Federico Bernardeschi tra un delicato problema di cuore accusato quando aveva appena sedici anni e lo straziante ricordo di Davide Astori. Il talento della Juventus ha deciso di aprirsi per ‘The Player’s Tribune’, raccontando alcuni dei segreti più dolorosi della sua vita e della sua carriera.
“Quando avevo 16 anni – ha raccontato il bianconero – stavo per entrare nella squadra Primavera con la Fiorentina. Stavo giocando un livello di calcio già importante, ma durante un controllo fisico di routine il medico trovò qualcosa di sbagliato. Così, pochi giorni dopo, andai dal dottore con mia madre. C’erano da fare alcuni test, dei raggi x. E pochi minuti dopo il medico ci ha informato dell’esistenza di un problema. Pensai che avevo 16 anni, ero nel migliore stato di forma della mia vita, non sarebbe stato nulla di che. E invece mi dissero che avevo il cuore allargato. Non erano sicuri di quanto fosse grave, ma era possibile che dovessi interrompere la carriera calcistica“.
“Non ci potevo credere, mi rifiutai di sentire – ha aggiunto Bernardeschi -. Fu mia madre a tenermi calmo. Mi tennero monitorato e fui costretto a restare fermo per sei mesi, in una fase critica dello sviluppo per la mia carriera. Ma non potevo permettermi di perdere tempo in quel modo e anche mia madre lo sapeva. Fu una giornata terribile. Io vivevo a Firenze da solo, avevo 16 anni e niente da fare. I miei lavoravano a Carrara, venivano a trovarmi quando potevano, ma sono stati i sei mesi più difficili della mia vita“.
“Dopo innumerevoli controlli, visite specialistiche e riunioni, alla fine sono riuscito a superare il problema – ha spiegato ancora il giocatore della Juventus -. Mi hanno aiutato anche alcuni cambiamenti nella mia dieta e una medicina”.
Il cuore, che è stato fatale a Davide Astori. “Ogni volta che cerco di non pensare ai miei problemi cardiaci, la morte di Davide è un duro promemoria – ha ammesso Bernardeschi -. Lui era nato per essere un leader, ha mostrato la strada a tutti noi. Mi ha dato tantissimi suggerimenti e durante i viaggi passavamo notti intere a guardare insieme vecchie partite e vari film. E ogni volta che facevo gol, nella fotografia che mi mandavano dalla Fiorentina si vedeva che era sempre il primo a venire ad abbracciarmi. Era Davide, amico mio, nostro capitano. E quando andai alla Juve lui capì. Ma non fu facile”.
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