Ivan Javorcic. Nome di origine russa ma che ha un significato abbastanza chiaro: Dono del Signore. Chiedere ai tifosi della Pro Patria e del Südtirol per conferma o se ci fossero ulteriori dubbi nell’accostare questo concetto al personaggio in questione.
- Chi è Ivan Javorcic
- Il Brescia e Javorcicx: una rivincita da allenatore
- La delusione Mantova e il riscatto Pro Patria
- Javorcic e il miracolo Südtirol
- La parentesi Venezia: Javorcic in Serie B
Chi è Ivan Javorcic
Ivan nasce a Spalato il 24 gennaio 1979 e, come successo per molti suoi connazionali, è approdato nella nostra terra, in Italia. Dopo aver militato nelle giovanili dell’RNK Spalato lascia la Croazia giovanissimo, a 16 anni. Si separa dalla sua terra con un consiglio molto forte lasciato dai genitori: “Guarda tutti negli occhi perché sono lo specchio dell’anima e non aver paura”. Parole che ha messo sicuramente in pratica per quello che ha dimostrato e anche perché il calcio, come ha spesso ribadito, è sempre stata la sua ragione di vita.
La carriera da calciatore di Javorcic non è stata molto fortunata. Ivan Javorcic risulta essere il primo professionista del mondo del calcio a subire un trapianto alla cartilagine del menisco. Un problema che ha costretto Javorcic a stare fermo per 2 anni e mezzo e a ritirarsi nel 2009, all’età di 30 anni.
Era un centrocampista di piede destro che ha avuto la possibilità di indossare le maglie di Brescia, Crotone, Treviso, Atalanta, Arezzo, Pizzighettone e infine quella della Feralpi Lonato.
A portarlo nella nostra Penisola e a dargli una benedizione è stato un certo Edoardo Reja: “Dissi a Corioni di non esitare un attimo a portarlo in Italia. Era un centrocampista roccioso e di grande qualità, secondo me da calciatore ha fatto molto meno di quanto potesse, anche a causa degli infortuni. Già allora aveva tutte le qualità già dall’inizio per fare il percorso che sta facendo. Non sono sorpreso che sia diventato allenatore e che stia ottenendo risultati importanti”.
Un giocatore che ha però pagato dazio con i mille infortuni che hanno condizionato senza alcun dubbio la carriera. A proposito del suo percorso: “Calcisticamente parlando, riconosco perfettamente il significato della parola sofferenza. Molti dei miei ricordi sono legati alle sale operatorie”.
Aggiunge: “Sono stato il primo calciatore professionista a subire un trapianto di cartilagine del menisco. Sono stato testato oltre ogni limite di sopportazione. Tutte queste cose mentalmente mi hanno fortificato tantissimo. Le sofferenze e le sconfitte sono essenziali per raggiungere obiettivi importanti”.
Prosegue: “Il ricordo più bello della mia carriera è stato tornare in campo dopo due anni di inattività. Avevo vinto la mia battaglia. Questo momento supera anche quello dell’esordio in Serie A”. Conclude “Credo che dal prato verde avrei meritato di più. Quando ho superato ogni limite di sopportazione del dolore la mia famiglia mi ha convinto a lasciare”.
Ma l’animo croato non è cosa sconosciuta, Ivan non si è mai abbattuto e dopo pochi mesi ha trovato una nuova sistemazione e un ruolo come allenatore. Un calcio che dalla panchina vede così: “Atteggiamento e sentimento nel voler proteggere la porta. Puro pragmatismo. Una base di cultura del lavoro e voglia di migliorarsi per diventare squadra. La mentalità la crei attraverso un grande lavoro quotidiano”. Dice di ispirarsi a Bielsa per l’approccio, ma studia i concetti di Klopp, Guardiola e i connazionali Juric e Tudor.
Amante e appassionato di letteratura. Il suo autore preferito è il russo Fyodor Mikhailovich Dostoevsky. Un uomo assai rilevante dell’800 e che ha ancora la forza e il potere di contagiare la nostra vita quotidiana e quindi le persone di oggi. Sicuramente uno scrittore non banale così come non lo è il libro preferito di Ivan: “L’idiota”.
Javorcic dice: “Mi fa riflettere e mi aiuta in tante cose. Siamo tutti uguali nella vita come nel mondo del calcio. Noi siamo solo dei privilegiati”. Un uomo acculturato ma anche amante della strategia. Tenendo presente il suo lavoro verrebbe da dire: scontato. No, non lo è.
Un’altra passione sono gli scacchi: “Sono un allenamento per il mio lavoro. Mi aiutano nella strategia, nel pensare prima degli altri e lavorare sugli avversari”.
Il Brescia e Javorcicx: una rivincita da allenatore
Javorcic non ha mai potuto fare a meno del calcio e, dopo essersi ritirato a causa dei tanti problemi fisici, torna in Lombardia al Brescia. Lo fa prima come allenatore della Berretti e poi della squadra Primavera. Nella stagione 2012/13 chiude il campionato al 9°posto a quota 28 punti senza ottenere il pass per i play off.
Migliora il rendimento l’anno dopo con Javorcic che rischia di arrivare alla fase successiva ma c’è un distacco di 6 punti dall’Udinese ad impedire di raggiungere un grande obiettivo. La sua parentesi nella Primavera si interrompe a dicembre, quando il club lombardo lo promuove in prima squadra. Ivo Iaconi viene esonerato e lui guida la squadra fino a gennaio nel ruolo di primo e poi come vice quando viene nominato allenatore Salvatore Giunta. Quel Brescia però non decolla e tra un rendimento altalenante e un cambio di società (da Corioni a Bonometti e Profida Italia) viene mandato via.
Le Rondinelle, però, avranno sempre un posto speciale nel cuore di Javorcic. Una forte testimonianza sono le sue parole prima di un Brescia-Venezia da allenatore degli arancioneroverdi: “Non sono passato di lì, ma sono stato a Brescia: è stata la mia seconda casa, nel mio periodo italiano. Ho fatto tutta la trafila, da giocatore ad allenatore delle giovanili, e ho pure guidato la prima squadra nel momento più delicato e difficile della storia del Brescia. Di fatto sono un bresciano d’adozione. Non sarà una gara qualunque, per me, riabbracciare il Rigamonti e il Brescia sarà sicuramente bello ed emozionante. La mia prima figlia è nata a Brescia. Un po’ di accento bresciano ce l’ho”.
L’impressione è che sia una storia d’amore destinata ad avere altri intensi capitoli. Negli ultimi anni il club lombardo ha pensato di riportarlo alla guida della Prima squadra ma non c’è mai stato un qualcosa di concreto.
La delusione Mantova e il riscatto Pro Patria
La carriera da allenatore di Ivan Javorcic, almeno inizialmente, non è entusiasmante. Nell’ottobre del 2015 viene chiamato a risollevare le sorti del Mantova, in Serie C. Vincerà appena due partite il 7 novembre contro il Bassano e poi il 21 febbraio 2016 contro il Cuneo. Metterà a referto 9 pareggi e ben 7 sconfitte. Un bottino di 15 punti in 18 partite e con una media addirittura inferiore a quella del suo predecessore Riccardo Maspero (8 punti in 8 partite). L’esonero arriva dopo uno scialbo 0-0 del 12 marzo contro la Giana Erminio.
La delusione è tanta ma la voglia di rifarsi ancora di più. Il 23 aprile 2017 diventa allenatore della Pro Patria, a 3 partite dalla fine. Totalizza 2 vittorie e 1 pareggio e nel playoff del 14 maggio esce sconfitto dal Ciliverghe.
L’anno successivo compie un autentico miracolo, il primo della sua carriera. Lo fa vincendo il campionato di Serie D (girone B) al termine di una stagione con 79 punti conquistati, uno in più rispetto al Rezzato. Un traguardo che porta la Pro Patria in Serie C. Il ritorno nella terza massima categoria del calcio italiano coincide poi con un 8° posto.
Saranno 57 i punti conquistati che permetteranno a Javorcic di giocarsi i play-off. Nel primo turno, però, la Carrarese si impone 2-0 e spegne i sogni di gloria della Pro Patria. Il risultato migliore lo raggiunge nel 2020/21 quando conquista 61 punti in 38 gare, un ottimo 5° posto ma stesso risultato nei play-off: eliminazione nel primo turno.
Sarà la sua ultima avventura con la Pro Patria e con 156 panchine totali entra nella storia del club per numero di partite disputate. Un uomo che ha lasciato un ricordo indelebile, lo ricordano sempre con affetto tifosi e stampa. Hanno apprezzato i suoi valori, le incredibili doti comunicative e la capacità di compattare l’intero ambiente.
Javorcic e il miracolo Südtirol
L’esperienza a Bolzano ha dato una sterzata alla sua carriera. Arriva nella stagione 2021/22 mettendo a segno una serie di record. La prima cosa da segnalare è la promozione in Serie B (non era mai successo prima). Javorcic costruisce una vera e propria macchina da guerra. Un primo posto caratterizzato da 27 vittorie, 9 pareggi e 2 sconfitte. Ben 90 punti totali ed una media pari a 2,27.
Altro dato del capolavoro appena 9 gol subiti, concretizzando di fatto un vero e proprio record europeo. Ha vinto battendo un degno avversario, il Padova, che ha conquistato comunque 85 punti. Javorcic ricorda così quell’esperienza: “Abbiamo fatto qualcosa di unico nella storia ed è difficile descriverlo con delle parole, oggi. Sono annate difficilmente ripetibili, con un livello tecnico ed emotivo al di sopra delle aspettative. Un gruppo di persone che ha unito le energie e che si è spinto oltre ogni limite. Avevamo di fronte un avversario incredibile, di enorme qualità. È stato un onore sfidare quel Padova”.
Sì, annata irripetibile ma frutto di un lavoro svolto in maniera eccezionale. Quel magnifico Südtirol è approdato in Serie B grazie ad una preparazione maniacale e per certi versi perfetta. Javorcic ha impostato la sua squadra con il 4-3-1-2, una squadra che ha dimostrato di essere solida e che era capace di dominare chiunque si trovasse di fronte. Aggressività ma anche tanto pressing che costringevano gli avversari ai lanci lunghi che nella maggior parte dei casi finivano sui piedi dei difensori.
Si è espresso così Javorcic, in un’intervista, sul gioco e sull’atteggiamento “Noi sicuramente abbiamo una cura maniacale del dettaglio dal punto di vista tattico su quello che è il modo di portare il pressing, sulle caratteristiche dell’avversario, e lavoriamo molto anche sull’aspetto emotivo, nel sentimento e nel piacere di difendere la nostra porta, ma sono assolutamente convinto che il modo in cui svolgiamo la fase di possesso ci aiuta tantissimo ad essere efficaci nella fase di non possesso”.
Un’esperienza che lo ha elevato e gli ha permesso di costruire una nuova filosofia calcistica. Un calcio, come rivelato dallo stesso Ivan, basato perlopiù dal 70/75% di allenamenti dedicati al di possesso palla. Ma anche a mostrare la sua intelligenza perché è stato capace di adattare un gioco così funzionale e spumeggiante sulla base dei giocatori che aveva a disposizione. Non una cosa da poco tenendo presente che molti colleghi imprimono il proprio credo senza fare troppo riferimento alle caratteristiche dei singoli.
A fine stagione arriva però l’annuncio della rescissione contrattuale. Ovviamente non ha fatto fatica a trovare una nuova sistemazione dopo un anno così meraviglioso.
La parentesi Venezia: Javorcic in Serie B
Il 9 giugno 2022 diventa il nuovo allenatore del Venezia, in Serie B. Il club ha dovuto anche pagare una penale per averlo a disposizione. Una scelta, quella del Presidente dei lagunari Duncan Niederauer, spiegata così: “Ivan ha la qualità di leader che cerchiamo in un allenatore. Ha una mentalità strategica ed è profondamente preparato in ogni aspetto del ruolo che ricopre”.
Javorcic, però, non riesce a ripetersi per la terza volta. Dopo 12 partite, di cui appena due vittorie, viene esonerato. Una scelta motivata dal numero uno del Venezia che definisce sofferta ma anche necessaria perché la squadra era troppo talentuosa per trovarsi così in basso in classifica. Fatale lo 0-2 casalingo contro l’Ascoli del 29 ottobre, un KO che ha rappresentato anche la settima sconfitta. Troppo ed esagerato per le ambizioni del club.
Javorcic resta un allenatore ancora tutto da scoprire. La sensazione è che abbia fatto vedere solamente una piccola parte di sé. Però, ha dimostrato indubbiamente di essere un personaggio profondo, ambizioso e capace di imprimere delle idee innovative. La sua continua formazione e la capacità di aggiornarsi e adattarsi permetteranno all’allenatore croato di poter scrivere altre pagine e altri record.
Le vittorie con Pro Patria e Südtirol sono un bigliettino da visita niente male ma che hanno un qualcosa che li accomuna: la bellezza. Sì, come diceva il suo autore preferito: “La bellezza salverà il mondo”. Javorcic è una speranza. Forse è la speranza di tutti gli amanti di questo sport. Di cosa? Che possa essere l’uomo giusto per poter dare qualcosa; una svolta al calcio italiano che per certi versi non si è ancora adattato alla modernità. Ivan può farlo attraverso il bel gioco, un’idea ambita da molti allenatori e dirigenti ma che spesso resta una propaganda fallimentare.