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Wimbledon Sinner-Djokovic in semifinale: per Jannik è giunta l'ora di diventare grande

L'altoatesino sfata il tabù dei quarti e centra il traguardo storico. Djokovic è quello “condannato” a vincere, più per la storia che per se stesso. Jannik dovrà cercare solo di fare il suo gioco

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Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

Jannik Sinner adesso lo sa. Ci sono barriere all’apparenza insormontabili, che sono prima nella testa che nelle braccia o nelle gambe di un singolo atleta. Poi ci sono giornate in cui anche gli ostacoli più duri di colpo diventano facili, lasciando scoprire un orizzonte bello come solo nei sogni lo si era immaginato.

L’altoatesino, un conto in sospeso con gli slam, sapeva di averlo: assurdo che lo scoglio più duro dovesse far rima sempre con “quarto di finale”, la barriera oltre la quale non era mai riuscito a spingersi oltre.

La pace con se stesso, ora Nole

Safiullin però rappresentava il grimaldello perfetto per fare pace con se stesso, oltre che col passato: pronostico rispettato, semifinale conquistata, propositi di rivincita nei confronti di quel Nole Djokovic che un anno fa era sembrato sul punto di cedere, salvo poi ricordarsi appena in tempo di essere per davvero il numero uno al mondo.

Trono oggi occupato da Alcaraz, il favorito d’obbligo nella parte alta del tabellone. Ma gli italiani avranno occhi almeno fino a venerdì soltanto per quella sotto. E non sarà necessariamente un male.

Sinner ha vinto le sue paure, ha superato un’altra volta un momento di evidente difficoltà (quel secondo set è sembrato maledetto, con il russo bravo a fare incetta di game), ha dimostrato però di avere una tempra invidiabile se commisurata alla giovane età di cui dispone.

La schiettezza di un ragazzo acqua e sapone

E ha ribadito in mondovisione, con la schiettezza di un ragazzo acqua e sapone (e lentiggini rosse: il quadro è pressoché perfetto), che dietro a un risultato come quello ottenuto a Wimbledon si celano tante ore di lavoro e tanti, tantissimi sacrifici.

Nulla avviene per caso

sentenzia Jannik, al solito disincantato con quei due occhi che sembrano persi nel vuoto, ma che guardano già oltre il giardino.

Venerdì sarà speciale, perché giocherò quella che a conti fatti è tra le partite più importanti che ho avuto mai la fortuna di affrontare in tutta la mia carriera. Dovrò farlo con gioia, pensando positivo e godendomi ogni singolo momento. E cercando di riposare bene nei due giorni che precederanno l’incontro.

Del resto giocare contro Djokovic richiede un supplemento di energie senza le quali pensare di avere chance reali di farcela è praticamente proibito. Ma anche Nole sa che contro questo Sinner non servirà il solito compitino.

Gli specialisti dei break

C’ha sbattuto la faccia lo scorso anno, spaventato a morte sulla via che conduceva al settimo titolo al Championship dai due set di vantaggio che l’altoatesino non è poi riuscito a convertire nella vittoria più agognata di sempre.

Il serbo cammin facendo ha preso vigore, sebbene sia contro Hurkacz che contro Rublev abbia lasciato un set per strada. Ma quando ha preso a giocare come sa fare non ha lasciato scampo al rivale di giornata, benché le percentuali di punti conquistati sul proprio servizio non siano così entusiasmanti come i numeri nudi e crudi dei parziali farebbero credere.

Il punto di forza di Jannik

Sinner però nel corso del torneo è andato a sua volta in calando al servizio (contro Safiullin ha servito appena il 55% di prime, seppur portando a casa il 90% dei punti disponibili), al netto dei 14 ace mandati a referto contro il russo.

Dalla sua Jannik ha dimostrato di riuscire ad essere assai efficace nei turni di battuta altrui, arrivando a collezionare ben 66 palle break nelle cinque gare disputate, utili per produrre 26 break (ne ha convertite il 40%: Djokovic ha conquistato 16 break su 45 opportunità avute, quindi il 35% del totale). Punti deboli, insomma, sanno di averne entrambi. E mai come stavolta il pronostico sembra incerto.

L’ora di diventare grande

Djokovic, battendo Rublev, ha conquistato la 33esima vittoria consecutiva a Wimbledon (alla 101esima partita disputata). Con Federer ormai spettatore e Nadal che pensa solo a come salutare il circuito nel 2024, magari con un ultimo portentoso giro di giostra sul rosso, Nole rimane l’ultimo baluardo dei Fab 4 che furono (Murray è ormai uno sbiadito ricordo di ciò che fu).

Sinner è invece il perfetto Robin di Batman Alcaraz: la Next Gen, quella vera, sono loro, e venerdì con una vittoria otterrebbe una sorta di investitura definitiva, utile anche per puntare a migliorare l’attuale best ranking alla numero 8.

Se nelle ultime tre gare l’altoatesino ha avuto praticamente tutto da perdere, venerdì non sentirà la medesima pressione addosso: è Djokovic quello “condannato” a vincere, più per la storia che per se stesso.

Jannik dovrà cercare solo di fare il proprio gioco, ben conscio del fatto che chi troverà dall’altra parte della rete ne avrà un po’ di timore, e certamente tanto rispetto. L’Italia del tennis può legittimamente pensare che qualcosa di meraviglioso possa scaturire da quell’erba sempre verde: se c’è un momento per diventare grande, Sinner non potrebbe sceglierne uno migliore.

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