Caressa contro Adani atto quinto? Sesto? Ammettiamo di aver perso il conto… certo è, però, che la diatriba a distanza tra i due commentatori sembra destinata a proseguire ancora per un po’. L’ultima parola in ordine tempo è spettata al telecronista di Sky Sport che, ospite del podcast Supernova di Alessandro Cattelan, è tornato a commentare il modo di intendere il calcio del “rivale” (passateci il termine), non senza punzecchiare. Tanti altri i temi trattati nel corso dell’intervista, dal fascino di Beckham e la deriva della professione giornalistica, fino al rapporto complicato con il Tika-Taka di Guardiola.
- Caressa contro il racconto moderno del calcio
- Le critiche sulla cronaca della finale di Champions League
- La risposta ad Adani
- Il calciatore perfetto e il fascino di Beckham
- L’ammissione sul Tiki-Taka di Guardiola
Caressa contro il racconto moderno del calcio
Il confronto a distanza tra Fabio Caressa e Daniele Adani sembra non conoscere tregua. A riaccendere il dibattito è stato lo stesso telecronista di Sky Sport, che ospite del podcast Supernova di Alessandro Cattelan ha offerto una lunga riflessione sulla trasformazione della comunicazione sportiva, senza rinunciare a qualche stoccata ben mirata al collega.
Nel suo intervento, Caressa ha criticato apertamente quella che definisce “una moda pericolosa”: “Oggi si apre il microfono per gridare, bestemmiare, sbattere i pugni sul tavolo. Ma quella non è informazione, è solo rumore. Lo si fa per attirare l’attenzione di un pubblico distratto, come se il contenuto non contasse più molto”.
Le critiche sulla cronaca della finale di Champions League
Una riflessione che si lega anche al cambiamento percepito nel modo in cui il pubblico vive le telecronache. In particolare, Caressa ha risposto alle critiche sul commento al 5-0 rifilato dal PSG all’Inter nella finale di Champions League: “Non è la telecronaca che fa la partita, ma è la partita che detta il ritmo alla telecronaca. Certe gare finiscono presto, altre no. Che ca**o devo dire? Andate a casa, la partita è finita?”.
“Sembra che non vada mai bene niente, specie in Italia. In Inghilterra l’analisi è più distesa e meno polemica. Penso a Micah Richards e Thierry Henry, che commentano con leggerezza, anche da tifosi. Se uno prende in giro l’altro dopo un gol, nessuno si scandalizza. Li invidio, ma guai a fare così qui da noi”, ha ammesso Caressa.
La risposta ad Adani
Il giornalista ha anche offerto una critica alla crisi della professione del giornalista nell’epoca dei social: “Il tesserino non è più una garanzia di qualità. Conta quello che fai, non il titolo che hai. La credibilità non si dichiara, si costruisce”. E da qui, il discorso è scivolato verso Adani, che durante Norvegia-Italia non aveva mancato di lanciare frecciatine nemmeno troppo velate. “Io non litigo con nessuno. Lele è uno preparato, studia. Ma a volte guarda il calcio solo con i suoi occhiali e gliel’ho anche detto direttamente. Un commentatore dovrebbe leggere la realtà per com’è, non filtrarla attraverso ciò che vorrebbe vedere”.
Il calciatore perfetto e il fascino di Beckham
Sollecitato a comporre il calciatore perfetto, Caressa ha messo insieme un mix ideale: “Destro di Totti, sinistro di Maradona, colpo di testa di Riva, grinta di Gattuso, estro di Baggio, tiro da fuori di Pirlo e freddezza sotto porta di Inzaghi o Müller. Relazioni pubbliche? Fabio Galante, è un amico. Fascino? David Beckham. È l’unico uomo che abbia fatto vacillare la mia eterosessualità. Un vero signore ed è cresciuto molto perché lui è uno della working class. In carriera ha dovuto sottostare a una pressione mediatica incredibile”.
L’ammissione sul Tiki-Taka di Guardiola
Infine, la critica senza mezzi termini al Tiki-Taka reso celebre dal Barcellona di Pep Guardiola. “Non mi ha mai divertito. Era di una noia mortale. Passaggi infiniti e fare la telecronaca era un incubo. Dovevi continuare a dire nomi. Dopo un po’ stavo zitto. Ma quelli che mi facevano arrabbiare di più erano i cosiddetti guardiolati, quelli che volevano fare il Tiki-Taka, senza il pressing del Barcellona e, soprattutto, senza Messi, mica una cosa da poco… quel periodo era una di monotonia incredibile, non lo reggevo più”.