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Sinner, Vagnozzi racconta la "normalità" da coach del numero 1: "Jannik speciale, Alcaraz uno stimolo, Cahill un genio"

Simone Vagnozzi è il coach più invidiato al mondo: lavora da tre anni con Sinner e in tandem con Cahill, col quale spera di continuare anche in futuro

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Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

Tutti sono presi da Darren Cahill e da quello che sarà il suo futuro, inizialmente annunciato lontano dal tennis, oggi tornato un po’ più prossimo all’interno dell’entourage di Jannik Sinner. Ma dimenticarsi di Simone Vagnozzi sarebbe imperdonabile, per tante ragioni. Perché ha raccolto l’eredità (scomoda) di Riccardo Piatti, perché ha saputo consigliare come meglio non avrebbe potuto Sinner, fino al punto da aprire la porta anche al supercoach australiano (non un gesto scontato) per provare a fare il definitivo salto di qualità. Numeri alla mano, un piano riuscito alla perfezione. Anche se il futuro bussa già alla porta.

Cahill, il partner perfetto: “Fortunato ad averlo incontrato”

Il canale ufficiale ATP ha intervistato l’uomo che dal febbraio del 2022 ha preso sotto la sua ala l’attuale numero uno del mondo. E tra una domanda e l’altra s’è capito che l’idillio nello staff non è mai stato così limpido. “Abbiamo tutti un’ottima sintonia, e debbo ammettere che l’arrivo di Darren è stato un colpo di fortuna non indifferente. Perché dal punto di vista professionale lo conoscevamo tutti, ma dal lato umano è anche migliore. S’è trovata subito una bella chimica e questo ci ha permesso di anteporre sempre l’interesse di Jannik alle nostre ragioni. E direi che sin qui ha funzionato bene”.

Ruoli ben distinti (Vagnozzi si occupa degli aspetti tecnici e tattici, Cahill della parte più mentale ed emotiva) ma miscela che funziona a dovere. “Ovviamente c’è la massima condivisione di tutto quello che facciamo e che passa per la nostra testa, perché il giocatore quando riceve il messaggio deve farlo in modo unitario.

Cosa mi auguro per il futuro? Darren ha espresso un desiderio, quello di passare più tempo in famiglia. Non so cosa accadrà nel 2026, ma se Cahill troverà un modo per restare con noi, indipendentemente se a tempo pieno o part time, io sarò felice e credo pure Jannik”.

Perché Alcaraz spinge Sinner verso i propri limiti

Sinner è cresciuto tanto nell’ultimo triennio e adesso, spinto anche dalla rivalità con Carlos Alcaraz, sente di voler alzare ulteriormente l’asticella. “Siamo dove volevamo essere, e questa è la cosa più bella del nostro viaggio. Ad ogni torneo dove ci presentiamo non andiamo dicendo “vediamo dove arriviamo”, ma andiamo per vincere. Anche perché se vuoi essere il numero 1 devi pensare sempre in grande.

Nel nostro team diciamo sempre che la cosa importante è cercare di lavorare e prepararsi nel miglior modo possibile per avere l’opportunità di competere e vincere il maggior numero di titoli possibile. E un altro aspetto fondamentale è sapere di avere la tranquillità di aver fatto tutto al meglio”.

Alcaraz però un po’ di sonno lo toglie: Un giocatore speciale che ti pone tanti problemi, come nessun’altro sa fare. Più ti alleni a cercare di risolvere quei problemi e più diventi competitivo in partita. Serve tanto equilibrio, sia quando si vince, sia quando si perde o non arrivano i risultati desiderati. È un percorso non semplice, ma stimolante e che aiuta tanto a crescere”.

L’elogio di Jannik: “Maturo e tremendamente determinato”

L’ultimo pensiero Vagnozzi lo rivolge a Sinner, il ragazzo che l’ha fatto diventare il coach numero 1 del circuito. “Jannik ha la qualità di essere molto calmo e maturo per l’età che ha. Sa esattamente cosa vuole dalla vita, ma a 23 anni è comunque un ragazzo divertente e geniale, uno col quale si sta bene anche fuori dal campo. Lui non è mai soddisfatto del suo lavoro e questo lo spinge ad andare sempre oltre i propri limiti.

Ha tante motivazioni che sfrutta ogni giorno per allenarsi al meglio e aggiunge a tutto il lavoro sul campo anche tanto studio per conto proprio, perché in fondo noi siamo qui per aiutarlo, ma lui è il primo a sapere ciò di cui ha più bisogno”.

I risultati poi vengono da sé: “Sono frutto di tanti fattori, dell’esperienza e della capacità di essere sinceri con se stessi e con gli altri. I migliori coach sono quelli che ottengono risultati con giocatori diversi, perché vuol dire che sanno adattarsi ad ogni atleta, valorizzandoli per ciò che sono”. Con Sinner, inutile ribadirlo, Vagnozzi c’è riuscito alla grande.

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