“Pare ieri. Prendo la palla sulla linea di centrocampo, alzo la testa e parto, salto Tielemans con un dribbling e mi avvicino alla mattonella che ho sempre amato di più, la rampa di lancio per il tiro a giro. Carico il destro, poi la rete si gonfia…”. Per Lorenzo Insigne quello segnato al Belgio il 2 luglio del 2021 all’Allianz Stadium di Monaco di Baviera ai quarti di Euro2024 è il gol più bello e importante della sua carriera, segnato con la maglia numero 10 dell’Italia. L’ex attaccante del Napoli si confessa a La Repubblica e rivela un suo rammarico.
Dolci ricordi col Belgio
Stasera c’è Belgio-Italia e per Insigne il ricordo va a quella partita e quel gol col marchio di fabbrica “tiro a ggiro”. Quella gara fu la svolta per l’Italia che si convinse di poter arrivare fino in fondo. Quella coppa alzata sotto il cielo di Londra è stata però l’ultima gioia azzurra. I due Mondiali saltati bruciano ancora e sono un rimpianto per Insigne che ne ha giocato solo uno in carriera (“Sono grato a Prandelli per avermi portato almeno in Brasile, ma ero ancora un ragazzino e la mia unica avventura iridata non fu da protagonista. La Nazionale ai Mondiali dovrà giocare di nuovo da protagonista, con l’ambizione di poterli vincere. Noi siamo l’Italia, 4 volte campione del mondo”).
Lo sfogo di Insigne
Tra un elogio al Napoli di Conte (“può vincere un altro scudetto”) e un avviso ai difensori azzurri (“occhio a Lukaku, con lui bisogna stare sempre attenti. Ha un fisico imponente e gli serve più tempo per entrare in forma, soprattutto perché ha saltato in estate la preparazione”) c’è spazio però per un rimprovero al ct, che fu anche suo allenatore al Napoli. Insigne non è mai stato più convocato da quando è andato a Toronto e sbotta: “Solamente in Italia chi va a giocare lontano è escluso automaticamente dal giro della Nazionale e non se ne capisce il motivo. I sudamericani che stanno in Serie A possono fare ogni volta 13 ore di volo, perché a noi non è consentito? Parlo in generale, ma ho già detto che alla maglia della Nazionale non si dà l’addio, io ho solo 33 anni, si fa sempre il massimo per meritarla. Altrimenti si segue da tifoso”.
I precedenti di azzurri all’estero
Ha ragione Insigne? E’ vero che molti italiani che giocano lontano hanno perso la nazionale ma il motivo principale è che nelle Americhe ci sono andati a fine carriera, quando non erano più convocabili per l’azzurro (si pensi a Donadoni o Pirlo). L’unica eccezione è Giovinco che però in nazionale aveva poche presenze quando andò in Mls. Retegui, per dire, giocava nel Tigre in Argentina quando Mancini lo fece esordire con la maglia dell’Italia. Viceversa l’aver lasciato la serie A non è mai stato un ostacolo, come dimostrano le convocazioni di Donnarumma, Tonali o ancora di Udogie e Gnonto e nel recente passato di Jorginho e Verratti. Da ricordare invece che il presidente del Brasile Lula non vorrebbe proprio più giocatori impegnati all’estero con la maglia della nazionale auriverde.