Ha festeggiato le mille panchine da professionista domenica scorsa alla sua maniera, a suon di gol, con un rotondo 3-0 sulla Paganese guidata da un suo ex calciatore, Gianluca Grassadonia, uno dei tanti pupilli che poi ne hanno ripercorso le orme e intrapreso la carriera di allenatore. Mostri sacri come Sacchi e Guardiola lo considerano un maestro, in Sicilia per la sua natura taciturna si guadagnò l’appellativo di “U’ mutu”, anche se Zdenek Zeman preferisce ancora il più sobrio appellativo di “Boemo”. Dal 1983 alla guida del Licata al ritorno nella “sua” Foggia, passando per Messina, Parma, Lazio, Roma, Napoli, Lecce, Pescara e tanti altri posti ancora. Un paio di promozioni e nessun trofeo in bacheca, ma una fama leggendaria da “profeta” acquisita nel tempo.
Zeman, lo spettacolo come primo e unico obiettivo
In un’intervista alla Gazzetta dello Sport il tecnico boemo ha ribadito quelli che sono ancora i punti cardine del suo lavoro: “Il mio calcio non è utopia. Ho sempre cercato anch’io il risultato, ma provando a ottenerlo con lo spettacolo e la bellezza”. Il pubblico, del resto, dal pallone cerca puro divertimento: “Ho sempre pensato che per vincere bisognasse segnare un gol in più dell’avversario. E questo ho sempre chiesto alle mie squadre. Non è vero che non curavo la fase difensiva, ma l’obiettivo è sempre stato imporre il gioco, cercare il gol e soprattutto divertire il pubblico”.
Zeman: nessun rimpianto per denunce doping
Zeman ha ribadito anche di non avere alcun rimpianto e che denuncerebbe sempre quello che non va: “Non mi sono mai pentito di quel che ho detto e sostenuto. Il tempo mi ha dato ragione e il riconoscimento della gente ancora oggi è per me motivo di grande orgoglio. Ho sempre cercato di difendere i valori dello sport e del calcio. Vincere barando, non rispettando le regole o, peggio ancora, mettendo a rischio la salute degli atleti è una pratica criminale. Sono scoppiati scandali, ci sono stati processi sportivi e ordinari, condanne. È stato dimostrato che c’era tanto marcio. Non so quanto le mie parole siano servite a sollevare il coperchio sulla deriva che il calcio stava prendendo. Ma so che tanti all’interno del Sistema sapevano e speculavano perché su quelle derive si costruivano vittorie e fortune, si esaltavano o affossavano carriere. Io ho solo detto ciò che ritenevo giusto. Mi addolora solo sapere che a pagare il prezzo delle mie denunce siano state anche le mie squadre in campo”. Infine un augurio: “Spero di aver divertito chi è venuto a vedere le partite e di continuare a farlo a lungo. Perché non ho ancora finito”.
Le parole di Zeman spaccano in due i social
Come sempre, le parole del tecnico ceco sono state accolte in modo ambivalente. “I tifosi della squadra avversaria senza dubbio si divertono ogni volta che giocano contro Zeman“. Oppure: “Zeman chi? Quello che non faceva giocare De Rossi e Pjanic per schierare il greco e Bradley? Ancora allena sto fenomeno?”. E ancora: “Ma ha avuto il tempo di ingrandire la bacheca? Mi sa che tutte le coppe che ha vinto non c’entrano”. Per molti, però, Zeman resta idolo indiscusso: “Un allenatore che ha rivoluzionato il calcio e soprattutto ha fatto luce su un sistema perverso e nocivo. Sempre al fianco del boemo”. O ancora: “In pratica ha detto che hanno affossato anche le sue squadre per le sue idee. Bisognerebbe indagare, ma qualcuno lo farà mai?”.