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Basket NBA, Harden e Phila scontro totale: il Barba non si allena più coi Sixers

The Beard da un paio di giorni non si allena più con i Philadelphia Sixers. Che ci fossero tensioni mai sopite è cosa nota ma il braccio di ferro sta diventando qualcosa di più. E Harden vuole i Clippers

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Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

James Harden da un paio di giorni non si allena più con i Philadelphia Sixers. Di per sé, non una grande notizia: che ci fossero tensioni mai sopite tra “The Beard” e la franchigia della città dell’amore è cosa che sanno ormai anche i muri, con il rapporto incrinato con Daryl Morey (il GM che l’aveva voluto con sé, andandolo a pescare dai Nets) alla base di un braccio di ferro ancora lungi dal poter essere considerato risolto.

Tanto che il dispaccio mandato alle agenzie dai Sixers (“Harden è assente per motivi personali”) dice tutto e non dice niente: Harden non si sta allenando perché vuole forzare una trade che in estate ha chiesto a gran voce, ma che Morey non gli ha voluto concedere, anche perché evidentemente di offerte sul piatto ritenute congrue non se ne è avuta notizia.

Lontano dal mondo Sixers

Le assenze dell’ex giocatore di OKC, Rockets e Nets non è dovuta certo a problemi fisici, ma soltanto alla volontà di estraniarsi una volta per tutte dal mondo Sixers. Solo che così facendo rischiano di rimetterci tutti: per primo Harden, che sembra aver perso l’appeal che poteva vantare su tanti GM della lega.

E pure Phila, che si ritrova col cerino in mano e con Embiid che a microfoni accesi dice di non sapere il motivo per il quale il compagno di squadra da due giorni è assente agli allenamenti, semplicemente limitandosi a dire che “per quanto mi riguarda io penso solo a lavorare sodo, così da dare l’esempio a tutti i miei compagni”. Messaggio indiretto? Probabile.

Trade che non decolla

Harden in questa preseason non è ancora sceso in campo neppure per un minuto. E a questo punto appare improbabile che possa farlo tra poche ore (le 1 in Italia), quando i Sixers affronteranno gli Hakws nell’ultimo test prima del debutto stagionale di giovedì prossimo in casa dei Bucks di Antetokounmpo e Lillard.

La situazione nelle ultime due settimane non è stata affrontata, di fatto restando sospeso in attesa che fattori esterni potessero sbloccarla, ma ora che le partite che contano sono dietro l’angolo appare evidente quanto le parti in causa rischiano di ritrovarsi su fazioni totalmente contrapposte.

Il Barba vuole i Clippers

Perché Harden è sempre dell’idea di voler continuare la carriera altrove: brama all’idea di legarsi ai Clippers, andando a formare con Leonard, George e Westbrook una batteria di talenti incompiuti (a parte Kawhi, che però ormai sta più fuori che dentro al campo), decisi a regalarsi un giro di giostra con l’obiettivo di riportare l’anello a Los Angeles (ma non sulla solita sponda purple and gold).

Morey nelle scorse settimane ha intavolato diverse chiacchierate con la dirigenza dei Clippers per provare a trovare un’intesa, ma ogni trattativa s’è arenata sulla volontà di LA di non inserire nella trade Terrence Mann, profilo assai gradito a Nick Nurse, neo coach di Phila.

Scambio alla pari George-Harden

Che avrebbe accettato di ottenere una scelta non protetta al primo giro e qualche scambio di altre scelte, più giocatori in grado di liberare lo spazio salariale per “The Beard”, a patto che ci fosse anche il nome di Mann tra quelli proposti.

Di fronte all’ennesimo rifiuto, Morey sarebbe arrivato addirittura chiedere di scambiare alla pari George e Harden, ricevendo un secco no da Mirko Pompeo, GM dei Clips. Così facendo però ha ulteriormente inasprito la disputa con lo stesso Harden, che ha accusato il front office dei Sixers di avere pretese troppo alte, di fatto impedendo che la trade possa realmente decollare.

Chi ha più da perdere

Quanto potrà protrarsi questo stallo nella situazione (ormai compromessa) tra Harden e Phila? La sensazione è che la questione possa effettivamente andare per le lunghe. A rigor di logica, c’è tempo fino a febbraio per poter scambiare giocatori, e questo è tutto nell’interesse dei Sixers, che altrimenti il 1° luglio vedrebbero il loro giocatore diventare free agent, quindi libero di firmare con qualsiasi altra squadra.

Un asset che Morey, benché ferito dal comportamento del suo ex pretoriano, ha intenzione di non sprecare, sebbene il tempo cominci a diventare nemico. Harden ha sempre rimproverato al GM di non aver mantenuto fede al “patto” esercitato nell’estate del 2022, quando rinunciando alla player option aveva consentito ai Sixers di liberare lo spazio salariale per firmare giocatori che altrimenti sarebbero finiti altrove.

I Sixers un po’ in balia delle onde

Il tutto con la “promessa” di un rinnovo da mettere in atto nell’estate del 2023 a cifre maggiori rispetto ai 32 milioni di dollari (quest’anno 36) previsti dal contratto, cosa che non è avvenuta e che ha mandato il “Barba” su tutte le furie, tanto da chiedere di essere ceduto.

I Sixers ora sono un po’ in balia delle onde: potranno comminare al giocatore una multa di 389mila dollari per ogni gara ufficiale saltata (anche quelle di preseason), ma rischiano di arrivare a fine stagione senza aver ottenuto nulla di buono. Insomma, un guaio bello grosso, col rischio che la faccenda si protragga ancora per molto tempo.

Iggy dice stop

Un altro che di training camp quest’anno non ne vuol sentire parlare, ma per motivi assai differenti, è Andre Iguodala. Che ha ufficialmente annunciato di aver deciso di abbandonare l’attività, buttandosi in un nuovo business: gestirà Mosaic, un fondo di venture capital da 200 milioni di dollari assieme al suo storico partner in affari Rudy Cline-Thomas.

Iguodala, scelto proprio dai Sixers nel 2004 (era l’ultimo giocatore in attività di quel Draft assieme a Dwight Howard), ha disputato 1.231 partite in regular season e 177 nei play-off vestendo le maglie di Sixers, Nuggets, Warriors e Heat, vincendo 4 titoli NBA e un premio di MVP delle Finals 2015, quando fu l’unico a limitare (si fa per dire) una delle migliori versioni di sempre di LeBron James.

In bacheca ha anche due ori con Team USA ai mondiali 2010 e a Londra 2012, con 23 gare disputate, tutte vinte.

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