Quando un campione dello sport finisce in carcere, per un motivo o per l’altro, l’eco è sempre più ampia. Quello che fino a ieri è stato un eroe diventa un esempio da non imitare: finiscono nel dimenticatoio medaglie, imprese e record. Oggi si invadono anche i social per parlare della sua vicenda, come sta succedendo con l’ex calciatore del Milan Robinho, condannato a nove anni per violenza sessuale ai danni di una ragazza albanese a Milano ma a piede libero in Brasile, o con Oscar Pistorius: l’ex atleta, che aveva commosso tutti con la sua storia e con i suoi arti inferiori sostituiti da protesi in fibra di carbonio, si è visto raddoppiare la pena per l’omicidio della fidanzata Reeva Steenkamp.
Una volta bastavano i giornali e le televisioni. Ai tempi di Carlos Monzon, per esempio. L’argentino, uno dei più grandi pugili di tutti i tempi, nel 1988, a San Valentino (per ironia della sorte proprio come successe a Pistorius), uccise la sua compagna. Lo fece strangolandola e venne condannato a undici anni di prigione. Ne scontò sette, per buona condotta, e nel 1995 trovò la morte in un incidente stradale. Un altro grande del quadrato, Mike Tyson, finì al fresco. Nel 1992 fu accusato di stupro nei confronti di Desiree Washington e condannato a 6 anni di carcere.
Particolarmente intricata la vicenda riguardante OJ Simpson, ex fuoriclasse del Football Americano. Nel giugno del 1994 furono ritrovati i cadaveri della sua ex moglie, Nicole Brown, dalla quale aveva divorziato nel 1992, e dell’amico Ronald Lyle Goldman. Simpson fu accusato dell’omicidio dei due, ma fu assolto nel 1995 al termine di un controverso processo. Fu poi giudicato colpevole delle morti nella causa civile intentata dalle famiglie delle vittime due anni dopo. Successivamente finì in carcere condannato a 33 anni per rapina e sequestro di persona di cui i primi nove senza possibilità di libertà vigilata. E’ uscito di prigione a inizio ottobre ed è in libertà vigilata.
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