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Gianluca Vialli a cuore aperto: "Ma la mia non è una battaglia"

Il capo-delegazione della Nazionale si racconta senza filtri: "Il cancro è più un 'compagno di viaggio' che avrei volentieri evitato".

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Il male e la rinascita. Quella di Gianluca Vialli è una storia di grande cambiamento, di nuova consapevolezza, soprattutto dopo il male che lo ha colpito e che ha combattuto sin dal momento della diagnosi con grande coraggio. Ma l’ex giocatore di Cremonese, Sampdoria , Juventus e Chelsea non vuole sentir parlare di battaglia . Piuttosto considera la malattia un “amico scomodo”, come ha dichiarato in una lunga intervista a ‘La Gazzetta dello Sport’.

“Non l’ho mai considerata una battaglia – ha affermato il campione, attuale capo-delegazione della Nazionale allenata da Roberto Mancini -, perché ho sempre pensato che il cancro è meglio tenerselo amico. L’ho sempre considerato un compagno di viaggio che avrei evitato. Adesso cercherò di farlo stancare, in modo che poi mi lasci proseguire”.

“Comunque sì, questo modo di intendere la vita mi è servito molto, perché se fai il calciatore impari la disciplina e quindi accetti certe cose che devono essere fatte durante la malattia, impari a non lamentarti. La vita è per il dieci per cento quello che ti accade e per ll novanta quello che tu produci con intelligenza, passione , capacità di reazione” ha aggiunto Vialli.

Nell’intervista non è mancato ampio spazio ai ricordi di una vita e al rimpianto forse più grande: la Coppa dei Campioni 1992 sfuggita a pochi minuti dalla conclusione dei supplementari per il fulmine di Ronald Koeman che regalò il trofeo al Barcellona: “Sapevo che sarebbe stata la mia ultima partita in blucerchiato e quindi c’era, dal punto di vista emozionale, un doppio carico. Anche Roberto (Mancini, ndr) era molto deluso e nello spogliatoio, quando tutti se n’erano andati, abbiamo cominciato a piangere . Boskov entrò e ci disse: ‘Uomini non piangono, quando perdono partita’. Ma io non ci ho mai trovato niente di cui vergognarsi”.

Scandagliando i ricordi, Vialli è tornato anche sull’interesse del Milan a metà anni ’80, con l’arrivo di Berlusconi alla presidenza: “Ero alla Samp da due anni, ero talmente coinvolto nel progetto per cui non mi sembrava bello lasciare. Poi vivevo bene, ero pieno di amici, appunto i ragazzi della Samp, sole, mare, si mangiava bene. Il Milan era il nuovo Milan di Berlusconi, lo guardavamo con ammirazione. Però se sei innamorato di una ragazza, ne viene un’altra, fai fatica… In effetti non so se sia un paragone calzante, io a volte non ho fatto così fatica… Però ero troppo preso dalla Samp, la ragazza di allora”.

Spazio infine a un altro degli amori sportivi della sua vita, quella Juventus con cui è salito sul tetto d’ Europa nel 1996. Una squadra che, oggi, potrebbe soffrire il ricambio interno e la crescita delle avversarie: “Credo che quest’anno sia difficile per la Juve. Ma questo al di là del cambiamento di allenatore . È quasi fisiologico, dopo nove anni, che gli altri abbiano trovato le contromisure e che tu possa sentirti un po’ appagato. Anche se il senso di appagamento alla Juve, io ne so qualcosa, non esiste, non è previsto”.

“Alla Juve devi allenarti come se non avessi mai vinto una partita e devi giocare come se non ne avessi mai persa una. Però le altre adesso credo siano pronte a competere. Non so chi lo vincerà , ma credo che quest’anno le altre, oltre ad essersi rafforzate, forse sentiranno meno di prima che il campionato è scontato lo vinca la Juve. Sarà più aperto” ha concluso Vialli.

Gianluca Vialli a cuore aperto: "Ma la mia non è una battaglia" Fonte: Getty Images

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