Stavolta la Ville Lumiere ha davvero spento le luci. Anzi, c’hanno pensato i sudafricani a far calare il buio su Parigi. L’hanno fatto grazie a una prestazione sontuosa, tanto quanto lo è stata quella della Francia, che pure per un misero punto di scarto s’è vista condannata a rinunciare a un sogno cullato per almeno 8 anni, il tempo che è durata la lunghissima marcia d’avvicinamento alla Coppa del Mondo da disputare a casa propria.
Il Sudafrica batte i transalpini a casa loro: 29-28 per mettere in tasca il pass per le semifinali e frantumare il sogno francese.
- La Webb Ellis Cup non torna in Europa
- Springboks e Bomb Squad
- Il rugby champagne senza le bollicine
- La testata involontaria, il respiro dei Boks
- Ramos, nel bene e nel male
- Il Sudafrica alza le braccia al cielo
- Farrell salva l'Inghilterra
- Sul pianeta Fiji c'è stata vita
- Sudafrica-Inghilterra in semifinale
La Webb Ellis Cup non torna in Europa
Quella che doveva essere (nelle intenzioni) la rassegna destinata a riportare in Europa la Webb Ellis Cup, che invece in Europa non tornerà, a meno che gli inglesi (che dopotutto dalla UE sono pure usciti, ironia della sorta) non tirino fuori dal cilindro conigli in serie come se non ci fosse un domani.
Quel domani che la Francia sa di non poter più avere, perché il Sudafrica ha ritrovato la sua anima più pura proprio nella notte in cui i dettagli avrebbero fatto la differenza. E l’hanno fatta per davvero: si pensi all’intercetto di Kolbe sul calcio di Ramos, costato due punti pesantissimi.
Oppure al calcio direttamente in rimessa laterale dello stesso Ramos, a 5’ dalla fine, che ha riconsegnato un ovale sanguinoso ai sudafricani. Oppure, alla felicissima intuizione di Rassie Erasmus di affidarsi ancora una volta all’eterno Handré Pollard, ripescato a tempo di record a fine settembre e portato al mondiale proprio per risolvere partite come queste.
Con due calci da 5 punti totali, decisivi per far piombare una nazione intera nel lutto (sportivamente parlando).
Springboks e Bomb Squad
La Francia ha perso provando a giocare con le sue stesse armi, cioè forzando tremendamente il ritmo di gioco e cercando di non dare punti di riferimento agli Springboks. Che a loro volta hanno scommesso tutto sulla “Bomb Squad”, ovvero sulla proverbiale capacità di giocare l’ultima mezzora di partita con riserve all’altezza (se non addirittura superiori) ai titolari schierati sino a quel momento.
E la Francia nell’ultima parte di gara ha sofferto tremendamente la forza d’urto dei sudafricani, che invero nei primi 5’ avevano avuto la sensazione di essere dentro una centrifuga: Baille dopo 3’ schiacciava in meta il primo ovale (favolosa la maul francese), infiammando gli 80mila di Saint Denis.
Il rugby champagne senza le bollicine
Subito però riportati a più miti consigli dal calcio di Reinard, perfetto per innescare le lunghe leve di Arendse per la nuova parità (7-7, perché i tiratori non sbagliano, incluso Libbok). Un pasticcio difensivo di Woki spiana la strada alla seconda marcatura sudafricana, stavolta a firma di de Allende, che fa calare subito un silenzio irreale su tutto lo stadio.
Perché il rugby champagne contro la praticità e la scaltrezza dei Boks va puntualmente in panne: Mauvaka dopo un paio di minuti rimette le cose a posto (lesto Dupont a giocare una punizione al piede), con Kolbe che però intercetta la conversione di Ramos (che poco prima aveva calciato corto dalla distanza un piazzato da tre punti), pareggiando il precedente errore di Libbok.
La testata involontaria, il respiro dei Boks
Sul 12 pari la sfida è bella ed entusiasmante: Kolbe, una scheggia impazzita, approfitta di un’altra dormita difensiva francese per andare a segnare la terza meta nel giro di un quarto d’ora, cui rimedia di nuovo Baille dopo un’azione prolungata.
Allo scadere una “testata” (involontaria, ma pericolosa) di Etzebeth su Atonio fa fermare il cronometro, il respiro dei Boks (che torneranno a rilasciare ossigeno quando il pericolo “rosso” verrà scongiurato) e consegna a Ramos il calcio con cui spedire sul +3 i transalpini al riposo.
Ramos, nel bene e nel male
La Francia non sfrutta però a dovere la superiorità numerica in apertura di ripresa, anche perché la panchina sudafricana comincia ad andare in ufficio e far capire perché è considerata il vero valore aggiunto a livello internazionale.
Quando Ramos piazza il 25-19, Etzebeth è già rientrato. E con tutta la rabbia che ha in corpo, un quarto d’ora dopo, sfonda il muro dei Blues e firma in mezzo ai pali la quarta meta di serata, che Pollard converte per il nuovo sorpasso sul 26-25.
Avere Handré in squadra è un lusso: anche un tenuto conquistato a centrocampo può diventare oro colato, e il piede del fuoriclasse sudafricano vale il 29-25 con 10’ sul cronometro che mette la Francia spalle al muro.
Il Sudafrica alza le braccia al cielo
Ramos accorcia subito (fallo banale di De Klerk), ma poi la combina grossa, spedendo direttamente in rimessa laterale un pallone grazie al quale i Boks fanno scorrere secondi preziosi, sebbene Kolbe (senza senso) decida di tentare un drop che non va neppure vicino ai pali.
Un altro calcetto affrettato di De Klerk riconsegna l’ovale alla Francia, che per più di due minuti e mezzo oltre l’80’ tenta di risalire il campo, cercando un fallo che non arriva e andando avanti fino alla 15esima fase.
Quando Wardi tenta l’ennesima affondo, la palla gli sfugge dalle mani e il Sudafrica alza le braccia al cielo: non avrà la stessa rilevanza (anche simbolica) del trionfo del 1995, ma questa è un’altra serata di cui si sentirà parlare a lungo negli ambienti sudafricani.
E che ribadisce la maledizione che incombe puntualmente sulle squadre europee, che dominano la scena nei test match ma poi, quando il gioco si fa duro, finiscono puntualmente per andare in crash. E il botto fatto dalla Francia è di quelli belli fragorosi.
Farrell salva l’Inghilterra
Qualcosa di simile aveva rischiato di fare nel pomeriggio l’Inghilterra, che pure di riffa o di raffa un modo per superare le Fiji l’ha trovato. Come?
Naturalmente, sempre piazzando. Owen Farrell (almeno uno in famiglia ha fatto festa, dopo l’eliminazione dell’Irlanda di papà Andy) dimostra quanto conti avere un calciatore affidabile nei momenti dove la posta si fa più pesante: con un drop e un perfetto piazzato tiene gli inglesi a distanza minima ma di sicurezza dai figiani, che nel finale dando sfogo a tutta la loro carica, venendo puniti da un po’ di indisciplina e frenesia, ma anche da qualche decisione oggettivamente rivedibile del direttore di gara che non ne azzecca poi tante, specie nella convulsa azione finale tra fuorigioco non visti, un in avanti di Farrell non punito con un cartellino giallo e tante “letture” che hanno finito per facilitare (e pure tanto) la strada ai britannici.
Sul pianeta Fiji c’è stata vita
Che erano partiti fortissimo, imbrigliando con la loro manovra cinica ma ficcante gli oceanici, ritrovatisi sotto sul 15-3 per via delle mete di Tuilagi e Marchant e con Farrell perfetto dalla piazzola (due conversioni e un calcio di punizione).
E che un po’ ingenuamente con l’uomo in più (giallo per Hobasi) subiscono la meta di Mata, che dimostra che sul pianeta Fiji c’è vita. Ma su quel pianeta c’è anche tanta indisciplina: due punizioni regalate e Farrell non si fa pregare, portando l’Inghilterra sul 21-10 al riposo.
Sudafrica-Inghilterra in semifinale
Nella ripresa un altro piazzato del numero 10 inglese (che un altro ne sbaglia, rarità) portano la nazionale della Rosa a due mete piene di distanza, ma quella di Ravai riaccende le speranze dei figiani, che 5’ dopo pareggiano grazie a Botitu (Kuruvoli le converte entrambe).
Mancano una decina di minuti, e ci vuole ancora una volta tutta la freddezza di Farrell per rimettere l’Inghilterra avanti: prima con un drop di pura astuzia, poi con un piazzato chirurgico dopo l’ennesimo fallo di Fiji.
Che invero avrebbe tanto da lamentarsi per la direzione di gara che puntualmente ne punisce ogni minima sbavatura, quando probabilmente non ce ne sarebbe nemmeno bisogno. Insomma, inglesi avanti con l’aiutino, ma contro il Sudafrica visto contro la Francia, chi potrà salvarli?
L’altra semifinale è tra Nuova Zelanda e Argentina: entrambe le sfide sono sulla carta già scritte e nè il Sudafrica ne gli All Blacks dovrebbero faticare oltremodo per prendersi la finalissima.