Fabio Scozzoli, più di 30 medaglie e altrettanti titoli italiani, sarà ai Settecolli per l’ultima sua esibizione nella rana. Ha deciso di dire stop con l’agonismo e spiega anche il perché: “Il progetto iniziale era quello di arrivare fino all’anno prossimo. Non tanto per velleità olimpiche, ma soprattutto per supportare mia moglie Martina (Carraro, ndr), con cui siamo ottimi compagni in allenamento oltre che nella vita. E poi perché io ho ancora voglia di fare questa vita, che ho sempre fatto con piacere. Però negli ultimi anni il corpo mi ha detto in tutti i modi che avrei dovuto mollare: ho superato il problema ai gomiti facendo una buona stagione nel 2021/22, ma ora questo problema al ginocchio mi costringe a dire basta. Mi sono dovuto operare per garantire una vita normale dopo quella di atleta e sapevo a cosa andavo incontro. Tutti questi problemi mi hanno tolto serenità ed ho dunque preso la decisione definitiva di smettere, che mi ha ridato anche un po’ il sorriso”.
Non abbandonerà però la piscina: “Rimanere in questo mondo è quello che io, come molti, voglio fare, perché sono sempre stato trainato da una grande passione. Per me vivere e lavorare in quest’ambiente è un privilegio: stare sempre a contatto con le emozioni che questo sport sa regalare è una cosa da non dare per scontato. La vita rischia di appiattirsi per un atleta che smette ed è importante saper cercare emozioni e stimoli anche dopo. Voglio rimanere in questo ambiente che mi ha dato tanto e da cui ho imparato tanto. Allo stesso modo vorrei poter trasmettere a chi mi seguirà questi valori. Sono due anni che ho iniziato a fare questo lavoro e mi piace moltissimo: avevo già iniziato guidando un po’ i compagni più giovani, essendo il più esperto del gruppo, diciamo che è un ruolo che mi si è ritagliato dentro. A settembre inizierò a seguire il corso allenatori”.
Aggiunge: “Nell’ultimo anno non sono stato una figura di riferimento come prestazioni in allenamento. Ho nuotato poco, facendo lavori personalizzati, e questo mi ha fatto anche perdere un po’ il gusto di allenarmi. Quindi diciamo che il ruolo da ‘leader’ si è sviluppato più fuori dall’acqua: tanti dei ragazzi vengono da me a chiedere consigli tecnici, soprattutto per quanto riguarda la preparazione atletica. Da quel punto di vista sono sicuramente un punto di riferimento per molti, il mio obiettivo è quello di aiutare gli altri a non dover subire tutti i problemi fisici che ho avuto io”.
Non è quello che si definisce un predestinato, Scozzoli: “Io sono cresciuto molto tardi anche a livello ormonale e forse anche per questo a livello giovanile non ho avuto risultati importanti. Poi in due anni sono cresciuto 24 cm ed al primo anno tra gli juniores ho vinto contro quelli di un anno più grandi di me. Quindi ho deciso di spostarmi ad Imola, dove ho trovato un ambiente estremamente professionale ed all’avanguardia. Da un momento all’altro sono stato dunque catapultato in uno pseudoprofessionismo a 17 anni. Poi c’è anche chi a 17 anni è già atleta di livello mondiale, vedi Martinenghi o Cerasuolo. Io sono cresciuto grazie soprattutto al tantissimo lavoro dedicato alla tecnica di nuotata, anche se ho toccato per la prima volta un bilanciere a 26 anni…”.
Riflessioni sull’International Swimming League: “Parto col dire che se ci fosse stata ancora la ISL la mia scelta sarebbe sicuramente cambiata. Per il resto la vedo molto dura, credo debba cambiare tanto ai livelli più alti. La Fina ha dimostrato ancora una volta di voler esercitare una sorta di monopolio, tagliando le gambe all’unica alternativa. Per tutti gli appassionati, nonostante tutti i difetti che la ISL poteva avere, era un grande spettacolo e sembrava il futuro del nuoto. La gente non ha capito del tutto l’idea che c’era alle spalle ed anche per questo forse è finita male, anche il covid di certo non ha aiutato. Con la guerra in Ucraina, poi il presidente russo è sparito, senza pagare gli stipendi dell’ultima stagione, e con lui è sparita anche l’idea del nuoto moderno”.
Excursus sugli avversari affrontati: “Quando ho iniziato il punto di riferimento era senz’altro Kosuke Kitajima. La sua efficienza natatoria era incredibile e credo sia ancora irraggiungibile per tutti i risultati che ha raggiunto. Poi Cameron van der Burgh è quello che ha un po’ trasformato la rana, applicando per primo frequenza e potenza a livelli straordinari. Da Adam Peaty è arrivata invece un po’ l’ispirazione per la seconda parte della mia carriera. Ho provato a cercare maggiore forza, maggiore potenza, nonostante la mia impostazione fosse un’altra. Loro sono comunque sempre stati dei riferimenti”.
Il dopo carriera da nuotatore e l’ultima fatica in acqua: “Faccio fatica ad immaginare come sarà. Tendo a guardare poco sia avanti che indietro, il che può essere sia un difetto che un pregio. In me sta crescendo grande leggerezza nell’affrontare quest’ultimo periodo di gara nella mia vita. Conosco i miei limiti attuali ed è per questo che ho preso la decisione. Inizialmente non volevo neanche gareggiare per un’ultima volta, ma poi sono stato convinto a fare diversamente. Sono molto curioso di sapere quali saranno le mie sensazioni quando toccherò il muro per l’ultima volta”.