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Spalletti risponde ad Adl e promette: Vinco Europei e Mondiali poi smetto

Il ct della Nazionale si confessa a 360 gradi alla Gazzetta: vietata la playstation e più disciplina, poi rivela un aneddoto legato al Napoli

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Fabrizio Piccolo

Fabrizio Piccolo

Giornalista

Nella sua carriera ha seguito numerose manifestazioni sportive e collaborato con agenzie e testate. Esperienza, competenza, conoscenza e memoria storica. Si occupa prevalentemente di calcio

Sei mesi d’azzurro per capire bene il ruolo di ct, per conoscere meglio i giocatori, per fissare nuovi obiettivi. Luciano Spalletti ha le idee chiare, l’allenatore della Nazionale si confessa alla Gazzetta dello sport e rivela gli ambiziosi obiettivi. Parla di tutto il tecnico di Certaldo, dal suo ex Napoli a De Laurentiis, fino a De Rossi.

Spalletti vuol vincere tutto

Proprio mentre Marotta diceva di aver cambiato Spalletti, sostituendolo con Conte perché serviva mentalità vincente all’Inter, il ct fissa traguardi alti, altissimi. “Io ho bisogno di far venire fuori una Nazionale forte, non mi accontento di nulla. Voglio vincere l’Europeo e poi voglio vincere il Mondiale. Poi possiamo uscire anche subito, ma i discorsi che faccio alla squadra sono quelli che si aspettano tutti gli italiani: noi si va in Germania per vincere, non per partecipare. Lo richiede la nostra storia”.

Spalletti potrebbe lasciare dopo l’avventura in azzurro

“Per riuscirci ho bisogno che questi calciatori diventino meglio di quello che sono. Non ho il tempo di esercitarli: serve qualcosa che gli entri dentro e gli accenda un fuoco, gli faccia sgranare gli occhi, gli dia la convinzione di potercela fare. Smetto dopo la Nazionale? Magari cambierò ruolo, perché avrò difficoltà dopo l’Italia a fare ancora l’allenatore”.

Per avere “un branco di lupi” in campo il ct cambia le regole, richiama i valori di maglia e orgoglio e annuncia: “Da qui in avanti le Playstation le lasciano a casa e non le portano più. Glielo invento io un giochino a cui pensare per distrarsi la notte. Vengono da me e gli do i compiti da fare la sera se non sono bastati quelli di giorno. Perché in Nazionale si sta sul pezzo, concentrati, non si cazzeggia. Ripeto lo slogan degli All Blacks, “Niente teste di ca… qui”».

Non finisce qua, la disciplina sarà la parola d’ordine «I cellulari devo sopportarli, ma non possono essere tenuti sul lettino dei massaggi e durante le cure. Ho parlato di videogiochi perché ci sono state cose che NON mi sono piaciute. Se la modernità è giocare alla Playstation fino alle 4 di mattina quando c’è la partita il giorno dopo, allora questa modernità non va bene. Si viene in Nazionale con gli occhi che ridono e con il cuore che batte e ci si sta come un branco di lupi che vanno in fila indiana per spingere il compagno davanti e non lasciare nessuno indietro”.

Poi un salto nel passato. Il Napoli, la sua ex squadra, che gli è rimasta nel cuore: «Le racconto un episodio che racchiude tutto. Sono andato a vedere Milan-Napoli, ero al bar nella zona Lounge: un bambino tifoso del Napoli a 7-8 metri ha cominciato a fissarmi. Quando il papà gli ha dato il permesso è corso da me e si è attaccato alle gambe: piangeva. L’ho preso in braccio e ancora singhiozzava. Avrei voluto chiedere al papà il numero di telefono. Se sta leggendo o qualcuno lo conosce, vorrei tanto riparlare con quel bambino che mi ha stretto il cuore».

La risposta di Spalletti a De Laurentiis

De Laurentiis l’ha accusato di essere la causa del crollo dei campioni d’Italia. La replica del ct è soft: «Quale dei De Laurentiis ha parlato? Ce ne sono 4-5 in giro e non mi riferisco ai figli… C’è quello grato, quello malinconico, quello rancoroso, quello retroscenista. Gli auguro di centrare il Mondiale per club che garantisce enormi introiti, nel ranking del Napoli c’è anche la mia mano».

Ultimo pensiero per De Rossi che ha detto: sono un figlio di Spalletti… “È stato molto carino e lo ringrazio. L’impressione che mi trasmette in panchina è che oltre ad essere l’allenatore, ha mantenuto vivo il carisma del capitano che è stato, del leader che si spende per la squadra. Questo i suoi calciatori lo percepiscono e glielo stanno restituendo sul campo. In più ha portato alla Roma un cambio di mentalità e di gioco. Non era facile in così poco tempo”

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