Quella dedica in mondovisione, poco dopo aver alzato al cielo il trofeo meno atteso a Flushing Meadows dopo settimane di tensioni, dubbi e polemiche, aveva commosso tutti. Jannik Sinner nel momento della gioia aveva pensato alla zia Margith, alle prese con un brutto male, e con gli occhi lucidi l’aveva citata nel suo discorso da re di New York. L’azzurro ha mantenuto la promessa e al rientro dagli Usa è andato a riabbracciarla.
- La dedica di Sinner alla zia malata
- Il rientro a Sesto Pusteria
- Il saluto alla zia
- Le accuse di Sandro Donati
- Donati chiede cambiamento radicale
La dedica di Sinner alla zia malata
A caldo l’azzurro aveva detto: “Oltre al campo c’è soprattutto la vita e voglio dedicare questo titolo a mia zia perché sta male e non so per quanto tempo l’avrò ancora nella mia vita. È bello poter condividere questo momento con lei. Se c’è un augurio che posso fare a tutti è la salute”.
Il rientro a Sesto Pusteria
Come rivela il Corriere della Sera al rientro dagli Stati Uniti dopo aver vinto il suo secondo Slam Sinner è tornato a casa sua, Sesto Pusteria in Alto Adige, per riabbracciare i genitori, papà Hanspeter e mamma Siglinde, il fratello Mark, ma soprattutto la zia materna, Margith Rauchegger. Atterrato a Malpensa ha preso un volo privato con destinazione Bolzano. Qui è atterrato, all’ora di pranzo, dove ad attenderlo c’era un elicottero che lo ha portato a Dobbiaco. Infine, l’ultimo tragitto in auto.
Il saluto alla zia
Sinner ha salutato la zia e tutti i familiari. Pochi i giorni che Jannik trascorrerà a casa per ricaricare le batterie prima del finale di stagione. Nessun festeggiamento ufficiale in programma a Sesto, fa sapere il sindaco Thomas Summerer. Domenica si riparte, forse farà un saluto ai compagni di Nazionale a Bologna, impegnati in Coppa Davis, e poi destinazione China Open 500 di Pechino dove difenderà il titolo conquistato lo scorso anno.
Le accuse di Sandro Donati
Intanto tiene ancora banco la polemica legata al caso doping, con la Wada che ha preso ancora più tempo per decidere se presentare ricorso. Sul tema, intervistato da Il Giornale, parla Sandro Donati, allenatore di atletica e simbolo della lotta al doping: «Il punto non è Sinner, perché quel valore del Clostebol ha una facilissima trasmissibilità e per me è già una questione chiusa. Quando un direttore di laboratorio mi disse che era giusto procedere in questo modo, io gli risposi che è immorale dare questi tipi di positività. Ma non parlo per Sinner, parlo per tutti. Se una persona mi dà una mano ed è sporca di Clostebol, che responsabilità ho? Quanti atleti con valori bassissimi di questo genere hanno squalificato pur sapendo che si trasmette semplicemente con una stretta di mano? Andiamo a rivedere quante condanne sono state comminate con questo metro di giudizio».
Donati chiede cambiamento radicale
Donati aggiunge: «La Wada fa il giusto. E lo sta facendo con estrema prudenza ma quello a cui bisogna mirare è ad un cambiamento radicale. Il sistema si deve ridare delle regole. Il sistema antidoping si concentra sul singolo atleta, ma il vero problema non è il singolo, ma il sistema. Non è più accettabile che il sistema antidoping sia affidato a un’istituzione sportiva che, in effetti, deve di fatto giudicare sé stessa. Questo non l’ho detto io, ma Jack Robertson, capo ispettore della Wada e Rob Kohler, vicedirettore generale, che nel momento in cui diedero le dimissioni dissero anche che la nuova dirigenza non aveva alcuna volontà di sviluppare una reale lotta al doping. Questo è il punto».