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Mondiali Rugby Irlanda-Nuova Zelanda 24-28: impresa All Blacks, mazzata tremenda per il Trifoglio

Nel giorno in cui non c’era possibilità di errore, i neozelandesi estromettono dal mondiale la numero uno del ranking. Anche l'Argentina ribalta il pronostico contro il Galles

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Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

L’emisfero Sud è tornato a dettare legge: Argentina e Nuova Zelanda ribaltano il pronostico e si prendono una semifinale decisamente inattesa, almeno nel caso dei Pumas, che mettono la freccia contro un Galles poco attento e a tratti anche sprecone.

La vera impresa però la mandano a referto gli All Blacks, che nel giorno in cui non c’era possibilità di errore non si fanno pregare, estromettendo dal mondiale la numero uno del ranking. L’Irlanda piomba nel lutto (sportivamente parlando): il 28-24 finale è una mazzata tremenda per i ragazzi di Andy Farrell, ancor più per Johnny Sexton che chiude la sua carriera con il cruccio di aver sbagliato un calcio a metà secondo tempo che avrebbe potuto riscrivere la storia di un incontro bello, tirato e agonisticamente esasperato.

Stavolta la delusione è un macigno sul cuore

Una battaglia dalla quale sono usciti vincitori gli All Blacks, magari meno appariscenti rispetto ad altre versioni, ma sicuramente in grado di alzare il livello del gioco quando più se ne è avvertito il bisogno.

Lasciando alle migliaia di irlandesi che avevano invaso Saint Denis la sensazione di una tremenda incompiuta: quella 2023 era la “squadra del destino”, quella destinata a sfatare una volta per tutte il tabù dei quarti di finale. Che invece per la nona volta su 10 edizioni della Coppa del Mondo hanno chiuso le porte in faccia alla nazionale del Trifoglio. Niente “Zombie” cantata a squarciagola a fine partita: stavolta la delusione è un macigno sul cuore.

I maestri sono tornati

La Nuova Zelanda ha vinto con la forza della resilienza. Ha saputo imprimere un ritmo indiavolato nei primi minuti, con Mo’unga preciso dalla piazzola per il 3-0 iniziale, Jordie Barrett chirurgico dalla lunga distanza e Fainga’anuku che vola in meta per il 13-0 (trasformazione di Mo’unga) che mette subito alle corde gli irlandesi.

La cui reazione passa per i piedi di Sexton prima e poi per la meta di pura potenza di Bundee Aki, che accorciano a tre soli punti la distanza. Savea però riporta oltre il break una Nuova Zelanda che sfrutta ogni minima indecisione della difesa irlandese, che beneficia poi del giallo di Aaron Smith per trovare la meta del 18-17 realizzata da Gibson-Park col quale si chiude un primo tempo scoppiettante e pieno di ribaltoni.

La meta più importante di Will Jordan

Il secondo, se possibile, è ancora più tosto e combattuto del primo: l’Irlanda prova a dare la partita ma basta una minima sbavatura (un placcaggio mancato a metà campo) per consentire a Mo’unga di lanciare Will Jordan verso la meta più importante della sua carriera, trasformata da Jordie Barrett per il 25-17 All Blacks.

Che resta tale dopo l’errore dalla distanza di Sexton, cui fa da contraltare quello altrettanto pesante di Barrett dalla parte opposta.

Resistenza All Blacks

Con 16’ sul cronometro, la meta tecnica realizzata assegnata agli irlandesi dopo il crollo della maul provocato da Codie Taylor (che si becca il giallo) sembra la sliding door di una gara che invece diventa una volta di più simile a una tonnara, con Jordie Barrett che piazza il nuovo allungo dei neozelandesi che sul 28-24, con 10’ da giocare, alzando il muro e difendono su qualunque uomo vestito di verde gli graviti attorno.

È una sfida di nervi, di gambe e di scontri senza respiro: l’Irlanda spinge ma non sfonda, arrivando a un passo dalla metà con Jordie Barrett che compie un piccolo capolavoro salvando una meta già fatta (impedisce a Kelleher di schiacciare l’ovale quando i giocatori irlandesi sono già oltre la linea di meta).

L’urlo in gola dei neozelandesi

Gli uomini di Farrell cercano fino all’ultimo di aprire una breccia nella difesa degli All Blacks che resistono con tutte le loro forze, capaci di sfangarla dopo 35 fasi che lasciano senza fiato gli 80mila di Saint Denis.

Su un “tenuto” conquistato dall’esterno Whitelock l’urlo in gola dei neozelandesi può finalmente essere liberato: una nazionale che pareva destinata a fare la parte del comprimario in un mondiale dove non partiva coi favori del pronostico si ritrova adesso un’autostrada spianata verso la finale.

E lo sguardo perso nel vuoto di Sexton, all’ultimo caps con la maglia della nazionale del Trifoglio, è la cartolina della disperazione di un’Irlanda che inciampa dopo 17 vittorie consecutive (salvo il record di 18 condivido da All Blacks e Inghilterra), aggiungendo un’altra edizione alle 8 in cui aveva visto fermare la propria corsa ai quarti. Le semifinali, insomma, restano un maledetto tabù.

Pumas da rincorsa

Semifinali dove per la terza volta negli ultimi 16 anni arriva l’Argentina, che contro il Galles lascia sfogare i Dragoni nella prima mezz’ora per poi andare a stanarli, ribaltandoli nella ripresa. All’inizio fa tutto Biggar, che spedisce il Galles sul 10-0 prima di sbagliare un comodo piazzato.

Errore che pesa più nella testa che nel punteggio, ma i Pumas nel finale di tempo si svegliano e con due piazzati di Boffelli accorciano sul 10-6. Lo stesso Boffelli mette la freccia in avvio di ripresa (12-10), ma la meta di Williams sembra riconsegnare l’inerzia della gara in mano ai gallesi, che invece sbandano paurosamente negli ultimi 20’, con Sclavi che al 68’ trova la meta del pari (ma Boffelli trasforma la conversione e rimette avanti i Pumas).

La gara si fa nervosa, il TMO ha tanto da lavorare, ma la battaglia è estenuante e a 3’ dalla fine produce l’intercetto di Sanchez che si lancia in campo aperto a firmare la metà della vittoria, prendendosi poi il lusso a tempo scaduto di formare il piazzato dalla distanza che chiude i conti sul 29-17.

Per Gatland è una botta inaspettata, ma meritata. Cheika può invece sognare ad occhi aperti: contro gli All Blacks servirà una miracolo, ma l’Argentina è andata già oltre le più rosee aspettative.

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