“Archivazione per non aver commesso il fatto”. Questo è l’ultimo capitolo della vicenda giudiziaria che coinvolge Alex Schwazer: il Tribunale di Bolzano, infatti, ha posto fine al processo di primo grado per doping in cui l’ex marciatore era imputato. A dare notizia della pronuncia della giustizia ordinaria è l’agenzia ANSA.
Il giudice ha accolto la richiesta del pm contestandone la tesi di “opacità” da parte di Iaaf e Wada nelle analisi che portarono alla positività e alla squalifica del marciatore, e rilancia dure accuse contro le due associazioni. Il giudice ritiene “accertato con altro grado di credibilità” che i campioni di urina nel 2016 furono alterati per far risultare l’atleta positivo.
Le dichiarazioni di Alex Schwazer dopo la sentenza
Il maratoneta, oro a Pechino 2008, ha confidato le sue emozioni alla Gazzetta dello Sport, in un’intervista:
“È il mio trionfo più grande. Pure dell’oro di Pechino. Lì sapevo cosa mi aspettava, ero allenato per lo sforzo, mentre nei tribunali sono un pesce fuor d’acqua. È stata una traversata nel deserto con i miei angeli, Sandro Donati e gli avvocati. Non mi sembra vero, ma una cosa voglia chiarirla”.
“La vera molla era dimostrare la mia innocenza. Perché ci avevo messo la faccia nel mio ritorno da pulito, dopo aver pagato giustamente nel 2012 le colpe per il doping. Nel 2016 sapevo di essere vittima, in compagnia di Sandro, di una colossale ingiustizia. La gente, però, giudica per quello che legge: c’era una sentenza, diceva il contrario. In pochi hanno avuto voglia e pazienza per studiare il caso, vedere le mille incongruenze, iniziare ad avere dubbi. Ecco, cancellare quella macchia era l’obiettivo: passare il resto della mia vita con un marchio infame sarebbe stato insopportabile”.
Le accuse contro Alex Schwazer
Un giudizio molto atteso sia dal maratoneta sia da Sandro Donati, ma non certo così netto. L’atleta altoatesino fu fermato nel 2016, dopo un controllo a sorpresa a Racines dell’allora Iaaf l’1 gennaio e squalificato per 8 anni dal sistema sportivo con l’accusa di aver fatto uso di testosterone alla vigilia di Rio de Janeiro, a cui Schwazer dovette rinunciare.
Assieme a lui, sempre in prima linea, il suo allenatore: il professor Sandro Donati, personaggio sempre molto schietto e al suo fianco in questa battaglia, l’ennesima per un uomo che ha sempre combattuto la piaga del doping.
La reazione della Wada alla decisione del Tribunale di Bolzano
Dopo quanto reso noto, la decisione di replicare su twitter: la Wada “ha preso atto con grave preoccupazione dei commenti fatti da un giudice del tribunale di Bolzano nella decisione sul caso penale nei confronti del marciatore Schwazer. Il dispositivo della sentenza è lungo e articolato, e necessiterà di essere valutato nella sua completezza, la Wada è inorridita dalle numerose accuse spericolate e prive di fondamento”.
“Nel corso del dibattimento – si legge nel tweet diffuso dall’agenzia mondiale antidoping – Wada ha fornito prove travolgenti corroborate da esperti indipendenti che il giudice ha rigettato in favore di teorie prive di sostanza”. Inoltre “era parte civile in questo procedimento ed era impegnata nel compito di assistere la Corte nella definizione della sua sentenza. L’agenzia resta ferma nelle prove che ha fornito e rigetta nei termini più decisi le critiche diffamatorie contenute nella sentenza. Una volta che tutto il provvedimento sarà stato analizzato, Wada valuterà tutte le opzioni disponibili inclusa l’azione legale che sarà possibile intraprendere“.
Le ripercussioni sulla giustizia sportiva
La decisione della giustizia ordinaria non avrà ripercussioni su quanto già deciso da quella sportiva. La squalifica di otto anni, decisa nell’estate 2016, è e rimane perché non esiste la possibilità di rifare il processo e consentire ad Alex di rientrare.
Schwazer, per tornare all’attività agonistica e gareggiare a Tokyo, dovrebbe avanzare una richiesta di grazia al Cio, e sperare che il comitato olimpico internazionale la accolga, anche alla luce dei contenuti di questa sentenza.
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