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Platini a Catanzaro ricorda: “Mi dissero di non farmi vedere più qui”. Retroscena su Agnelli e il papà

L'ex fuoriclasse, guest star al Magna Grecia Film Festival assieme al padrone di casa Mauro, rivela i miti dell'infanzia e la trattativa con l'Inter

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Fabrizio Piccolo

Fabrizio Piccolo

Giornalista

Nella sua carriera ha seguito numerose manifestazioni sportive e collaborato con agenzie e testate. Esperienza, competenza, conoscenza e memoria storica. Si occupa prevalentemente di calcio

Un re a Catanzaro. La Calabria abbraccia le “Roi” Michel Platini. L’ex fuoriclasse della Juventus è stato l’ospite d’onore al Magna Graecia Film Festival di Catanzaro, manifestazione culturale giunta alla 21esima edizione. Accolto dal patron della kermesse, Gianvito Casadonte, e dal suo ex compagno di squadra alla Juventus Massimo Mauro, a sua volta leggenda del calcio calabrese, Platini ha raccontato episodi ed aneddoti inediti della sua straordinaria carriera.

Il ricordo di Platini su Catanzaro

Intervistato dal giornalista Sky Federico Buffa, Platini parte subito con una battuta ironica «E’ un piacere essere qui, 40 anni fa giocai qui e feci due gol e mi dissero “non farti più vedere”. L’ho fatto lo stesso, anche se 40 anni dopo ed è un piacere», con riferimento ad un Catanzaro – Juventus del 1983, quando segnò la doppietta della rimonta bianconera (2-1).

L’aneddoto sul Pallone d’oro ed Agnelli

Platini apre il baule dei ricordi e rivela un gustoso aneddoto sull’avvocato Agnelli: «Fantastico… Quando ha festeggiato 70 anni sono stato invitato in mezzo a grandi personaggi, ho messo la cravatta nera, ero l’unico. Gli ho fatto un regalo, apre il pacchetto e ha fatto gli occhi così perché gli ho regalato il primo Pallone d’oro che ho vinto. Mi dice: è tutto d’oro? Alla fine prende la parola e parla di quattro persone, la donna che l’ha cresciuto, di suo nonno, di Kissinger poi voglio parlare di Michel Platini… Ricordo cosa ha detto Agnelli: “Abbiamo preso un giocatore di un paese che non capisce niente di calcio e ha imparato a giocare al pallone”.

Nel corso dell’intervista, il tre volte Pallone d’Oro ha condiviso aneddoti che hanno rivelato la genuinità e l’innocenza del calcio di un tempo, soprattutto in Francia. “Quando firmai con il Nancy – racconta – riferii a mio padre che avrei guadagnato circa 300 franchi e lui mi disse: si viene anche pagati per giocare a calcio?”. In Francia, fare il calciatore non era un mestiere, anche le ragazze scappavano al solo pensiero. Da piccolo il Metz mi avrebbe portato in A nel basket, non so perché ero bravo, forse per la coordinazione. A 23-24 anni andai al Saint Etienne, era il momento in cui tutti volevano andare lì in Francia, io però lo feci perché fu impossibile passare all’Inter, e prima dell’Inter sarei potuto passare al Valencia”.

Pelè e Crujiff gli idoli di Platini

Poi la stoccata al calcio moderno: “Nel calcio di oggi c’è qualcosa di eccessivo? Troppe partite in tv – ha spiegato Platini -, se vedi un giocatore ogni tre giorni non hai più voglia di guardarlo. Ora sai sempre tutto, sai come gioca chiunque, non c’è più curiosità. Quando ero piccolo tutti parlavano di Pelè, ma nessuno l’aveva visto veramente giocare. Poi arriva un giorno dell’estate del ’70, lo vedi in televisione al Mondiale in Messico e capisci che ciò che dicevano di lui era tutto vero. Chi mi entusiasmava oltre a lui? Il mio idolo era Cruijff, ma di lui avevo poco, magari la visione di gioco”.

La conversazione tra il giornalista e la leggenda bianconera si è conclusa con il ricordo dell’ultima partita disputata da Platini al Bernabeu e la successiva consegna al campione della Colonna d’Oro, un’opera realizzata dal Maestro Spadafora.

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