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John McEnroe e Tatum O'Neal, la distruzione dell'amore tra il bad boy del tennis e l'attrice prodigio Premio Oscar: violenza, dipendenze e la malattia

Storia di una coppia iconica degli anni Ottanta e Novanta divisa dai rispettivi demoni e al centro di un divorzio crudele per ottenere la tutela dei tre figli

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Elisabetta D'Onofrio

Elisabetta D'Onofrio

Giornalista e content creator

Giornalista professionista dal 2007, scrive per curiosità personale e necessità: soprattutto di calcio, di sport e dei suoi protagonisti, concedendosi innocenti evasioni nell'ambito della creazione di format. Un tempo ala destra, oggi si sente a suo agio nel ruolo di libero. Cura una classifica riservata dei migliori 5 calciatori di sempre.

La morte, in una solitudine quasi incomprensibile, di Ryan O’Neal – superbo interprete di Barry Lindon e del miglior Stanley Kubrick – ha consentito, forse senza neanche la dovuta discrezione che si riserva a personaggi del suo calibro, che riemergessero i dissapori dolorosi e profondi con sua figlia Tatum. La meravigliosa attrice di Paper Moon, una delizia cinematografica che non riuscì nella trasposizione televisiva (che si avvaleva del talento di una certa Jodie Foster) e che le ha consegnato un ruolo eterno, reso immortale dal primato che ad oggi conserva questa interprete indomita.

Tatum O’Neal, che recitò al fianco del padre Ryan, vinse a soli 9 anni il Premio Oscar come miglior attrice non protagonista, primato che è ancora tutto suo. Da allora, il complicato rapporto con suo padre, diviso da malattia, l’ammissione di dipendenze, il coma è stato travagliato e incompleto. Pubblico, come lo erano certi temi nella Hollywood e del trattamento riservato ai suoi protagonisti in quegli anni. Non per questo meno sfaccettato, sfumato e a tratti odioso. Figlia del primo matrimonio di Ryan, Tatum è stata un talento assoluto e precocissimo, forse più abnorme di quello dei suoi genitori (anche sua madre era un’attrice televisiva con qualche incursione nel cinema, Joanna Moore), ma capace di affrontare quel dono come ha potuto. Avrebbe abusato di sostanze e conosciuto la dipendenza, attraversato stagioni inquinate da fasi di up&down che ha pagato, compresa quella che la rese paradossalmente la celebrità planetaria che sappiamo, quando sposò il campione John McEnroe, il bad boy del tennis mondiale.

Tatum O’Neal, talento precoce e il rapporto con il padre Ryan

Tatum non aveva neanche 10 anni quando vinse il Premio Oscar come miglior attrice non protagonista. Era il 1974 e quell’opera in bianco e nero venne tradotta in un film straordinario, illuminato dalla doppia interpretazione di padre e figlia. La piccola O’Neal da debuttante è intensa, straordinariamente matura e arguta nell’ardita trasposizione di una storia tagliata su di lei, che la vede anche vincere un Golden Globe come migliore attrice debuttante e candidata come miglior attrice non protagonista. Anche in Italia, riceve un riconoscimento: è suo il David di Donatello come miglior attrice straniera.

Un simile esordio ha costituito una notevole accelerazione, nella sua carriera cinematografica ma l’avvio fulminante, nel suo caso, ha coinciso anche con una serie di effetti perversi ovvero imprevedibili che travolgono Tatum, nonostante in quell’ambiente sia nata e cresciuta.

Fonte: IPA

Ryan e Tatum O’Neal in Paper Moon

Una vita di carta

Le traversie dei suoi genitori hanno ripercussioni tragiche su di lei e su Griffin, suo fratello che subì – al pari suo – le conseguenze delle dipendenze materne e poi, quando andarono a vivere con il padre anche di Ryan e le sue relazioni. L’attore idolatrato di Love Story e Barry Lindon non fu risparmiato dal suo crudo resoconto di una esistenza ai limiti, per una ragazzina preda di profittatori anche sessuali, quando era poco più che una bambina.

Ne parlerà in parte nel suo primo libro, Una vita di carta, a cui decise di dare un seguito. Quanto elencato in quel libro, risalente al 2004, ha un che della tragedia greca che nel tempo si è sedimentato in questa autentica e talentuosa ragazzina, dotata ma preda delle dipendenze e di abusi che ha compreso, nella loro gravità, solo dopo come affermerà in diverse interviste seguite a questo libro analitico e profondamente inquietante.

John McEnroe, il bad boy del tennis

Quando incontrò John McEnroe, il tennista era all’apice della sua carriera sportiva ed è già noto per i suoi innumerevoli “Are you joking me?” rivolti all’arbitro. Non era propriamente un tipo tranquillo, anzi. Il suo estro tennistico era direttamente proporzionale alla sua incapacità di adeguarsi a un ambiente come quello della racchetta, che imporrebbe maggiore cautela, rispetto dei ruoli e dei principi di lealtà e correttezza nei confronti delle autorità.

Ma McEnroe aveva uno stile suo proprio e spesso era sopraffatto dalla rabbia. Un bad boy che si unì a una delle attrici più indipendenti e anche fuori dagli schemi di Hollywood, nel pieno degli anni Ottanta. Un connubio totale, una conversione che quasi lasciò incredulo il pubblico che si abbandonò a una narrazione opportunistica, che oscurò il resto.

La prima fidanzata di Michael Jackson quando decise di sposare McEnroe è una autentica star che ha legato il suo nome a scelte spesso controcorrente, che spiegherà senza attesa di giudizio quando lo riterrà opportuno, quando crederà di aver forse toccato quell’equilibrio atteso e sperato che avrebbe saputo donargli in parte quell’insieme di aspettative che coltivava verso la famiglia. Con il campione ha tre figli, che come ha ammesso dopo essere uscita dal coma dovuto a una overdose di farmaci, sono la sua ragione di vita e la sua motivazione più autentica.

McEnroe privato e l’incontro con il tennis

John Patrick McEnroe proviene da una famiglia molto distante da quella che ha avuto e conosciuto Tatum. Il tennista americano è nato a Wiesbaden, in Germania, nel 1959 da genitori con passaporto statunitense: suo padre era di stanza lì con l’aeronautica e quando nacque era già ovvio che quella nazione sarebbe stata una tappa. Quando John ha meno di un anno, infatti la famiglia McEnroe si stabilì a Newburgh, New York, e poi a New York City, dove McEnroe diede spazio al suo prodigioso talento tennistico ad appena otto anni.

Il suo curriculum è una vittoria continua: tornei junior regionali e nazionali e alla fine degli anni ’70, a John viene affidata la squadra di tennis della Stanford University. La sua carriera è un crescendo: il suo anno migliore, forse, è stato però il 1984 quando vinse 13 tornei in singolare, inclusi Wimbledon e gli US Open. Ha vinto più di 70 titoli sia nel singolare (77) sia nel doppio maschile (79) e detiene pertanto il record del tennis maschile nell’Era Open per numero di titoli totali (singolare e doppio) vinti: ben 162.

Lo chiamavano The Genius, e non era un caso per l’ex numero uno del ranking dal 1981 al 1984 che ha vinto 7 titoli del Grande Slam in singolare, 9 in doppio e 1 in doppio misto. Era davvero un genio, un assoluto protagonista di quell’epoca tennistica.

Fonte: Getty Images

McEnroe a Wimbledon nella mitica semifinale contro Connors

Eppure, la sua celebrità non è da attribuire alle sue qualità tennistiche ma a un temperamento che, sul rettangolo di gioco, è sempre parso in forte ed evidente dissonanza. Le sue esplosioni di fuoco facevano notizia, divennero un genere a sé come quando si rivolse a un arbitro con un’espressione divenuta famosa: “Non puoi dire sul serio!”. Non era solo questione di carattere.

Nel 1986, l’anno in cui sposò Tatum O’Neil si prese una pausa dal tennis, a causa di uno stress che divenne più ingombrante di qualsiasi altra questione. Eccessi d’ira compresi.

L’incontro e la decisione di sposarsi

L’incontro con Tatum è incredibilmente banale. Sono entrambi invitati a una festa e lì, in pochi secondi, si è chiusa la partita. L’attrice è nata a Los Angeles nel 1963, figlia degli attori Ryan O’Neal e Joanna Moore, con i quali ebbe un rapporto devastante, le cui ombre tentò di allontanare da quello che instaurò con i suoi tre figli.

Erano giovani e famosi entrambi. Lui era l’eroe americano del tennis, lei la ragazzina di Paper Moon che aveva deciso di crescere indipendente, libera. Come e perché lo spiegherà poi.

Il rapporto tormentato con suo padre è stato affrontato nei suoi libri, nelle interviste rilasciate da entrambi nel corso dei decenni e che seguirono all’Oscar e alla mancata presenza di Ryan alla cerimonia per via ufficialmente dell’impegno sul set di Barry Lindon, capolavoro di Stanley Kubrick, girato in Inghilterra.

O’Neal da allora ha descritto suo padre come un tossicodipendente fisicamente ed emotivamente violento, riportando un episodio che risale alla sua preadolescenza: Tatum fu molestata all’età di 12 anni dallo spacciatore di suo padre. Ryan O’Neal ha negato ciò, in una dichiarazione successiva come altri fatti citati da sua figlia, dicendo : “È un giorno triste quando vengono raccontate bugie dannose per creare un ‘bestseller'”.

Quando incontrò il celebre John McEnroe a una festa sulle colline di Hollywood nel 1984 (il campione aveva 26 anni e lei 22), il passato era già ingombrante per entrambi, ma li unì il desiderio di creare una famiglia. “Era molto bello. Pensavo che fosse affascinante”, avrebbe dichiarato in seguito O’Neal. “Era una specie di attrazione chimica o fisica, una specie di amore a prima vista”.

La nascita del primo figlio e il matrimonio

Il 23 maggio 1986, da quella passione totalizzante nacque il primo figlio della coppia: Kevin McEnroe. Nell’agosto dello stesso anno, la coppia si sposò nella chiesa cattolica romana di San Domenico a Oyster Bay, Long Island, non lontano dalla casa dei genitori di McEnroe che allora aveva riservato a Tatum un riferimento certo, sicuro facendole avvertire un senso di protezione sconosciuto.

Il collega Peter Rennert era il testimone di McEnroe, mentre a officiare la cerimonia fu chiamato il Reverendo Joseph Byrns, che rimase colpito dal sentimento che univa questa coppia nel momento del matrimonio: “Guardi negli occhi delle persone e sai che intendevano davvero quello che dicevano”.

Fonte: Getty Images

John McEnroe e Tatum O’Neal sposi

E forse neanche lui poteva immaginare la guerra feroce e senza esclusioni di colpi che venne inscenata da entrambi, soprattutto dal campione per la custodia dei tre figli, una volta finito il suo rapporto con la moglie nel 1992.

Coppia iconica

Tatum e John erano una coppia iconica, superba e estremamente utile alla narrazione mediatica di quegli anni. I media trovarono nel tennista e nell’attrice Premio Oscar la sintesi del sogno americano, declinato negli anni Ottanta. Però come ogni mera illusione, sarebbe poi giunta la fase del risveglio da quella costruzione artificiale e artificiosa.

Quasi a confermare quanto fossero diventati una coppia iconica, McEnroe e O’Neal furono il soggetto di un dipinto di Andy Warhol quello stesso anno. Lui regalò alla moglie una dimora meravigliosa a Malibu, oltre a farle dono di qualunque tipo di prezioso o simbolo che celebrarono anche l’opulenza e il lusso, i valori rappresentativi di quegli anni.

Fonte: ANSA

John McEnroe accanto al ritratto che Andy Warhol fece di lui e di Tatum O’Neal

Ebbero anche altri due figli, dopo il primogenito Kevin: Sean ed Emily, rispettivamente nel 1988 e nel 1991. Erano anni di apparente serenità per la loro famiglia, anche se quell’immagine non collimava affatto con le difficoltà tennistiche di McEnroe o le mancate chiamate per Tatum, descritta vittima di dipendenze e di crisi dall’ex marito poi quando nel 1992 il loro matrimonio esplose. Diedero versioni molto distanti, se non opposte di questa separazione che soprattutto significò una diatriba legale logorante e crudelissima per l’affidamento dei tre figli, Kevin, Sean e Emily. Divorziarono due anni dopo, nel 1994.

Una separazione logorante

Nel 2015, in occasione dell’uscita del libro di Kevin, l’autorevole People per sintetizzare quel che si consumò tra John McEnroe e Tatum O’Neal scrisse: “Tra accuse e controdenunce di uso di droga, temperamenti violenti e litigi crescenti, la loro battaglia per la custodia dei loro tre figli divenne una guerra totale”.

Una sintesi eloquente di quel che si consumò tra gli ex coniugi che hanno espresso, poi, pubblicamente quello che potrebbe apparire a tratti un inferno privato indubbiamente segnato dalle crisi e dal baratro che, uno o l’altra, hanno difficoltà ad ammettere e a a gestire negli anni della loro unione.

L’uscita del volume Our Town ha costituito motivo di riflessione per entrambi, tant’è che allora Tatum si espresse in questo modo a People:

“John è stato davvero gentile con me alla lettura di Kevin alla libreria The Strand (l’11 maggio). Sono rimasto molto colpito da come si è evoluto – e dalla capacità di parlare a me. Direi che non c’è un rapporto ma adesso c’è rispetto”.

McEnroe e le seconde nozze

Dopo la separazione, McEnroe si è risposato nel 1997 e ha avuto dalla sua seconda moglie, Patty Smyth (solista di origine irlandese degli Scandal), due figlie Ava e Anna facendo da padre anche a Ruby. Quando era ancora numero 20 del ranking mondiale, nel tennista più ribelle della storia del tennis è maturata la decisione che lo porta a ritirarsi: è il 1992, ma John non sa dire davvero basta al tennis, anche se lo sport gli procurò anche un esaurimento da cui si riprese non senza sofferenza e ricadute.

Tornò in doppio (è stato il miglior doppista della storia, tanto che Peter Fleming disse “In doppio, la miglior coppia del mondo è quella composta da John McEnroe e… un altro”) e a 47 anni si aggiudicò un torneo nel 2006 diventando l’unico tennista di sesso maschile a vincere un torneo del circuito maggiore in quattro decenni differenti, nonché il giocatore più anziano a vincere un titolo ATP – in singolare e in doppio – negli ultimi 45 anni.

Oltre il tennis, c’è stato anche altro. McEnroe è stato commentatore televisivo, musicista e anche allenatore (si è vociferato di lui anche per Jannik Sinner) posto che – ammettiamolo – quel che gli è riuscito meglio lo ha dimostrato sul rettangolo di gioco.

L’artrite reumatoide di Tatum O’Neal

E Tatum? Nell’enormità delle tragedie che si sono susseguite nella sua esistenza, ha saputo dimostrare il senso profondo della volontà di vivere e di non conoscere la rassegnazione. Quando ha solamente 50 anni le viene diagnosticata l’artrite reumatoide, malattia degenerativa che decise di rendere pubblica non subito ma quando l’occasione lo rese a suo indiscutibile avviso un atto dovuto, con un post scioccante su Instagram.

Un’immagine che la ritrae di schiena, con i segni delle cicatrici e dei lividi procurati dalle terapie che questa malattia le ha imposto. Siamo nel pieno dell’emergenza pandemica quando pubblica questo comunicato, molto informale ma di prepotenza indubbia per l’opinione pubblica americana in cui riporta il suo tormentato rapporto con l’artrite reumatoide.

Overdose, ictus e coma

Era maggio e andò in overdose di farmaci: un ictus l’ha lasciata in coma per sei settimane. “Ho rischiato di morire”, ha ammesso poi a People che ha raccolto la sua testimonianza e quanto affermato da suo figlio Kevin, che le è stato accanto. All’autorevole rivista americana, l’attrice statunitense ha raccontato di aver rischiato di morire. Negli ultimi anni ha frequentato diverse strutture di riabilitazione per ritrovare le forze, la memoria e la capacità di leggere e scrivere: “Ne ho passate tante”.

All’inizio della pandemia Covid, aveva incominciato a fare uso di farmaci, alcuni le erano stati prescritti per il dolore alla schiena e al collo e per l’artrite reumatoide. Era maggio quando a causa di una combinazione di antidolorifici, oppiacei e morfina finì in coma: un amico la trovò nel suo appartamento e la portò d’urgenza in ospedale. Kevin McEnroe, il figlio 37enne, nel corso dell’intervista del luglio del 2023 ha raccontato che in quel periodo la madre si era isolata molto:

“La situazione stava diventando pericolosa. In coma aveva danni alla corteccia frontale destra, chiamai mio fratello e mia sorella per dirgli che forse era cieca e sorda”.

In questi tre anni ha lottato per riacquisire la piena memoria e il vocabolario: “C’è ancora strada da fare”, le parole del figlio che le è accanto e che ha narrato la storia della sua famiglia, l’insicurezza patologica a cui imputa le dipendenze che hanno segnato le esistenze dei nonni e della madre in un libro. “Ho cercato di disintossicarmi per tutta la vita”, ha ribadito Tatum O’Neal nel luglio scorso in questa intervista, molto cruda. “Ogni giorno ci provo ancora”.

Una vita breve diventata miracolo

Ora che all’artrite deve accompagnare il percorso riabilitativo, uscita dal coma che l’ha ulteriormente segnata, ha espresso quel desiderio che, poi, non è altro che quanto ha ripetuto anche in un passato distante eppure prossimo: tutto quel di cui ha bisogno è l’amore, la vicinanza dei suoi cari.

“Voglio stare con i miei bellissimi figli”.

Kevin McEnroe ha scelto una parola che celebra l’ostinazione e la voglia di rimanere accanto ai suoi cari di Tatum, sua madre: “Era una strada che portava a una vita breve, ma ora non mi sento più così. Ora vedo tanta speranza”. “Per me quest’ultimo capitolo, in cui lei vuole vivere, vuole disintossicarsi, vuole imparare, è un miracolo. Penso che sia bellissimo. Non sono mai stato così orgoglioso di essere suo figlio. È piena di amore e di cuore. Penso che siamo entrambi molto fortunati ad aver avuto questa possibilità di poterci riprovare ancora”.

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