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Mondiali Basket Italia-Serbia, le pagelle: Fontecchio è Air Jordan nelle scarpe di un ragazzo di Pescara

L’ItalBasket compie un’impresa assurda, trascinata da Simone che mette a referto 30 punti. Prova gigantesca anche del capitano: Gigi è l'uomo che dà il via alla rimonta

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Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

Quando in Serbia ci si spaventa preventivamente, è anche per colpa della nazionale di basket italiana. Quella che da due anni a questa parte infligge solo dolorose sconfitte ai talenti balcanici, che forse si illudono troppo presto di averla fatta franca (+16 con meno di 15’ sul cronometro) finendo per inginocchiarsi di fronte all’ultima preghiera da 9 metri di Bogdan Bogdanovic a fil di sirena, che nemmeno arriva al ferro.

L’ItalBasket compie un’impresa assurda, pensando a dove s’era andata a infilare (cioè in un vicolo cieco), trovando nel momento di maggiore difficoltà due giocatori che sin qui al mondiale erano un po’ mancati: Simone Fontecchio s’è preso responsabilità da fuoriclasse, Gigi Datome semplicemente ha deciso che questa non poteva essere l’ultima recita della sua carriera, almeno non in questa maniera.

Così, dopo aver spadellato per giorni, in un minuto ha ribaltato la Serbia e condotto gli azzurri verso una clamorosa rimonta. Gara folle, quella di Manila: partenza a razzo degli uomini del Poz, trascinati da super Spissu, poi lenta ma inesorabile risalita dei serbi, che sfruttano la loro fisicità e forzano tante palle perse (alla fine saranno 15, molte delle quali nei primi 7’ del terzo quarto).

Fontecchio e Datome indicano la via

Quando la luce, più che spenta, sembra proprio fulminata, di colpo arriva la redenzione: Fontecchio e Datome indicano la via, ma tutta la squadra aumenta i giri del motore, asfissiante in difesa e più efficace in attacco. Nel quarto periodo la Serbia segna solo dalla lunetta, Fontecchio semplicemente segna da ogni posizione.

È una gara di nervi e l’Italia sprinta addirittura sul +5, che sarebbe stato oro colato pensando alla differenza canestri (a margine la spiegazione). L’ultimo minuto è romanzesco, come la tripla della disperazione di Bogdanovic che fa tremare l’Italia intera, prima del sollievo. Finisce 78-76 e a fine gara si abbracciano tutti. Emozioni forti, e chissenefrega se all’orizzonte si estende la scure del “biscotto”.

Italia ai quarti: le combinazioni possibili

Già, perché adesso bisogna tifare Porto Rico, che alle 14 gioca contro la Dominicana e domenica alle 10 sarà il nostro avversario nell’ultima gara del girone. Se la Dominicana oggi farà il suo, vincendo la quarta gara del suo mondiale, e se l’Italia batterà poi Porto Rico, i caraibici potranno presentarsi all’ultima sfida con la Serbia con la possibilità di perdere anche con tre punti di scarto e chiudere comunque al primo posto, con i serbi secondi e l’Italia eliminata.

Perdendo con un distacco fino a 8 punti sarebbero comunque secondi, e gli azzurri ancora una volta eliminati. Se la Serbia dovesse imporsi con più di 9 punti, Dominicana fuori e Italia seconda. Mentre una vittoria dei caraibici contro i serbi ci garantirebbe la seconda piazza e un quarto di finale (da brividi) contro Team USA.

Le pagelle: Fontecchio e Datome, top per distacco

  • FONTECCHIO 10: Micheal Jordan s’è reincarnato in un ragazzo nato a Pescara. Chissà se alla Nike non venga voglia di farci un brand sopra: movenze Jordanesche (e non stiamo esagerando) all’interno di una partita che per metà abbondante è complicata (anche 5 perse), difficile come solo le tonnare di un mondiale sanno essere. Ma poi, quando l’Italia è spalle al muro e si vede già sulla scaletta dell’aereo che la riporterà in Europa, è lì che decide di allacciare le scarpe e andare in missione: 7 punti per ricucire dal -16, poi una serie di canestri in sospensione da far vedere nelle scuole basket. A volte senza coscienza, ma sempre col dolce suono della retina ad accompagnare il finale. È l’uomo del destino, proprio come Baggio a Usa ’94 (scusate il paragone col calcio): si presenta in ritardo, ma è una delizia per gli occhi.

  • DATOME 8: il cuore grande del capitano, mostrato in mondovisione. Fino a 3’ dalla fine del terzo quarto il suo mondiale è maledetto: non può essere questa la fine della sua storia d’amore con il basket giocato, troppo misera per poter essere paragonata al passato. E allora Gigi s’incazza, tira giù la visiera e comincia a martellare. Le triple che non entravano cominciano a entrare, l’energia si propaga tutta attorno, e l’Italia torna in linea di galleggiamento. Un minuto da all star e cambiano l’orizzonte: Gigione, scusa se ti abbiamo giudicato male. Come faremo senza di te tra una decina di giorni?

Severini, Pajola e Spissu non falliscono

  • SEVERINI 7,5: come farsi trovare pronti quando la sabbia sotto i piedi è bollenti. Aveva tutto da perdere, il buon Severini, e invece s’è guadagnato minuti, fiducia e considerazione. Una bomba dall’angolo contribuisce a cambiare l’inerzia del finale di partita, ma è quello che da in difesa a fare davvero la differenza. Il plus/minus di 13 sintetizza tutto: quando è in campo per i serbi è notte fonda.
  • PAJOLA 7: Pozzecco gli chiede di andare in battaglia e lui, da soldato pretoriano scelto, non si tira indietro. Pajo è una sentenza quando c’è da alzare il livello dell’intensità in difesa, e anche in attacco si fa notare per cose preziose come diamnati (6 assist e una bomba fondamentale). Anche lui, come Spissu, contro i serbi si esalta: ma che conto avranno mai in sospeso con quelli là?
  • SPISSU 7: parte a razzo, come solo Marcolino sa fare. Chiude il primo quarto in doppia cifra, ma tirando giù anche 5 rimbalzi (lui, il più piccolo della ciurma) con difese tutte cuore e resilienza. Poi per due quarti attraversa un lungo deserto, al pari di molti suoi compagni, ma nel finale torna protagonista provando a gestire con sapienza il pace dell’attacco. Nell’ultimo minuto eccede con la foga (5 palle perse sono tante), ma il suo mattone alla causa è pesante come un macigno.

Melli regge, Polonara no

  • MELLI 6,5: provate a stare voi con Milutinov, energumeno rispetto ai non così aitanti lunghi azzurri. Lui resiste, prende un paio di sfondamenti, gioca “sporco” nello sporco (capite bene: quando la partita si fa dura, lui va a rovistare nel cassonetto alla ricerca di palloni preziosi). In attacco fa poco, eppure un paio di canestri fanno luccicare gli occhi. Nonostante si carichi di falli prestissimo, è sempre in difesa che fa la differenza.
  • TONUT 6-: la sufficienza stiracchiata se la guadagna per quel che riesce a combinare nella metà campo difensiva, cambiando su ogni blocco e limitando il raggio d’azione dei temibili tiratori serbi (il 7/31 dall’arco è anche merito suo). Segna appena tre punti, una rarità, ma per una volta veste i panni del gregario.
  • POLONARA 5: stavolta l’Achille nazionale non riesce proprio a entrare nella partita, sbagliando appoggi apparentemente comodi sotto la tabella (1/6 dal campo, ma con errori davvero evidenti) e faticando più del dovuto anche nella metà campo difensiva. Partita strana, dove comunque tira giù 5 rimbalzi.
  • RICCI 5: dopo tre gare vissute in prima linea, stavolta Pippo stecca in modo un po’ inatteso, sbagliando tanto e combinando poco. D’accordo, in difesa il suo apporto è sempre apprezzabile, ma con tutti quei falli di cui si macchia nei primi possessi giocati diventa difficile riuscire a incidere nelle pieghe della gara. Con Porto Rico avrà il dente avvelenato.
  • DIOUF sv: il Poz lo manda dentro un secondo e mezzo, giusto per contestare una rimessa che poi si trasforma in un canestro da tre di Bogdanovic che è una delizia per gli occhi. Almeno può dire di averlo visto da una posizione privilegiata.

Poz fa 3 su 3 contro la Serbia: provateci

  • POZZECCO 8: diciamo le cose come stanno: il Poz è un matto scatenato, ma conosce il basket come le sue tasche e soprattutto i suoi giocatori più di ogni altra persona su questo universo. Sotto di 16, tutti avrebbero già pensato a smobilitare e pensare al preolimpico. Lui no, lui ha pensato solo a ribaltare le cose: s’è affidato a Datome (con 3 falli) e ha detto a Fontecchio di fare il Fontecchio, quello che deve trascinare i compagni verso lidi inesplorati. Ha la squadra tutta dalla sua parte e si vede per come difende, che non è mai cosa scontata. Si allunga la vita sperando di non dover subire “biscotti” indigesti, ma dimostra una volta di più che questa squadra, costruita a sua immagine e somiglianza, è capace davvero di tutto. E poi oh, tre vittorie su tre contro la Serbia in meno di un anno: provateci voi…

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