E’ metà luglio e Tommaso Pobega ha festeggiato, come tutti, la vittoria della Nazionale di Roberto Mancini a EURO 2020 a distanza, sognando la maglia Azzurra. Ha da poco compiuto 22 anni, giusto qualche giorno dopo la notte eterna di Wembley e nei dintorni di Milanello si respira un’aria diversa.
Il Milan di Stefano Pioli è alla prima uscita della stagione: una sgambata, più che altro, contro la Pro Sesto terminata 6-0: giocano diversi volti noti. C’è Theo Hernandez, ad esempio, così come Rafael Leao e Sandro Tonali. Giocatori che diventeranno, nel corso delle settimane, fondamentali per i rossoneri. Al 74′ c’è spazio anche per lo stesso Pobega: conclusione da fuori, palo e deviazione del portiere. Un 4-0 che porta la sua firma, senza esultare troppo: in amichevole conta fino a un certo punto.
“Se voglio impressionare Pioli? Sicuramente. Come tutti quelli che son qua ho voglia di far bene e mettermi in mostra: cerco sempre di allenarmi al meglio, poi il mister farà le sue valutazioni”, racconta a fine partita ai microfoni di Milan TV.
Ma l’estate è fin troppo lunga per riuscire anche solo a immaginare un futuro in prima squadra: e infatti a fine agosto arriva la chiamata del Torino. Prestito fino a fine stagione: il secondo in Serie A, dopo quello allo Spezia. L’ennesima opportunità da sfruttare al massimo: ma Pobega non si è mai tirato indietro, anzi. In bianconero ha contribuito, con 6 reti in 20 presenze, alla storica salvezza della formazione di Vincenzo Italiano. C’è chi credeva in una sua riconferma al Milan: col senno di poi, meglio così.
Anche perché un conto è giocarsi le proprie chances, un altro essere chiuso da altri giocatori: il suo arrivo al Toro, comunque, è agrodolce. Viene esaltato in conferenza stampa da Ivan Juric, questo sì, ma viene inserito in un tema che riguarda più le logiche di mercato che il valore in sé dell’acquisto. Indiscutibile, tra l’altro.
“È un ragazzo che purtroppo per noi arriva in prestito secco, senza alcun diritto di riscatto. In questo momento avevamo bisogno di un giocatore come lui, dunque accettiamo anche dei compromessi un po’ brutti: sicuramente non è bello lavorare per un altro club che non sia il Torino”.
In ogni caso, Pobega ci mette poco per diventare un giocatore fondamentale per i granata. La prima la salta: è arrivato da un giorno, segue i compagni dalla panchina. Poi entra contro la Salernitana: prima presenza e primo goal. Da lì in poi gioca sempre da titolare (eccezion fatta per la sfida contro il Napoli), saltando l’ultima contro lo Spezia perché squalificato.
Contro il Genoa arriva il suo secondo goal all’Olimpico Grande Torino: inserimento intelligentissimo e mancino vincente. Mostra una maturità da veterano, nonostante la giovane età: e, soprattutto, lancia messaggi chiari a Roberto Mancini.
Magari lo scorso 4 novembre, quando ha letto il suo nome tra quelli dei giocatori convocati per una delle sfide più importanti degli ultimi decenni della Nazionale italiana, riflettendo sulla prima convocazione in quella maggiore avrà ripensato alla sua prima volta con un pallone.
“La ricordo, avevo cinque anni, a Melara, vicino casa mia, con la squadra del San Luigi. La cosa buffa è che al primo calcio ho quasi colpito il mio allenatore in faccia”, spiega ai microfoni ufficiali della Nazionale.
Poi, facendo il giro tra i pensieri, avrà selezionato anche quelli relativi alle prime gare dell’Italia seguite con coscienza.
“I primi ricordi vividi che ho della Nazionale sono i Mondiali del 2006: la cosa che ho impressa è che quando c’erano i calci di rigore, mio fratello e mio papà, più grandi, che capivano di più la situazione erano agitati e non li hanno guardati. Mi sembrava una cosa semplice che capita quasi sempre e li ho guardati sereno: poi li ho visti impazzire e ho festeggiato anch’io”.
Mancini lo vede sia palleggiatore che mezz’ala: la cosa positiva, comunque e più in generale, è che sembra avere un potenziale indefinito. “Non so bene a chi paragonarlo”, ha affermato il commissario tecnico, spiazzato. Come tutti, d’altronde.
Perché non è solo un “momento magico”, quello vissuto da Pobega, quando il “momento della verità”: quello in cui sta svelando all’Italia e al mondo il suo carattere, la sua voglia, una volta in più. Con il viso pulito, da bravo ragazzo, e la testa di chi non vuole fermarsi adesso: non avrebbe senso. Corre come ha fatto fin qui, senza paura: ricordando la promessa che ha fatto a se stesso a metà luglio, mirando al ritorno al Milan, magari, ma passando dal presente che lo vede protagonista.