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Orsato, la verità sulla sua "seconda vita": la proposta di Rocchi, la bacchettata all'Aia e il rapporto con il Var

Dopo aver appeso il fischietto al chiodo, l'arbitro di Schio ha parlato del suo futuro all'esterno del terreno di gioco: non sarà né presidente né designatore.

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Pietro De Conciliis

Pietro De Conciliis

Giornalista

Giornalista pubblicista e speaker radiofonico, per Virgilio Sport si occupa di calcio con uno sguardo attento e competente sui campionati di Serie B e Serie C

“Niente poltrone, preferisco insegnare”, parola di Daniele Orsato. L’ex arbitro vicentino, che ha appeso il fischietto al chiodo al termine dell’ultimo Europeo, racconta la sua “seconda vita” alla Gazzetta dello Sport, con uno sguardo al glorioso passato da direttore di gara e strizzando l’occhio ad un futuro che potrebbe vederlo ancora al fianco dell’Aia, ma in una veste diversa da quella del designatore Gianluca Rocchi.

Orsato e le proposte ricevute dopo il ritiro

Dopo aver diretto il quarto di finale di Euro 2024 tra Inghilterra e Svizzera, Daniele Orsato ha definitivamente detto basta, ritirandosi dall’attività agonistica e mettendosi a disposizione degli arbitri del futuro. Questa la sua scelta, la sua vocazione, nonostante le molteplici avances dall’estero a fine carriera: “Ho ricevuto svariate proposte, anche dall’estero: e quella della Russia è diventata quasi un caso. Alla fine ho declinato, quella e tante altre, perché voglio prima di tutto dare qualcosa all’Italia, restare qui. Io ci sono: mi alleno, mi aggiorno, guardo partite su partite, rinfresco l’inglese e sto con la mia famiglia. Lo stacco c’è stato – precisa – ora è tornata la voglia di rendermi utile”.

La proposta di Rocchi e il “no” di Orsato

Dopo aver lavorato spalla a spalla per oltre un decennio, Gianluca Rocchi non poteva non fare una chiamata al suo amico e collega Daniele Orsato, all’alba del ritiro. Il designatore di CAN A e B, però, ha provato a convincere il classe ’75 a proseguire, così da far crescere sotto l’ala del fischietto veneto altri giovani direttori di gara: Rocchi mi ha proposto un altro anno sul campo, è vero, ma ho declinato subito. Avrei tolto partite ai miei colleghi, soprattutto ai più giovani – spiega Orsato -. Nella mia vita arbitrale ho vissuto momenti fantastici. I Mondiali che mi ha dato Collina, gli Europei grazie a Rosetti, le gare di Champions e non dimentico Atalanta-Fiorentina col tributo finale. Non potevo tornare. E poi, l’avevo promesso alla mia mamma, che se n’è andata poco tempo fa. Lei fu la molla per farmi continuare dopo il Mondiale in Qatar e ora la mia volontà è restare in Italia anche per vivere vicino al mio papà”.

Orsato vuole fare altro: trasmettere conoscenze ed esperienze, piuttosto che decidere. Insegnare – puntualizza alla Rosea -. Portare gli attuali arbitri a livelli alti. Spiegare loro, assieme a Rocchi, e chi con noi, come si gestisce un Real Madrid-Manchester City o una gara mondiale. Come la si prepara. Per gli internazionali e per chi lo diventerà. Una sorta di Master, ma istituzionalizzato. L’importante è che vengano scisse la parte politica e la parte tecnica”.

La frecciata all’Aia

Scindere la parte politica da quella tecnica, un concetto che Orsato ribadisce a più riprese nel corso dell’intervista apparsa sull’edizione odierna della Gazzetta. Lui che ha rifiutato una poltrona negli ambienti Aia e non ha intenzione di fare passi indietro: “Sono troppo giovane per fare il presidente… L’importante è che l’Aia la smetta con le frizioni interne e trovi una doppia via dentro di sé: una politica, per la quale avrei il nome giusto (con chiaro riferimento ad Antonio Zappi, si legge), e l’altra che dev’essere tecnica. Contatti con l’Aia? Aspetto, so che bisogna attendere le elezioni. Richiesta di commissariamento dell’Aia? Mai chiesta una cosa del genere a Gravina, ho solo chiesto maggiore protezione per noi arbitri, attaccati continuamente da ogni angolo”.

Orsato e il rapporto con il Var

Essendo stato per distacco il miglior arbitro italiano degli ultimi anni, Daniele Orsato ha avuto modo di dimostrare di saper gestire al meglio la transizione del calcio verso l’epoca Var, che ha sancito l’ingresso della “moviola in campo” e della tecnologia, complice la contemporanea installazione della Goal Line Technology. “Ero dispiaciuto nell’andare al Var perché ce l’avevo con me stesso, – ammette – perché dovevo andare a vedere qualcosa che mi ero perso. Fra l’altro ho avuto spesso il miglior varista al mondo, Irrati, che gli posso dire… Col Var, poi, non si sbaglia più”.

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