Come nel mondo degli sport tradizionali, anche quello del gaming ha i suoi ‘lati oscuri’: corruzione, partite truccate, hacker… Sono gli imbroglioni degli eSports che, appurato il crescente mercato del settore, stanno aumentando sempre di più. Parliamo di cheater che giocano utilizzando programmi e codici in grado di offrire agevolazioni illegali, o di hacker che sviluppano e vendono software per truccare i tornei.
La Corea del Sud, che prevede un codice legislativo dedicato agli eSports, ha portato alla luce un anno di investigazioni (iniziate nel gennaio 2017 e ancora in atto) dopo la denuncia della Blizzard di decine di migliaia di profili bannati: 13 incriminati per hacking in Overwatch, con una sanzione di 10mila dollari per un condannato e 2 anni di libertà vigilata per un altro. Sarebbero oltre un milione i giocatori di PlayerUnknown’s Battlegrounds bannati in tutto il mondo nel mese di gennaio ed è recente la notizia di 15 arresti in Cina, sempre per hackeraggio.
In una fase così delicata, gli imbroglioni degli eSports aumentano rapidamente. Ecco perché è bene che tutti i paesi adottino una legislazione in merito, così come ha fatto da tempo la Corea del Sud. Se si desidera per gli sport elettronici, riconosciuti finalmente come vere e proprie discipline sportive, la stessa considerazione del mondo sportivo tradizionale, sarà necessario prendere delle importanti decisioni, a partire da quelle che regolano gli aspetti legali.
La regolamentazione del settore non solo cercherà di tenere a bada gli imbroglioni degli eSports, ma aprirà qualche spiraglio in più nella lunga strada che porta alle Olimpiadi.
HF4