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Astori, la nuova perizia segna la svolta nell'indagine

Il difensore della Fiorentina aveva una patologia cardiaca.

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Astori, la nuova perizia segna la svolta nell'indagine Fonte: 123RF

L’esito della nuova perizia su Davide Astori segna la svolta dell’indagine sulla morte del capitano della Fiorentina in una camera d’albero ad Udine lo scorso 4 marzo.

Secondo quanto apprende l’Ansa, dalla relazione del medico legale è emersa una patologia cardiaca mai scoperta, un disturbo al cuore che nessun esame aveva rivelato in precedenza. Gi inquirenti sono ora al lavoro per capire se la patologia poteva essere diagnosticata in anticipo e se il calciatore viola si sarebbe potuto salvare.

“È una perizia ponderosa – aveva affermato il procuratore capo di Udine Antonio De Nicolo qualche giorno fa – Non appena il lavoro sarà terminato, si deciderà se proseguire con gli accertamenti, oppure chiedere l’archiviazione del procedimento, che continua a essere a carico di ignoti”.

Alcuni giorni fa il Corriere della Sera aveva anticipato la relazione dei professori Carlo Moreschi e Gaetano Thiene: si parla di tachiaritmia, un’accelerazione improvvisa dei battiti, che avrebbe portato alla morte del ragazzo. Esattamente il contrario delle ipotesi iniziali di bradiaritmia, cioè quando il cuore rallenta il battito fino a fermarsi definitivamente.

Astori non morì dunque nel sonno e, se avesse deciso di dormire in camera con un compagno di squadra, forse avrebbe potuto salvarsi perché sarebbe stato lanciato l’allarme. Il giocatore non aveva mai manifestato nessun episodio simile, e sarebbe dunque uno sfortunato e tragico primo e ultimo sintomo della malattia.

“Credo di poter ammettere che sia stata la stagione più difficile ma più incredibile della mia breve carriera, mai ho vissuto emozioni simili, mai ho constatato una crescita personale tale”, ha scritto Riccardo Saponara su Twitter alcune settimane fa, ricordando l’amico scomparso.

“La tragedia ci ha privato di un amico, un condottiero, un punto di riferimento, una guida. Al tempo stesso ci ha insegnato a non avere paura: di soffrire, di piangere, di palesare insicurezze e paure, di condividere le nostre emozioni senza filtri, di credere che essere uomini non significa essere invincibili supereroi. Tutto ciò ci ha cresciuto, ci ha fortificato, ci ha unito. Andiamo a casa senza traguardi, ma con la fierezza e l’orgoglio di aver lottato, come una squadra vera, fino alla fine per un ideale, per un obiettivo comune, per qualcosa di superiore, mettendo in un angolo egoismi o glorificazioni personali. Citando una frase letta ultimamente: ‘Le storie che rimangono dentro non sono quelle dal lieto finale, ma quelle che fanno emozionare’. Ancora una volta hai saputo regalarci un grande insegnamento. Grazie di tutto, Davide”.

SPORTAL.IT

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