Questa riunificazione dei massimi non s’ha da fare. Direbbe così don Abbondio, se solo fosse appassionato di pugilato: quello tra Tyson Fury e Oleksandr Usyk più passano gli anni e più sembra prendere le sembianze di un match maledetto. Che quando ormai pareva dietro l’angolo, puntualmente viene posticipato a data da destinarsi. Anzi, il rischio concreto è che alla fine l’attesa rischia di diventare infinita, perché sulla sfida che dovrebbe riunificare tutte le principali sigle dei pesi massimi sembra aleggiare un sortilegio duro a morire.
- Una brutta ferita al sopracciglio destro
- Fury chiede scusa, ma poi attacca di nuovo Usyk: "Era spacciato"
- L'ennesimo rinvio e le solite malelingue
Una brutta ferita al sopracciglio destro
A far saltare il match, riprogrammato per il 17 febbraio a Riyadh dopo che era già stato rimandato nella data originale del 23 dicembre, è stato ancora una volta Tyson Fury. Che a dicembre non poté salire sul ring per via dei postumi del combattimento tenuto a fine ottobre contro Francis Ngannou, mentre stavolta a costringerlo allo stop è stato un infortunio differente, procurato durante una sessione di guanti.
La profonda ferita al sopracciglio destro, infatti, non consentirà al pugile britannico di proseguire la preparazione quando al match contro Usyk mancano ormai appena due settimane. L’immagine postata dal Gipsy King non lascia spazio a molte interpretazioni: la ferita è larga e profonda, e pensare di rimarginarla in pochi giorni è davvero troppo. Così ai promoter del match non c’è stato altro da fare, se non comunicare l’ennesimo annullamento a data da destinarsi.
Fury chiede scusa, ma poi attacca di nuovo Usyk: “Era spacciato”
Nel comunicato congiunto col quale i due pugili hanno reso partecipe il mondo della necessità di rimandare l’incontro, Fury s’è detto “totalmente devastato”, anche perché negli ultimi mesi aveva lavorato con grande intensità per recuperare la forma migliore dopo la prova non certo indimenticabile mandata a referto contro Ngannou. “Mi spiace per tutti coloro che sono associati a questo fantastico evento e posso dire sin d’ora che lavorerà con tutto me stesso per programmare una nuova data, non appena l’occhio sarà guarito. Chiedo scusa al mio team, a quello di Usyk, ai combattenti dei match della serata e ai fan, nonché a tutti i miei ospiti e agli amici sauditi”.
Fury al solito non ha mancato di aggiungere qualche frase a effetto, seppur il momento non fosse dei più felici. “Purtroppo non posso evitare di infortunarmi durante uno sparring, sono cose che possono capitare, anche se uno cerca di fare il possibile per evitarle. L’unica cosa che mi sento di dire è che Usyk era davvero nei guai, perché sono in uno stato di forma fantastica e resto convinto che il 2024 sarà un anno meraviglioso per il team Gipsy King”.
L’ennesimo rinvio e le solite malelingue
Solo una volta che i medici saranno in grado di dare una tempistica chiara sulla completa guarigione di Fury sarà possibile riprogrammare l’incontro. Qualcuno invero non troppo velatamente ha accusato il britannico di essersi infortunato appositamente, memore anche dei tanti rinvii che hanno contraddistinto negli anni un match che a detta di molti sarebbe già essere dovuto andare in scena da parecchio tempo.
In realtà Fury, dopo aver incassato la lauta borsa per il match misto esibizione con Ngannou, ha posto la sfida con Usyk come l’ultima battaglia di una carriera che dopo 35 incontri lo vede ancora imbattuto, con 34 vittorie e un no contest. Anche l’ucraino è imbattuto (21 vittorie su altrettanti match), e pertanto la sensazione è che a Riyadh, quando finalmente ci sarà modo di salire sul ring, il mondo dei massimi vivrà una serata destinata a fare la storia.
Il team di Usyk non ha commentato le dichiarazioni di Fury, prediligendo il basso profilo in attesa di notizie più certe. E dire che poche ore prima del forfait del britannico era stato divulgato il promo ufficiale dell’incontro, un filmato fortemente carico di emozioni, con i due pugili che attraversano epoche e mondi differenti fino a ritrovarsi l’uno contro l’altro nel cuore dell’Arabia Saudita (s’intitola “Ring of Fire”). Nessuno vuol sperare che non accadrà davvero, ma l’attesa a quanto pare è destinata a prolungarsi ancora.