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I trionfi con Nibali, la depressione e la denuncia: la vita da maledetto di Lieuwe Westra

Ha destato sensazione e tristezza nel mondo del ciclismo la scomparsa a 40 anni dell'ex ciclista olandese, trovato morto nel magazzino nel quale viveva. Il ricordo di Nibali e le confessioni del suo biografo

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I trionfi con Nibali, la depressione e la denuncia: la vita da maledetto di Lieuwe Westra Fonte: Getty Images

Quello tra il ciclismo e la depressione è ormai un rapporto sempre più stretto. Al tristemente lungo elenco di nomi illustri degli ex professionisti della bici finiti nella rete del male oscuro senza più riuscire a riprendersi, al punto da trovare la morte, in maniera più o meno volontaria, si è aggiunto anche l’olandese Lieuwe Westra, morto sabato 14 gennaio all’età di 40 anni.

Dal Tour de France vinto con Nibali alla depressione, la triste parabola di Lieuwe Westra

Westra, che era nato l’11 settembre 1982, è stato trovato nel magazzino nel quale era andato a vivere. Vani i tentativi di rianimarlo e già il quadro fornito sulle circostanze della morte chiariscono la solitudine con la quale Lieuwe ha dovuto combattere una volta sceso dalla bicicletta, il buco nero nel quale era precipitato a partire dal 2016.

Quell’anno Lieuwe pose fine a una lunga storia sentimentale che ha segnato nel profondo e in modo irreversibile questo più che discreto gregario, professionista tra il 2009 e il 2016, con all’attivo 13 vittorie, tra le quali una tappa alla Parigi-Nizza 2012, e tante fughe e che ha vissuto gli anni migliori della carriera nell’Astana di Vincenzo Nibali, fornendo allo Squalo un aiuto fondamentale per il trionfo al Tour de France 2014.

Lieuwe Westra, una carriera da gregario e una vita piena di eccessi

A dare la notizia della prematura scomparsa di Westra è stato il suo amico e biografo Thomas Sijtsma, che ha utilizzato proprio un’espressione letteraria per commentare il triste avvenimento: “Negli ultimi anni Lieuwe Westra si è battuto contro se stesso. E ha perso”. Lo stesso Sijtsma ha però smentito l’ipotesi del suicidio, benché gli ultimi mesi di vita di Westra fossero stati difficili, ai limiti del drammatico.

Il declino iniziò proprio nel 2016, quando la fine di un lungo amore fece ricadere Lieuwe nel tunnel dei vizi: alcool, fumo, abuso di farmaci e droga, per un mix rivelatosi evidentemente letale e divenuto insopportabile anche per la madre, che lo aveva riaccolto nei mesi scorsi prima che la situazione precipitasse e Westra decidesse di tornare a vivere da solo. I primi due dei succitati, sgradevoli compagni di viaggio avevano peraltro accompagnato anche la carriera di Westra che fin da giovane, come dichiarato dallo stesso biografo, non ha mai disdegnato divertirsi, anche troppo. Fino, di fatto, ad autodistruggersi.

Westra, il ricordo di Nibali e la denuncia-shock:” Nel ciclismo non si vince con il solo allenamento”

Insomma, una vita da “maledetto”, che lo avvicina appunto a tante stelle del ciclismo degli anni ’90, su tutti quel Frank Vandenbroucke, il campione belga scomparso nel 2009 a 34 anni in circostanze misteriose al termine di una vita di eccessi. Eppure, quando si trattava di stare su una bicicletta, Leuwe non ha mai sgarrato. Sempre professionale, sempre puntuale e sempre in fuga, appena ce n’era la possibilità. Così lo ha ricordato Vincenzo Nibali, sulle colonne de ‘La Gazzetta dello Sport’, soffermandosi in particolare su quel Tour de France 2014 nel quale Westra fu tra i più valorosi gregari dello Squalo nelle tappe di pianura o di media montagna e soprattutto in quella famosa del pavé di Arenberg: “Era un bravissimo ragazzo. Brillante, non parlava molto, ma sapeva stare benissimo in gruppo. Viveva per la bici. Abbiamo fatto tante corse insieme, in particolare in quel 2014 in cui vinsi il Tour. Fu molto prezioso soprattutto nella famosa tappa del pavé ad Arenberg in cui guadagnai molti minuti. Andò in fuga, cosa che gli è sempre piaciuta molto, poi si mise a tirare il gruppo. Il 2016 fu il nostro ultimo anno insieme in squadra, ricordo che la fine del legame sentimentale che aveva con la sua ragazza lo fece stare molto male. Si ritirò e non l’ho più sentito, ma la sua scomparsa mi rattrista molto”.

Già, dopo il ritiro dal ciclismo Westra ha interrotto ogni tipo di rapporto con il mondo esterno, ma non prima di aver spiegato che a convincerlo a scendere dalla bicicletta, oltre ai problemi al ginocchio, fu anche la convinzione di non poter più scendere a compromessi: “Per ottenere vittorie e premi ho dovuto iniettarmi del cortisone nel corpo. Non era possibile vincere con il solo allenamento. Se vuoi giocare con i grandi devi trovare i limiti del concesso” specificò nella propria autobiografia. Una denuncia che fece tornare il ciclismo al periodo buio di fine anni ’90. Ma dopo la quale Westra si ritrovò ancora più solo.

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