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Chi era Garella, il Superman sgraziato che vinceva sempre e amava Toto Cotugno

L’ex portiere, deceduto a 67 anni, in carriera vinse due scudetti dove nessuno c’era mai riuscito, a Verona e a Napoli

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A chiamarlo Garellik fu un giornalista di Verona. Lo rivelò proprio Claudio Garella anni dopo (“Me lo diede Valentino Fioravanti, che si ispirò ai colpi clamorosi di Diabolik. A me il fumetto piaceva, ne ho letti tanti”), a chiamarlo “Paperella” erano stati i tifosi della Lazio, quella squadra che lo fece fuori senza fidarsi di lui e cui giurò vendetta (“tornerò in serie A, vedrete”), a chiamarlo “Compare Orso” fu invece Gianni Mura, per il suo modo sgraziato di stare tra i pali, per Beppe Viola era invece il protagonista delle “garellate” ma Claudio Garella, scomparso a 67 anni per problematiche cardiache in seguito a un intervento chirurgico, è stato tutto e di più.

Per Agnelli Garella era il miglior portiere senza mani

Ad esempio per l’Avvocato Agnelli Garella era “il miglior portiere del mondo ma senza mani”, definizione che lui accettò col sorriso (“Per me è stato il complimento più bello. Con il suo umorismo coniò una definizione passata negli annali. Anche se non è vero che paravo soltanto con i piedi. Ma aver meritato una battuta da Gianni Agnelli è importante, significa aver lasciato un segno nel mondo del calcio”.). Una battuta ma anche una verità.

Garella incubo dell’Olimpico, alla Roma parò di tutto

Per capire quanto sia realistica la frase dell’Avvocato è sufficiente andare a rivedere le immagini di Roma-Verona dell’85, l’anno dello scudetto del Verona. All’Olimpico finì 0-0. Ma se la Roma non vinse con 4-5 gol di scarto, dopo aver dominato l’intera gara, lo si deve solo agli interventi del portiere dell’Hellas. Di ginocchia, di piede, di coscia, con tutte le parti possibili del corpo. Un incubo per Pruzzo e soci: “Quell’anno a Roma feci credo venti parate, alcune per i fotografi, altre decisive. Elkjaer e tutti gli altri ci facevano vincere, io cercavo di non prendere goal”. Lui però volle anche sottolineare: “Questo mito che paravo solo con i piedi non è vero: paravo con un po’ di tutto, ma evidentemente sapevo usare i piedi più di altri, addirittura una volta parai pure in rovesciata… (in Udinese-Cremonese nella stagione 1988-89 in serie B, ndr)».

Garella protagonista dello scudetto del Verona

In gialloblù ha giocato per quattro anni, collezionando oltre cento presenze e soprattutto vincendo quello storico scudetto con Bagnoli, laddove non s’era vinto mai. Per poi fare il bis a Napoli nell’87 con Maradona, altra piazza dove nessuno aveva mai vinto lo scudetto prima. “Voi dite che sono brutto, grasso, sgangherato, clownesco, antiatletico, un portiere da hockey eccetera. Io invece dico che sono un portiere vero e non invidio nulla a nessuno”, si ribellò lui alle critiche.

Garella tra errori e prodezze

Certo errori ne faceva e a volte alcune sue prodezze nascevano dal “vizio” di respingere sempre quando si poteva bloccare. Il Napoli pagò carissimo alcune sue incertezze, si pensi al gol dell’1-1 di Butragueno in coppa Campioni col Real Madrid quando il San Paolo assaporava la “remuntada” dopo il gol-lampo di Francini o al disgraziato Napoli-Milan del 1 maggio che costò il secondo scudetto agli azzurri di Bianchi, ma Garella era così. Prendere o lasciare. Anche il Napoli lasciò, per scegliere poi il compianto Giuliani, anch’egli morto prematuramente.

La seconda vita di Garella, dimenticato da tutti

Fisicamente sgraziato, dopo aver smesso di giocare ingrassò in maniera paurosa. Fu uno choc rivederlo in tv dalla Carrà quando Maradona tornò per la prima volta in Italia dopo l’addio a Napoli e la showgirl riunì tutti i suoi ex compagni. Quasi calvo, enorme, ma sempre con quel sorriso buono. Lui che quando giocava portava sempre l’autoradio a sottobraccio ascoltando, e cantando Toto Cotugno. Il post-calciatore non è stato facile per Garella. Si ritirò dopo il campionato 1990-1991 giocato in cadetteria con la maglia dell’Avellino, collezionando 2 presenze e subendo 2 reti, per un brutto infortunio subito nell’autunno del 1990. In carriera ha totalizzato complessivamente 245 presenze in A e 218 in B. Dopo aver appeso i guantoni al chiodo prima allena a Torino l’U.S.D. Barracuda, squadra di Prima Categoria.

Nel 2011 ricopre l’incarico di preparatore dei portieri del Pergocrema, poi diventa allenatore della squadra giovanile juniores del Cit Turin e successivamente fa l’allenatore della prima squadra del Barracuda, in Prima Categoria. È stato direttore sportivo di una squadra dilettantistica di Pecetto Torinese, in provincia di Torino, militante in Promozione, e successivamente osservatore della Canavese, compagine di Serie D. Nel 2015 è dirigente del Barracuda. «Vivo dimenticato – si sfogò di recente -. Il grande calcio si è scordato di me e non so perché. Sono direttore sportivo diplomato a Coverciano e da anni aspetto una telefonata che non arriva. Spiegazioni? Non mi sono inginocchiato davanti a nessuno, non frequento i giri giusti».

Chi era Garella, il Superman sgraziato che vinceva sempre e amava Toto Cotugno Fonte: Getty Images

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