C’era una poltrona vuota dalle parti di Philadelphia, ma c’è già chi ha pensato bene di farla sua, senza troppi fronzoli. Tyrese Maxey è il nuovo secondo violino dei Sixers, e così facendo ha dato ragione a chi sosteneva che James Harden sarebbe stato sempre e comunque solo un problema per Embiid e compagni, non certo l’elemento che avrebbe potuto consentire loro di fare il salto di qualità a lungo invocato.
E mentre Harden sta rapidamente “distruggendo” i sogni dei Clippers (più sotto spieghiamo meglio il concetto), Maxey s’è preso la scena per davvero, trascinando i Sixers nei piani alti dell’affollatissima Eastern Conference. Dimostrando di essere sulla strada buona per diventare un all star, e facendo ricredere chi sosteneva che Phila ormai non sarebbe più stata una squadra degna di essere considerata un contender.
- Maxey sulle orme di Allen Iverson: cinquantello a Indiana
- L'ora della svolta: Maxey ha voglia di alzare l'asticella
- Harden, che flop ai Clippers: 4 ko nelle prime 4 gare
Maxey sulle orme di Allen Iverson: cinquantello a Indiana
Maxey ha scelto un modo molto diretto per conquistare definitivamente la fiducia dei suoi tifosi: l’ha fatto segnando 50 punti nel successo sugli Indiana Pacers, che di per sé non sarebbe una notizia tanto clamorosa (di prestazioni debordanti in questo avvio di stagione se ne vedono tante, complici difese un po’ compiacenti), ma lo diventa pensando al fatto che l’ultima guardia in maglia Sixers a riuscire nell’impresa è stato nientemeno che Allen Iverson, che ne segnò 53 a due giorni da Natale nel 2005 contro gli Hawks. E quando si evoca AI3, a Phila tutti sono piuttosto tendenti alla lacrimuccia.
Cosa più importante, Maxey ne ha firmati 16 nell’ultimo e decisivo quarto, consegnando su un piatto d’argento l’ottava vittoria su 9 partite stagionali, che è anche il miglior record di tutta la lega. Il suo avvio di stagione racconta di medie che vanno da 28.6 punti segnati a partita, con 5.4 rimbalzi e 7.2 assist, ma anche e soprattutto con un +11.1 di plus/minus che ne testimonia l’utilità su entrambi i lati del campo.
Numeri che hanno convinto anche Joel Embiid, il “capo spirituale” dei Sixers, a promuoverlo al rango di giocatore di livello assoluto, tanto da coniare per lui il soprannome di “The Franchise”, la franchigia, riprendendo quello dato a Steve Francis nei primi anni 2000.
L’ora della svolta: Maxey ha voglia di alzare l’asticella
Più uomo franchigia di così, Maxey non potrebbe essere. La sua avventura in NBA sinora è stata tutta un susseguirsi di buoni propositi e di step di crescita. Scelto alla 21 dai Sixers nel draft “autunnale” (causa Covid) del 2020, pescato in uno dei serbatoi più floridi del college basketball (quello di Kentucky, anche sei ai Wildcats Maxey è rimasto solo una stagione), la guardia di origini texane (è nato a Dallas) ha subito saputo convincere Doc Rivers a dargli una possibilità, promuovendolo a pedina funzionale nelle rotazioni a partire già dalla stagione 2020-21.
Anche perché nel frattempo l’incostanza di Ben Simmons e i continui infortuni di Embiid gli hanno permesso di ritagliarsi spazio, tanto che quando arrivò Harden all’inizio del 2022 in molti hanno pensato che per Tyrese fosse giunta l’ora di cambiare aria. Invece proprio la presenza di Harden gli ha permesso di tornare a giocare come guardia, anziché come playmaker, e così facendo la carriera di Maxey è letteralmente decollata.
Anche se la vera svolta sembrerebbe essere arrivata oggi che il Barba ha traslocato a LA, destinazione Clippers. Perché Nick Nurse ha trovato un modo nuovo col quale far giocare una squadra che tiene meno la palla in mano (e ferma) e riesce spesso a trovare un ventaglio di soluzioni che le difese avversarie faticano a decifrare rapidamente. Maxey ne sta beneficiando alla grande: se la palla gira più rapidamente, lui ha dimostrato di trarne molto più giovamento. E se dovesse migliorare anche in difesa (ai play-off la musica cambia…), allora Phila potrà realmente diventare una squadra completa e temibile.
Harden, che flop ai Clippers: 4 ko nelle prime 4 gare
Cosa che faticherà a diventare Los Angeles, versione Clippers. Dove l’arrivo di Harden ha scompaginato equilibri già fragili, finendo per mettere nei guai la franchigia meno cool della contea californiana per eccellenza. Da quando è arrivato il Barba, i conti proprio non tornano: i Clippers hanno perso tutte e 4 le gare giocate con il play ex Sixers e hanno mostrato anche segnali di nervosismo, con Leonard che se l’è presa con Zubac durante un timeout nel terzo quarto (ma nel post partita ha voluto evitare l’argomento).
I Grizzlies, la peggior squadra della NBA, li ha battuti per 105-101 e Harden ha chiuso con soli 11 punti (soprattutto un 1/7 da tre), ma soprattutto con un -28 di plus/minus che denota quanto la situazione sia complessa e intricata, con Tyronn Lue che per il momento non ha saputo cavare un ragno dal buco, crollando in tutte le classifiche di efficienza (i Clippers erano quarti in quella offensiva e quinti in quella difensiva: dopo 4 gare sono rispettivamente al 25esimo e 28esimo posto).
I compagni di squadra per or minimizzano: dicono che c’è bisogno di tempo per imparare a conoscersi, ma anche che devono trovare il modo per “liberare” il genio di quello che negli ultimi anni è stato comunque uno dei migliori assist man della lega. Insomma, sarà solo colpa del Barba? Certo che no, ma forse chi l’ha voluto a tutti i costi adesso si starà chiedendo chi gliel’ha fatto fare.
Mentre a Phila ringraziano, liberatisi di un fardello pesante (anche a livello salariale) e pronti a vivere una nuova fase del “Process”.