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Morte Rebellin, svolta nelle indagini: individuata la targa del tir

Decisive le telecamere di sorveglianza del vicino ristorante e alcune testimonianze: il conducente è accusato di omicidio colposo e omissione di soccorso

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All’indomani della tragica scomparsa di Davide Rebellin, le indagini sulla dinamica dell’incidente costato la vita al popolare ex ciclista veneto, morto all’età di 51 anni dopo essere stato travolto da un camion durante un allenamento, sarebbero già arrivate ad una svolta.

Incidente mortale Rebellin, individuata la targa del tir che l’ha ucciso

Secondo quanto riportato da Oa Sport, infatti, gli inquirenti sono riusciti ad individuare la targa del tir che ha ucciso il due volte vincitore della Freccia Vallone.

Decisive alcune testimonianze, oltre alle immagini provenienti dalle telecamere di sicurezza del ristorante ‘La Padana’, vicinissimo a dove si è consumato il tragico incidente, ovvero la strada Regionale 11 di Montebello Vicentino.

Morte Rebellin, le accuse a carico del conducente del tir

Gli inquirenti hanno così potuto individuare la presenza di un tir rosso con targa tedesca nel parcheggio del locale. Il camion sarebbe poi ripartito quando sono arrivati soccorsi e polizia. L’autista del tir è accusato di omicidio colposo, ma, non essendosi nemmeno fermato dopo aver travolto e ucciso Rebellin, a questa accusa si è aggiunta l’aggravante dell’omissione di soccorso.

Gli inquirenti non ritengono credibile l’ipotesi che l’autista del camion non si sia accorto dell’incidente e della presenza sulla strada del corpo di Rebellin, già ormai privo di vita, come sostenuto anche da Marco Scarponi, fratello di Michele, l’ex corridore tragicamente scomparso in circostanze analoghe nel 2017 mentre si allenava sulle strade di casa a Filottrano.

Ciclismo e morti sulle strade, l’appello di Vincenzo Nibali

La tragica fine di Rebellin, che aveva ufficializzato il proprio addio al ciclismo poche settimane fa, dopo aver concluso la propria carriera nel mese di ottobre con la Veneto Classic, è destinata a riaccendere la polemica sulla sul tema della sicurezza stradale e in particolare sulle ricorrenti morti dei ciclisti, professionisti o amatori, tutti in circostanze tragiche dopo incidenti che potevano e dovevano essere evitati.

“La sicurezza sulle strade è un obiettivo da perseguire a tutti i costi. Bisogna inserire nel Codice della strada la norma della distanza minima di un metro e mezzo per sorpassare un ciclista: sarebbe un passo avanti, anche se poi nella pratica e su certe strade non è facile” sono state le prime parole di Vincenzo Nibali, amico ed ex collega di Rebellin, anch’egli fresco di addio al ciclismo, dopo aver appreso la notizia. “Anche a me, anni fa, – ha aggiunto lo ‘Squalo’ – è capitato di essere ‘stretto’ dal rimorchio di un camion in una curva, durante un allenamento. Mi è andata bene, perché sono stato solo sfiorato, ma quella sensazione di terrore l’ho ancora ben presente.

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