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Che fine ha fatto Turone, con lui nacque il gol-fantasma

Libero di Roma e Milan, la storia lo ricorda per la rete annullata con la Juventus

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Il fermo-immagine del suo gol alla Juventus – annullato dall’ex arbitro e designatore Paolo Bergamo – fece il giro del mondo quando il web (e men che mai il Var) ancora non esisteva. Se ancora oggi, a distanza oltre trent’anni, Maurizio Turone viene ricordato ancora lo si deve proprio a quell’episodio – il primo gol-fantasma dei tempi recenti – del 10 maggio ‘81 al vecchio Comunale di Torino. Eppure Maurizio Turone – detto Ramon perché aveva i lineamenti di un messicano – fu un giocatore di spessore a prescindere.

LA MAGLIETTA – Fu uno dei primi calciatori a lanciare la moda della maglietta tenuta fuori dai pantaloncini. Quattro anni da libero al Genoa lo misero in evidenza tanto da spingere il Milan a comprarlo nel 1972. In rossonero quattro stagioni in cui vinse due coppe Italia e una coppa delle coppe ma anche al Milan conobbe una giornata da dimenticare, ricca di polemiche.

QUANTE BEFFE – La famosa fatal Verona quando i rossoneri persero lo scudetto all’ultima giornata e che lui stesso ricorderà così ricordando un errore clamoroso qualche giornata prima: “Vi racconto un’altra ingiustizia, che se la sono dimenticata: aprile 1973, gol del pari annullato all’ultimo minuto a Chiarugi, a Roma con la Lazio, arbitro Lo Bello. Giocavo nel Milan: un punto decisivo, perché fu l’anno che perdemmo a Verona nell’ultima partita. Ora che ci penso, lo scudetto lo vinse di nuovo la Juve”.

LA CARRIERA – Un anno al Catanzaro (perché nel suo ruolo al Milan stava nascendo la stella di un certo Franco Baresi) e poi il triennio con la Roma (altre due coppe Italia in bacheca). E con la Roma entra, sia pur per ragioni anomale, nella storia. Per quel celebre Juve-Roma. L’azione incriminata al 75′. Torre di Pruzzo e gol di Turone, inizialmente convalidato e poi annullato su segnalazione del guardalinee Giuliano Sancini.

QUESTIONE DI CENTIMETRI – Il presidente della Roma Dino Viola sfoggia fair-play commenta l’accaduto con una frase sarcastica: “questione di centimetri”. Il suo omologo bianconero, il geometra Boniperti allora fa recapitare un righello a Dino Viola al fine di effettuare le opportune misurazioni. Il Presidente giallorosso lo rimanda senza mezzi termini al mittente: “Un righello è per geometri, io sono Ingegnere. Serve più a lei che a me”.

LA VERGOGNA – A Il Giornale Turone invece rivelò: «Una cosa vergognosa. Inutile che parlino di centimetri, era regolare e basta. Ora fermano l’attaccante per un piede ma quelli non erano centimetri. Venivo da dietro, era gol. Inizialmente pensavamo che in fuorigioco fosse Pruzzo che mi ha fatto la sponda. Poi abbiamo scoperto che ero io. Roba da matti! Ci siamo accorti che ci è stato fatto un furto. In campo ma soprattutto subito dopo. Il più forte con cui ho giocato? Prima Rivera e poi Falcao. E scusate se è poco».

IL PRESENTE – Dopo la Roma va a Bologna e poi chiude la carriera con due anni al Savona e poi alla Cairese con un bilancio di 227 presenze e 4 gol in A. Ma quello che lo rese celebre, ovvero il quinto, non fu convalidato. Dopo aver lasciato il calcio giocato tornò al Genoa prima come osservatore, ruolo che ricoprì per un breve periodo anche nella Lazio, e poi come team manager. Ha due figli Cristian e Alessandro, il quale è stato a sua volta calciatore. Ora è il responsabile dell’area tecnica del Savona.

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