Al Times, Mark Cavendish ha parlato così del possibile traguardo al Tour de France di 35 tappe vinte: "Quel primato è importantissimo per le persone, ma per me quello che conta è vincere. Non una sola corsa, ma due, tre, tutte quelle che posso. Il Tour è la gara intorno alla quale ho costruito la mia carriera, ma ormai siamo al punto in cui penso di essere indipendente da quel record e dalla figura di Merckx".
Sulle tante squadre cambiate, Cavendish ha ammesso: "Sono stato in squadre dove mi trattavano come un idolo. Poi capita invece di sentirti isolato, ti accorgi della pressione che c’è su di te e non è una bella cosa. E sono stato anche in squadre dove mi avrebbero preso a calci, metaforicamente parlando, e, allo stesso modo, non è una bella cosa. All’Astana Qazaqstan mi sono sentito invece subito rispettato per quello che ho fatto in carriera e per quello che posso ancora. E, soprattutto, come persona. Con Alexandr Vinokourov non ho dovuto giustificarmi per voler essere ancora un corridore. In più, lui e la squadra sono stati estremamente disponibili con me, in particolare per via del processo in corso in cui io e la mia famiglia abbiamo dovuto testimoniare".
Infine, sul ciclismo attuale Cavendish ha una sua particolare opinione: "Adesso si guarda solo ai numeri e ai dati di potenza, le squadre cercano tutte il nuovo Van Aert. Io sono stato capace di adattarmi nell’arco di 15 anni, ma penso che oggi uno come me non potrebbe passare professionista. Ai miei tempi, vincevi da Under 23 e ti offrivano i contratti; ora guardano al potenziale fisico, non a quello che sei capace di vincere. Il miglior velocista di oggi? Ammiro Jasper Philipsen: non è quello che sprigiona la potenza maggiore, ma è uno che sa pensare da sprinter ai Grandi giri", ha concluso Cavendish.