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Aurelio Andreazzoli - L'arte di andare oltre "una finta"

Pressing, giro palla e 4-3-1-2

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Aurelio Andreazzoli - L'arte di andare oltre "una finta"

Quello di Aurelio Andreazzoli, per i calciofili, è un nome che si lega non solo al passato recente di squadre come Empoli e Genoa, ma anche a una spericolata quanto spettacolare finta eseguita da Rodrigo Taddei quasi 17 anni fa. Allora collaboratore tecnico della Roma, si dice che convinse il giocatore brasiliano a tentarla in partita. Lui, per tutta risposta, dopo averla messa in pratica contro l’Olympiakos in Champions League, la battezzò “l’Aurelio“, in onore del mister. Da quel momento, l’episodio lo ha accompagnato per tutta la sua carriera, fin’anche a diventare fastidioso. A distanza di anni, infatti, all’ennesima domanda in merito durante una conferenza stampa, il buon mister toscano, classe ’53, ha sbottato affermando: “Nel calcio certe volte si viene ricordati più per le stupidaggini che per le cose serie”. E Andreazzoli ci ha davvero provato a farsi ricordare per le cose serie.

La scalata comincia dai dilettanti

Con un passato nelle giovanili del Genoa e tra le fila delle formazioni dilettanti del Sessana e del Pescia, a cavallo tra gli anni ’70 e ’80, la prima esperienza da allenatore di Andreazzoli risale al 1985, sulla panchina dell’Orrione, in Seconda Divisione. Nel 1986 passa alla guida dell’Ortonovo, guadagnando in tre anni un doppio salto di categoria, arrivando fino alla Promozione.
Tra il 1990 e il 1992 guida Pietrasanta e Castelnuovo, esordendo in Eccellenza. Nel biennio ’92-’94 allena la primavera della Lucchese, per poi essere ingaggiato dalla Massese, in Serie C1. E’ il primo passo di Andreazzoli nel calcio professionistico. Siede sulla panchina dei Bianconeri per due stagioni: nella prima raggiunge la salvezza tramite i play-out, mentre nella seconda viene esonerato, salvo poi essere richiamato in extremis. Dopo due anni come tecnico degli Allievi Nazionali della Fiorentina, passa al Tempio in C2, ottenendo la salvezza ai play-out. Tra il 2001 e il 2003 allena Grosseto e Alessandria, ottenendo però solo due esoneri.

Il sodalizio con Spalletti e gli anni a Udine e Roma

Nel 2003 viene scelto da Luciano Spalletti, neo tecnico dell’Udinese, come collaboratore tecnico. I due erano stato compagni di stanza e di studi al corso per allenatori di Coverciano. Resta a Udine per due stagioni, per poi seguire Spalletti alla Roma nel 2005. Il legame con la società giallorossa è senza troppi dubbi il più duraturo per Andreazzoli: il mister toscano rimane nella capitale ben 10 anni, fungendo da collaboratore tecnico, oltre che per il coach di Certaldo, per Zeman, Luis Enrique, Rudy Garcia e nuovamente Spalletti nella seconda avventura in giallorosso. Proprio durante il primo a Roma nasce il “mito” de “L’Aurelio”. Nel 2013, all’indomani dell’esonero di Zeman, Andreazzoli prende in prima persona le redini della squadra, guidandola al sesto posto in classifica, ma perdendo la finale di Coppa Italia nel derby con la Lazio. Sotto la sua gestione, la Roma passa dallo spregiudicato 4-3-3 zemaniano a un più prudente 4-2-3-1, con Francesco Totti rifinitore della manovra.

Da Empoli…a Empoli

Risolto il contratto che lo legava al club capitolino, a dicembre 2017 Aurelio Andreazzoli firma con l’Empoli in Serie B. Subentrato all’uscente Vincenzo Vivarini, svolta la stagione degli Azzurri: stravolge il modulo fisso della squadra, passando dal 3-5-2 al 4-3-1-2, e la porta a inanellare un’impressionante serie di 19 risultati utili consecutivi (14 vittorie e 5 pareggi). L’Empoli guadagna così non solo la promozione diretta in Serie A, ma addirittura la vittoria del campionato cadetto con 4 giornate d’anticipo.
Il cammino in A col club toscano, però, non è altrettanto trionfale: dopo una prima, convincente, vittoria al debutto contro il Cagliari, la squadra impatta in sette sconfitte e tre pareggi nelle successive dieci giornate, con conseguente esonero per Andreazzoli. Esonero che, tuttavia, dura poco: la fallimentare esperienza con Beppe Iachini porta la società azzurra a richiamare il mister di Massa, che rimette in riga la squadra e le fa concludere il campionato in modo più che dignitoso, ma non le riesce a evitare la retrocessione.
A giugno 2019 decide di lasciare e firma col Genoa, rimasto in Serie A proprio ai danni dell’Empoli. Purtroppo, anche in terra ligure ha vita breve: con soli 5 punti collezionati in 8 partite, il 22 ottobre dello stesso anno viene sollevato dall’incarico.
A sorpresa, a giugno del 2021 ritorna all’Empoli, neopromosso in massima serie, firmando per un anno con opzione di rinnovo in caso di salvezza.

Pressing, giropalla e i terzini: così Andreazzoli ha ridato vita all’Empoli

Le squadre allenate da Andreazzoli si contraddistinguono per alcune caratteristiche ben definite. Prima di tutto, il pressing. Prendendo ad esempio l’Empoli visto nella prima metà della stagione 21/22, basta dare un’occhiata veloce alle statistiche per notare come sia la seconda formazione per chilometri percorsi in media a partita. Dove non arriva la qualità, quindi, compensa l’intensità. Un tale livello di agonismo comporta un alto dispendio di energie, che Andreazzoli contrasta facendo ruotare molto la rosa. Il suo Empoli non ha un undici titolare, sebbene si affidi ad alcune individualità: Vicario in porta, i terzini Marchizza e Stojanovic, Ricci in cabina di regia e Pinamonti come punta centrale. Alla coppia di terzini tocca il compito di eludere il primo pressing quando il giovane regista di Pontedera è marcato, mentre il centravanti, a seconda dell’avversario, è accompagnato da Cutrone o da Di Francesco.
In secondo luogo, fondamentale per il mister toscano è il giro palla. L’Empoli raramente si affida ai palloni alti, ma cerca quasi sempre di giocare con la sfera a terra, con scambi rapidi e veloci. In tal senso, ancora una volta giocano un ruolo fondamentale Stojanovic e Marchizza. Il primo, in particolare, funge da raccordo con la trequarti e con le punte, dando vita a triangolazioni offensive pericolose.
Il terzo aspetto è un punto dolente della sua metodologia di allenamento e riguarda il modulo utilizzato. Andreazzoli si affida spesso al 4-3-1-2 a rombo, ma così facendo si espone ai cambi di gioco avversari. Ciò porta l’Empoli a soffrire quando obbligato a difendere posizionalmente e, a volte, l’esagerazione nella ricerca della verticalità complica la successiva riconquista del pallone.
Al di là di tutto, la seconda esperienza empolese per Andreazzoli si sta rivelando fruttuosa e tra le “ultime della classe”, la formazione azzurra è probabilmente quella meno in predicato di retrocedere. Le prestazione messe in campo hanno reso difficile la vita anche a diverse big del campionato, tra cui Roma e Juventus, facendo ben sperare per il futuro.

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