Tocca a Maurizio Setti celebrare, pur se in una situazione di classifica tutt’altro che ideale, i 120 anni del Verona, l’ultima favola del calcio tricolore, assieme alla Sampdoria di Paolo Mantovani, a cucire lo Scudetto sul petto: “Sono orgoglioso di far parte di uno dei pochissimi Club di provincia che ha vinto lo Scudetto, Verona è una città e una piazza importante, come amore per il calcio è tra le prime 10 in Italia. Abbiamo festeggiato i 110 anni con una promozione in Serie A dopo 11 anni, proveremo a festeggiare i 120 anni mantenendo la categoria: ci credo, la squadra è ancora viva. Dopo la sosta siamo ripartiti alla grande, tenendo botta contro le grandi: abbiamo sbagliato solo la partita contro la Sampdoria, ma abbiamo la fortuna che i punti in palio sono ancora 30, da sabato i giocatori devono dimostrare di crederci; non mi pento delle cessioni, se un giocatore vuola andare è giusto accontentarlo, poi il bilancio va tenuto in ordine, ci sono stati errori, sfortuna, infortuni, Cioffi forse non è stato compreso pienamente, la disabitudine alla lotta salvezza”.
A ‘La Gazzetta dello Sport’ l’imprenditore, che nel calcio si è occupato anche del Mantova, traccia il bilancio della sua gestione, consegnando personali ‘Oscar’: “Sono molto soddisfatto della mia gestione, partendo dalla Serie B abbiamo disputato 8 tornei su 10 in Serie A, un quarto della storia del Club: classifiche importanti, i tre bomber della storia scaligera (Cacia, Toni e Pazzini) tutti sotto la mia gestione; e poi la sede di proprietà, un Centro Sportivo attrezzato, un Settore Giovanile che inserisce ragazzi in Prima Squadra. Le due annate migliori sono quella della promozione con Toni e il primo anno di Juric, un gioco che ha segnato un nuovo corso per la squadra. L’acquisto più clamoroso? Iturbe, Conte si dimise dalla Juventus perché non lo acquistarono, poi alla Roma si è perso, non aveva più la giusta umiltà. Il giocatore preferito? Toni, non solo per la grande resa, ma per la persona trasparente e umile che è, lui e Pazzini sono stati i primi ad abbracciare i progetti della nostra fondazione. La sorpresa? Rrhamani, non me le sarei aspettato titolare fisso di una squadra in procinto di vincere la Serie A. I rimpianti di mercato? Non aver ottenuto di più dalle cessioni di Amrabat, che non volle andare al Napoli, e di Jorginho: presi il Verona perché innamorato del suo talento. La delusione? L’intera annata ’15-’16: con quella squadra non dovevamo retrocedere. La decisione più strana? Esonerare un anno fa Di Francesco dopo tre giornate: Tudor ha fatto un miracolo e ridato brillantezza ai ragazzi, abbiamo fatto così tanti gol che non ci siamo accorti di quelli che prendevamo”.
“Girano voci, non c’è nulla di vero, amo questa città e quello che può dare, sono altrettanto contento di quello che posso offrite io a Verona: resto anche se andiamo in Serie B” è infine la promessa alla tifoseria gialloblu.