Giunti a metà dell’attuale stagione di F1 Oscar Piastri sembrava destinato a veleggiare tranquillo verso il suo primo titolo mondiale. Forte di una MCL39 schierata da McLaren completa su ogni pista e di una rivalità interna che più di tanto non poteva impensierirlo, ovvero quella di Lando Norris, meno freddo mentalmente rispetto al compagno di squadra, l’australiano veniva già additato come campione in pectore. Qualche testata addirittura si era spinta a dichiarare in maniera esplicita e senza dubbio alcuno che sì, Piastri avrebbe vinto il Mondiale 2025.
- Il titolo piloti 2025 non è più così scontato
- Le sicurezze di Piastri minate
- Il ruolo delle papaya rules
- Il momento complicato di Piastri. Ma McLaren tira dritto sulle regole interne
- Schumacher: "Non c'è alcun favoritismo nei confronti di Norris"
Il titolo piloti 2025 non è più così scontato
Il tutto però senza considerare che c’erano ancora diversi appuntamenti da affrontare, e ogni Gran Premio scrive una storia diversa rispetto all’altro. Non si corre tutto l’anno in una pista ricavata in un parcheggio, ma su circuiti con caratteristiche peculiari che determinano una serie di variabili, senza dimenticare il fatto che le monoposto non rimangono uguali per tutta la stagione ma si aggiornano, si evolvono e anche andare incontro ad una involuzione.
Tutto questo per dire che fino all’ultima bandiera a scacchi dell’ultimo GP tutto può succedere, salvo conquiste dei titoli anticipati. McLaren ha messo le mani su quello Costruttori a Singapore, con sei gare d’anticipo, mentre quello Piloti a quattro appuntamenti dal termine è ancora in discussione.
Le sicurezze di Piastri minate
Non solo Piastri ha ceduto via via il proprio vantaggio da leader in classifica, ad oggi spodestato da un redivivo Norris leader con un punto rispetto al compagno di squadra. Ma nel frattempo ha fatto la sua irruzione il cigno nero Max Verstappen, che da Zandvoort in poi ha rimesso in discussione una battaglia per il titolo che sembrava ristretta ai soli McLaren.
Proprio l’Olanda rappresenta uno degli ultimi acuti di stagione di Piastri. Poi una serie di risultati opachi, pure un ritiro a Baku, e da Monza in poi l’australiano sembra aver perso quella sicurezza di cui dava sfoggio nel condurre la proprio monoposto in pista.
Il ruolo delle papaya rules
C’è un elemento da considerare in questa evoluzione: le tanto discusse papaya rules, ovvero quegli ordini di scuderia che non sono ordini di scuderia. Il team, per salvaguardare la pace in famiglia, non ha imposto un primo pilota e un suo scudiero: entrambi si guadagnano i galloni sul campo. Insomma, è la pista che decide chi sarà meritevole di lottare per il titolo.
Sulla carta, una regola che avrebbe evitato malumori nel box. Ma per una sorta di eterogenesi dei fini questo spauracchio non è stato evitato, anzi. A Monza, ad esempio, un pit stop erroneamente allungato per Norris ha fatto sì che il muretto chiedesse a Piastri di restituire la posizione in testa al britannico dopo averlo superato, in modo da garantire equità tra i due secondo il sacro verbo papaya. L’australiano poi chiuse terzo alle spalle di Norris e del vincitore Verstappen. Non è un caso che proprio da Monza è iniziata la discesa di Piastri, con il contestuale risorgimento del rivale Red Bull.
E adesso anche Norris ha rialzato la testa. Secondo il team principal di McLaren Andrea Stella tutti e due comunque sono favoriti per il titolo nelle ultime quattro gare dell’anno. Persino l’incidente di Austin, con entrambi venuti al contatto (ma con una certa responsabilità da parte di Norris) è stato mondato sull’altare delle papaya rules.
Il momento complicato di Piastri. Ma McLaren tira dritto sulle regole interne
L’obiettivo resta quello di centrare la doppietta mancata nella passata stagione, dove il team di Woking ottenne il titolo Costruttori ma non quello Piloti. Soprattutto quest’anno dove il traguardo è decisamente a portata di mano, pur con una MCL39 che ha ceduto il passo dopo l’estate mentre gli aggiornamenti per la RB21 della Red Bull hanno portato frutti importanti (soprattutto in mano a Verstappen, rasserenato da un clima interno alla squadra dopo la defenestrazione di Christian Horner e l’arrivo di Laurent Mekies, che ha portato la nave fuori dai mari in tempesta).
E a proposito di dettagli tecnici, la scuderia ha negato che ci possa essere una sostituzione del telaio della monoposto di Piastri in modo da potergli dare un aiuto anche a livello psicologico per superare l’attuale impasse. Ovvio comunque che il pilota non verrà lasciato solo, a partire dal supporto tecnico, ma certo per l’australiano deve essere stato una mazzata (metaforica) assistere ad una vettura che resta sì competitiva, ma almeno in Messico nelle mani del compagno di squadra e non nelle sue.
Schumacher: “Non c’è alcun favoritismo nei confronti di Norris”
Il Brasile, pista sulla carta favorevole a McLaren, potrebbe essere comunque lo snodo di una potenziale rinascita di Piastri. Sempre con il giudice supremo delle papaya rules a presidiare la lotta per il titolo. Anche una vecchia volpe della F1 come Ralf Schumacher ha messo a tacere le teorie complottistiche su un presunto favoritismo del team nei confronti di Norris: “Vi posso assicurare, da una fonte affidabile, che Zak Brown non favorisce nessuno. Non gli interessa chi vincerà il titolo Piloti, purché si vinca”, ha sostenuto l’ex pilota al podcast di Sky Sport Germania.
Schumacher ha anche spiegato l’assurdità di dare ad uno dei due piloti una vettura inferiore come si sospetta, ma ha invece sottolineato una certa irrequietudine da parte di Piastri, che potrebbe non sentirsi “non trattato in maniera equa”. “E questi sono pensieri pericolosi, lo so per esperienza personale”.
Certo è che McLaren deve comunque scongiurare una lotta fratricida tra i due piloti. Forse stabilire ordini di scuderia ben netti, almeno dopo una serie di gare una volta capito l’andazzo in pista, avrebbe evitato la balcanizzazione del box. Con un tipino spietato come Verstappen pronto ad approfittare della situazione.
