo a distanza:

“È tutto assurdo, mio figlio sta pagando per qualcosa che non ha fatto. Gli hanno voluto dare una lezione per quella parola che pronunciò durante quella telefonata, riferendosi al giudice Falcone”, ha detto al Corriere del Mezzogiorno Enrico Miccoli, padre di Fabrizio.

“Tutto il mondo del calcio è con lui, così come tutti coloro che lo conoscono veramente. Lui ha sempre fatto del bene: da 11 anni, con la scuola calcio che ha fondato a San Donato, organizza le ”partite del cuore” per raccogliere fondi e donare strumentazione medica agli ospedali; durante la prima fase della pandemia, insieme al suo amico Checco Moriero, ha distribuito generi alimentari a chi era in difficoltà e tanto altro. Ha tolto tanti ragazzi dalla strada: stavolta, però, per fare del bene, si è trovato nei guai”, ha tenuto in quell’occasione a ribadire il papà dell’ex calciatore a un mese circa dal suo ingresso nel carcere di Rovigo.

“La condanna è stata confermata anche dalla Cassazione, ma credo che non abbiano neppure letto le carte. Agli atti c’è un’altra telefonata, in cui Fabrizio qualche giorno dopo chiese a Lauricella di “lasciarlo perdere”, ma non è stata presa in considerazione dai giudici”, la sua chiosa che suona – ancora oggi – come una richiesta tardiva di rivedere gli atti.

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Fabrizio Miccoli e la vita in cella lontano da tutti: "Sta resistendo" Fonte: Getty Images

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