La cinquina è servita, ma qui si parla ormai di leggenda. Quella che Tadej Pogacar ha voluto riscrivere, ponendo una volta di più l’accento su una stagione che definire memorabile è poco. Anche se finisse oggi, il 2024 dello sloveno sarebbe unico come nessun altro: 26 anni dopo Marco Pantani, un corridore torna a completare la favolosa doppietta Giro-Tour nella medesima stagione, ma è il modo col quale ma manda a referto a lasciare estasiati e ammirati. E nell’ultima tappa alpina della grand boucle il finale è simile a tante delle precedenti: progressione, rimonta e braccia alzate. Con tanto di inchino, più a se stesso che al mondo degli umani.
Pogacar in versione Cannibale
Pogacar ancora una volta s’é mostrato cannibale, come lo era Eddy Merckx, come nessuno lo è stato negli ultimi decenni nel mondo del ciclismo. E forse si attirerà pure qualche critica, pensando al fatto che già nei giorni scorsi c’era chi aveva storto il naso per alcune vittorie “forzate” che non erano piaciute proprio a tutti. Ma farsi nemici quando si è così forti è forse una necessità alla quale nessuno può sfuggire: con Jonas Vingegaard è rimasto fino -700 dal traguardo, quando però l’inevitabile è successo, perché l’ennesimo scatto dello sloveno ha piantato in asso il vincitore delle scorse due edizioni del Tour. Che pure il suo Tour lo ha vinto anche quest’anno: tre mesi e mezzo fa ha rischiato di morire su una curva segnalata male al Giro dei Paesi Baschi, domani potrà comunque difendersi abbastanza agevolmente da Evenepoel nella crono conclusiva di Nizza e chiudere al secondo posto, avendo guadagnato quasi un minuto nell’ascesa conclusiva. Per come si erano messe le cose, un miracolo sportivo (e anche di più).
Sul Couillole la numero 5
Sul Col de la Couillole, a onor del vero, Pogacar s’è mostrato fin troppo cattivo. Non ha mai dato il cambio a Vingegaard, poi lo ha bruciato senza pietà. Per qualcuno è stata l’ennesima “vendetta” dopo la batosta subita lo scorso anno. La loro rivalità è avvincente perché tra i due non è mai corso buon sangue (ed è strano, perché Pogi solitamente va d’accordo con tutti), quindi nel 2025 il prossimo capitolo al Tour potrebbe rivelarsi oltremodo scoppiettante. L’ultima tappa in linea ha vissuto invece sulla solita fuga da lontano, utile soprattutto a Carapaz per accaparrarsi i punti necessari per conquistare la classifica della maglia a pois. Poi però sulla salita finale la miccia l’ha accesa Jonas Vingegaard, dopo che Evenepoel aveva provato a uscire dal gruppo sfruttando il lavoro fatto per lui da Landa. A quel punto il danese ha portato via Pogacar, che gli è rimasto sempre a ruota, andando a riprendere Carapaz e Mas, gli ultimi fuggitivi della prima ora rimasti al vento. Mancavano 1300 metri quando la coppia Vingo-Pogi li ha agganciato, e a quel punto è stato uno show dello sloveno che ha lanciato la volata lunga e ha chiuso definitivamente i conti. Distacchi abissali in classifica generale: Vingegaard a 5’15, Evenepoel oltre gli 8’, il compagno di squadra di Tadej, il portoghese Joao Almeida, oltre i 16’.
Ciccone in top 10
A far festa sono più o meno tutti in casa UAE, ma in qualche modo anche Giulio Ciccone può abbozzare un sorriso: non ha tenuto le ruote dei migliori, come accaduto durante tutta la corsa in terra francese, ma ha salvato la top ten auspicando domani di potersi difendere ancora a cronometro, non proprio il suo terreno di caccia preferito, con Buitrago attardato di appena 22 secondi. Ma domani sarà soprattutto la giornata consacrata al talento sconfinato di Tadej Pogacar: c’è già chi lo vuole alla Vuelta tra un mese, intenzionato a tentare la clamorosa tripletta nell’arco di una stagione. Non andrà in Spagna, lo sloveno, ma di sicuro se l’avesse voluto fare avrebbe potuto riscrivere la storia come nessun altro ha mai saputo fare. E chissà se mai ce ne sarà in futuro uno così.