L’esonero di Davide Mazzanti da Ct dell’Italvolley è un passaggio non ancora formalizzato ma già deciso: la verità è che nessuno ha nemmeno la certezza di dire che, in caso di un Preolimpico diverso, chiuso con la vittoria delle Azzurre, le sorti del commissario tecnico sarebbero cambiate.
Troppi i malumori, le polemiche, le intrusioni, le curve che hanno ostacolato un percorso lineare. Eppure, quella che si sta per mettere in archivio, probabilmente non resterà una pagina d’onore per nessuno.
- Non ne esce bene nessuno
- Anche Egonu chiamata a una svolta
- Ci sono possibilità che Mazzanti resti Ct?
- Le idee e gli errori di Mazzanti
- Le responsabilità della Fipav
- Quando il gruppo non era più nelle sue mani
- Chirichella, Bosetti e De Gennaro
- I problemi veri: di natura tecnica
- Kate è il futuro ma non è bastata
- La scelta di Egonu primo cambio
- Il vero azzardo di Mazzanti
- Il ringiovanimento del roster
- Chiederanno a Velasco di inventarsi qualcosa
Non ne esce bene nessuno
L’avventura è al capolinea, il “mal comune mezzo gaudio” però non rende davvero giustizia ad alcuna delle componenti chiamate in causa.
Non a Davide Mazzanti, che tra poche ore non sarà più il commissario tecnico della nazionale femminile di pallavolo. E nemmeno alla FIPAV, che ha indugiato e cercato di barcamenarsi in una situazione che alla lunga è divenuta scomoda e persino indigesta, costretta ora a cercare una soluzione in fretta e furia per ovviare a un problema che si era capito da un pezzo, ma che nessuno ha voluto mai davvero prendere per i capelli.
Anche Egonu chiamata a una svolta
A dirla proprio tutta, nemmeno ad alcune tra le stesse protagoniste, dirette o indirette, della vicenda. Paola Egonu, certo, anche lei: un talento che il mondo della pallavolo italiana può mettere in vetrina come un vanto totale ma che, per un motivo o per un altro, con la nazionale ha attraversato vicissitudini che ne hanno – agli occhi di appassionati e addetti ai lavori – reso divisivo il giudizio: c’è chi la apprezza notevolmente e chi ne critica le scelte.
Deve ricostruire anche Paoletta, in qualche modo, e uscirne fuori in una maniera diversa che non sia quella dell’altalena: la maglia Azzurra sì, la maglia Azzurra no. Deve anche lei trovare il modo per gridare ai quattro venti che la maglia Azzurra: sempre, a prescindere e nonostante tutto.
Ci sono possibilità che Mazzanti resti Ct?
Adesso però che anche il campo ha definitivamente voltato le spalle al commissario tecnico, con la mancata qualificazione diretta a Parigi 2024 che grida vendetta (si poteva anche passare sopra al mancato podio europeo, ma l’ultima debacle ha finito per condannare definitivamente il capo allenatore), la rivoluzione non potrà più attendere.
Ci sono chance che Mazzanti possa restare dov’è? Nessuna. Non c’è modo di ricucire strappi che hanno fatto in tempo a diventare voragini. Costerebbe fatica col rischio che vada completamente sprecata.
Le idee e gli errori di Mazzanti
Semmai resta l’attesa – quella sì – di un comunicato che non dovrebbe tardare molto ad arrivare (il Consiglio Federale è in programma a inizio ottobre) ed è in questo stand by, a freddo, che diventa più agevole cercare di capire meglio dove sono cominciati gli errori di Mazzanti, e dove (perché) sono naufragate le sue idee.
Un commissario tecnico ha tutto il diritto di poter operare le scelte che ritiene più opportune.
Le responsabilità della Fipav
Se la FIPAV è concorde con la linea del coach, allora è inutile domandarsi il motivo per il quale il tecnico di Marotta abbia deciso di percorrere una determinata direzione anziché affidarsi a un refrain già visto.
La scelta di modificare sostanzialmente il roster col quale affrontare l’Europeo, e quindi preparare il terreno per la spedizione ai giochi olimpici del prossimo anno, è figlia delle incomprensioni e delle tensioni nate e mai sopite nel corso del mondiale dell’anno passato, che ha visto l’Italia fermarsi in semifinale contro il Brasile prima di arpionare il bronzo contro gli Stati Uniti.
Partita, quella, passata alla storia più per lo sfogo di Paolo Egonu dopo l’ultimo pallone messo a terra che non per l’ottima prestazione di squadra.
Quando il gruppo non era più nelle sue mani
A posteriori, Mazzanti ha spiegato come al termine di quell’avventura iridata comprese perfettamente di non avere più il gruppo saldo tra le mani, optando così per un radicale cambio di direzione.
Tralasciando il discorso Egonu, che un anno fa si tirò fuori dalla nazionale, salvo decidere di rientrarci a estate inoltrata (dopo una mediazione federazione-allenatore?), almeno tre protagoniste del ciclo azzurro post Covid sono state messe alla porta, evidentemente perché considerate parte integrante della fronda anti commissario tecnico.
Chirichella, Bosetti e De Gennaro
Se Cristina Chirichella ha pagato il conto di una stagione deludente disputata a Novara, Caterina Bosetti e Monica De Gennaro hanno vissuto l’esclusione alla stregua di un’epurazione.
Detto che un Ct ha tutta la facoltà di scegliere chi allenare, è difficile immaginare che certe decisioni le abbia prese da solo, senza cioè consultare prima i vertici federali.
Mazzanti s’è preso un bel rischio e il campo, quel rischio, non l’ha accolto. Non gli si potrà mai rinfacciare di non avere avuto un progetto, un’idea, un obiettivo. Li aveva – li ha – tutti e tre.
I problemi veri: di natura tecnica
È però successo che strada facendo sono venuti a galla problemi che, sebbene già presenti in precedenza, si sono amplificati. E sono problematiche più di natura tecnica che caratteriale.
Magari il gruppo che è andato a Eurovolley e che poi ha disputato il preolimpico a Lodz ha dimostrato di essere compatto e allineato, ma l’assenza di certi calibri sul parquet alla lunga s’è sentita.
Kate è il futuro ma non è bastata
E non è bastato l’inserimento di Ekaterina Antropova per colmare certe lacune. La giovane opposto ha dimostrato di meritare fiducia e considerazione, anche perché dalla sua ha la gioventù dei 20 anni e un avvenire luminoso.
Essersi ritrovata davanti a Egonu nelle gerarchie, magari, le avrà fatto uno strano effetto all’inizio, ma non ha alcuna responsabilità nemmeno per quei momenti topici (vedi semifinale con la Turchia o la finalina con l’Olanda) in cui è un po’ mancata, costringendo il Ct a guardare Paola e dirle di entrare.
La scelta di Egonu primo cambio
Nelle intenzioni di Mazzanti, avere Egonu come primo cambio poteva anche rappresentare un valore aggiunto enorme sulla concorrenza (chi può vantare un simile asso in uscita dalla panchina?).
E allora perché l’Italia s’è sciolta quando s’è ritrovata ad affrontare le partite più difficili? Perché i problemi, strano ma vero, sono arrivati soprattutto negli altri ruoli.
Il vero azzardo di Mazzanti
Scegliere di sostituire Bosetti e De Gennaro con elementi giovani come Degradi e Fersino: eccolo, con ogni probabilità, il vero azzardo. Perché quando il livello delle rivali si è alzato, la loro esperienza avrebbe rappresentato un valido sostegno – finanche una guida – per le compagne più giovani.
È qui che il giocattolo s’è rotto: passi la scelta di estromettere Ofelia Malinov per affidarsi in regia ad Alessia Orro (che peraltro al Preolimpico non c’era, obbligando Francesca Bosio a un compito forse eccessivo per i suoi standard attuali), ma rinunciare a giocatrici navigate e di indubbio spessore ha finito per togliere risorse troppo importanti a livello tecnico.
Il ringiovanimento del roster
Sacrificate, tutte (ci atteniamo alle questioni del campo e cerchiamo di bypassare il gossip sportivo), sull’altare di un ringiovanimento del roster che si sarebbe potuto anche posticipare al 2025, puntando a Parigi 2024 con l’obiettivo di chiudere il cerchio e cancellare l’onta della deludente spedizione di Tokyo.
Invece Mazzanti ha preferito anticipare il cambio generazionale, ritrovandosi però coinvolto in una serie di malintesi e situazioni convergenti che hanno finito per renderlo ancor meno saldo sulla panchina azzurra di quanto non lo fosse stato un anno fa, quando pure l’ammissione di non controllare il gruppo non suscito perplessità in chi avrebbe dovuto averne.
Chiederanno a Velasco di inventarsi qualcosa
E la federazione, che in qualche modo ha avallato (giustamente, sennò che ce lo teneva a fare?) le scelte dell’allenatore, limitandosi a cercare di “gestire” la scomoda posizione di Egonu, ha finito per commettere l’errore di non prevenire il fallimento.
Adesso dovrà metterci una pezza: chiederà a Velasco di inventarsi qualcosa, ma non sarà la stessa cosa. Perché i tempi d’azione sono stretti, i margini di difficoltà elevati e la percezione è che il lavoro del traghettatore – sebbene quel traghettatore risponda a una garanzia granitica come Julio Velasco – debba in ogni caso cominciare dalla ricostruzione di un gruppo a suon di scelte che – in un senso o in un altro – faranno nuovamente discutere.
Resta in ogni caso un dato di fatto: il potenziale di quest’Italvolley unita ha margini inesplorati e forse inimmaginabili. In fondo nessuno sa che Italia sarebbe se fosse la migliore Italia possibile.
In collaborazione con Roberto Barbacci