Nell’elenco degli arbitri della serie A non leggeremo più “arbitra Irrati di Pistoia”. Il fischietto toscano ha lasciato definitivamente l’arbitraggio in campo per stabilirsi permanentemente in sala Var. Una decisione spontanea, nata dopo le prime partite dopo l’utilizzo della novità tecnologica. Di questo e di altro parla Irrati in un’intervista a La Repubblica.
- Irrati lascia l'arbitraggio per il Var
- Irrati spiega cosa cambia tra campo e Var
- Irrati spiega come il Var deve trasmettere tranquillità all’arbitro
- Irrati critico sulla diffusione degli audio del Var
- Irrati e il rapporto con gli allenatori
Irrati lascia l’arbitraggio per il Var
In futuro ci saranno sempre più specialisti del Var, non necessariamente arbitri prestati alla moviola ma varisti formati per l’occasione. Irrati, come Di Paolo, è già uno di questi e spiega perchè ha lasciato l’arbitraggio a La Repubblica: «Arbitrare con gli auricolari fu un trauma. Mi destabilizzò al punto che all’esordio, nell’intervallo, chiesi ai guardalinee: se riuscite, non mi parlate, sennò non capisco nulla, lasciare è stata spontanea, senza che nessuno me lo chiedesse».
Irrati spiega cosa cambia tra campo e Var
Irrati prosegue: «E’ un’attività talmente specializzata che serve farlo per il 100% del tempo. In campo serve avere un impatto anche irruento con i calciatori, in cabina no. Un Var deve essere stato arbitro di alto livello, o almeno della stessa categoria in cui va a operare. Ma anche Uefa e Fifa hanno preso questa strada: quando diventi élite fai solo una delle due».
Fare entrambe le cose è rischioso: «L’ho provato sulla mia pelle: quando sei arbitro pensi sempre a quello, ti alleni per quello, ma poi se vai a fare il Var puoi essere focalizzato anche sull’aspetto arbitrale: non dico giustifichi la decisione presa sul campo ma rischi di solidarizzare con lui e anche se la decisione può essere sbagliata dici “so cosa si prova, non voglio rovinargli la giornata”. Non serve assolutamente questo, serve tecnica arbitrale e una distanza che il terreno di gioco non ti dà, perché è passione, coinvolgimento emotivo. Componenti che il Var deve il più possibile eliminare».
Irrati spiega come il Var deve trasmettere tranquillità all’arbitro
«La tranquillità deve essere trasmessa all’arbitro, perché se l’arbitro sente un Var agitato, si chiede: sarà in grado di valutare serenamente? Ma vi assicuro che nella cabina non sei tranquillo, l’adrenalina è alta lì dentro: l’arbitro ha come paracadute il Var. Il Var non ha nessun paracadute».
Irrati critico sulla diffusione degli audio del Var
Il designatore Rocchi vuole rendere sempre pubblici i dialoghi arbitro-Var: «Spero non si prenda sempre solo l’audio della cosa che crea discussione. Avete sentito l’audio famoso di Juve-Bologna? Ecco, quel giorno ne abbiamo fatti sentire tre e si è parlato solo di quello. Ma forse se fa notizia solo l’errore, vuol dire che la normalità è che facciamo le cose bene sempre. Un Var non ha tanto tempo: se un arbitro ha un secondo, noi ne abbiamo dieci».
Irrati e il rapporto con gli allenatori
Infine si parla del rapporto con gli allenatori: «A me interessa molto il loro punto di vista. A volte un movimento di un braccio a noi sembra naturale, loro ti spiegano: “Guarda che non lo è assolutamente”. Se su venti allenatori tutti ti dicono che un fallo non è rigore, vuol dire che non lo è. Noi valutiamo il fallo con il regolamento, ma ti devi adeguare».