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Scanziani: Devo tanto all'Inter ma nessuno mai come Mantovani e Rozzi

L’ex centrocampista di Ascoli, Inter e Samp racconta la sua carriera prima di diventare nonno full time

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Pasquale Guardascione

Pasquale Guardascione

Giornalista

Da 30 anni racconta lo sport e la cronaca per diversi giornali ed emittenti, Per Virgilio Sport è lui che va a scovare i campioni del passato e con le sue interviste li riporta sul terreno di gioco Per Virgilio Sport è lui che va a scovare i campioni del passato, o emigrati all'estero a cercare fortuna e con le sue interviste li riporta sul terreno di gioco

Alessandro Scanziani è stato uno storico capitano della Sampdoria. Ancora oggi a Genova i tifosi blucerchiati lo ricordano con grande affetto. Era una mezzala dotata di estro che ha collezionato oltre cinquecento presenze tra i professionisti con più di ottanta reti all’attivo. Con la Sampdoria ha conquistato una promozione in serie A ma soprattutto il primo trofeo della storia dei blucerchiati: la Coppa Italia nella stagione 1984-1985.

Si ricorda i suoi inizi da calciatore?

“Certo, da bambino giocavo con la squadra del mio paese la Folgore di Verano Brianza. Poi, a 14 anni sono passato nel settore giovanile del Como e successivamente mi diedero in prestito al Meda, era vicino casa tanto che frequentavo le scuole superiori”.

Arriva, quindi, la prima vera esperienza con il Livorno.

“Dove ho trovato Giovan Battista Fabbri come allenatore, il numero uno che ho avuto in tutta la mia carriera. Che ho ritrovato negli anni successivi ad Ascoli. Fabbri mi lasciava libero di interpretare la partita come meglio credevo, cercando di essere più attento alla fase difensiva ma anche d’inserirmi in attacco per fare goal”.

Poi, ritorna a Como.

“Beh, lì sono stato fortunato perché la società inizialmente non mi aveva preso in considerazione. Poi, s’infortunò Guidetti e io giocai sempre quell’anno. In quella squadra c’erano anche Fontolan, Boldini e Tardelli di cui già si vedeva la qualità del grande giocatore oltre che tecnica anche atletica”.

Nella sua carriera però arriva anche il colore nerazzurro dell’Inter.

“Qui ho una bellissima amicizia con Oriali e Marini. Ho giocato assieme a Bordon che, poi, ritroverò qualche anno dopo alla Sampdoria dove si instaurò un rapporto di grande sintonia e amicizia anche tra le nostre famiglie. In quei due anni a Milano feci un po’ di fatica quando giocavamo in casa. Nel primo anno che non ero titolare fisso in 23 presenze realizzai 6 reti. Vincemmo la Coppa Italia che fu anche il mio primo successo. All’Inter ho imparato a vivere da calciatore vero”.

Le faccio un nome: Costantino Rozzi.

“Un presidente particolare, noi il primo anno che giocai ad Ascoli non partimmo bene in campionato. Dopo sei giornate la nostra classifica non era delle migliori. Un giovedì il presidente Rozzi ci radunò tutti in sede, lui arrivò per ultimo. Noi eravamo tutti seduti e ci guarda per alcuni minuti. Poi, ad certo punto indicando me, Boldini, Moro, Trevisanello, Bellotto e altri che non ricordo: diciamo tutti quelli del nord Italia sostanzialmente. Disse: se domenica a Perugia, che l’anno prima era arrivato secondo e aveva preso Paolo Rossi, non si fa risultato voi del nord potete ritornare a casa vostra. Eravamo tutti terrorizzati. Ma questo ci ha trasmesso una carica maggiore, pareggiammo 0-0 la domenica a Perugia e da lì arrivammo quarti in campionato risultando ad oggi il miglior piazzamento in serie A dell’Ascoli”.

Nel 1981 arriva però la Sampdoria.

“Adelio Moro mi disse nell’estate di quell’anno che mi cercava la Samp. Tra me e me dico caspita è in serie B, mi meritavo la serie A per ciò che avevo fatto in quegli anni. Poi, andai a parlare con il presidente Paolo Mantovani il quale mi disse che il loro progetto era quello di vincere lo scudetto in paio d’anni. Io rimasi sbalordito perché la Sampdoria non aveva mai vinto un campionato italiano. Quell’anno venimmo subito promossi in serie A al termine di un campionato molto difficile. Qualche anno dopo Mantovani ebbe ragione. Nella stagione 1984-1985 vincemmo la Coppa Italia che sento più mia rispetto a quella conquistata all’Inter. Ero il capitano della Samp e me la sono goduta di certo un po’ di più. Arrivò quell’anno Roberto Mancini che aveva appena 17 anni. Con lui ho avuto un buon rapporto, era un ragazzo molto serio, sempre disponibile ad ogni allenamento. Mi sembrava un predestinato ma credo che quello l’abbiano visto tutti”

“Negli anni successivi arrivano Vialli e Luca Pellegrini. Insomma ero circondato sei-sette under 21 o under 23 che, poi, sono diventati tutti grandi giocatori. Adagio adagio siamo riusciti a vincere la Coppa Italia e a crescere perché alla spalle c’era un presidente che ci ha dato la possibilità di fare esperienza. Mantovani era una persona eccezionale. Ricordo che l’anno di serie B giocavamo in casa della Sambenedettese e alla fine del primo tempo eravamo sotto di due reti. Poi, nella ripresa riuscimmo a raddrizzare la partita terminando sul 2-2. A fine partita Mantovani scese negli spogliatoi e si complimentò con noi dandoci il premio doppio per la stima che aveva nei nostri confronti. Io credo che nessun presidente abbia fatto una cosa del genere visto che noi dovevamo stravincere quel campionato e la Sambenedettese lottava per salvarsi. Lui era di un’altra categoria, ci stimolava sempre a dare il massimo”.

Le ricordo una data: 3 luglio 1985.

“Il giorno della gara di ritorno di Coppa Italia contro il Milan dove vincemmo per 2-1 e conquistammo la coppa. Noi andammo sul 2-0 grazie alle reti di Mancini e Vialli, mentre, loro accorciarono con Virdis. Eravamo molto motivati per vincere il primo trofeo della storia della Samp. In quella squadra c’era Vierchowood, c’era Souness il quale alla prima di campionato mi disse tu non ti preoccupare di quello che succede perché dietro di te ci sono io e con me non passa nessuno”.

Quale è la partita che ricorda con più piacere?

“Quella con l’Ascoli nella stagione 1979-‘80 dove segnai una doppietta, l’unica della mia carriera, contro la Roma che ci permise di vincere 3-0 ribaltando ogni pronostico. E nello stesso anno quando vincemmo per 3-2 in casa della Juventus con le reti di Anastasi, Bellotto e un’autorete di Cuccureddu. Ma in cima c’è la serata del Ferraris dove vincemmo la Coppa Italia con la Sampdoria”.

Poi intraprende la carriera di allenatore.

“Iniziai ad allenare la Berretti del Como, poi, andai alla Gallaratese dove vinsi il campionato. Una carriera con alti a bassi con le esperienze con il Lumezzane, la Spal, il Modena”.

Infine, oggi cosa fa Alessandro Scanziani?

“Adesso faccio il nonno a tempo pieno, ho nove nipoti. Mi preoccupo di andare a prenderli a scuola e a fargli fare sport”.

Pasquale Guardascione

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