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Abel Balbo: il “killer” argentino alla conquista dell’Italia

La carriera dell’attaccante tra colpi di scena, delusioni e rivincite: dal Newell’s sognando Kempes ai Mondiali con Maradona.

03-02-2023 12:32

Armando Torro

Armando Torro

Giornalista

Giornalista professionista appassionato di sport, numeri e politica, destro di mano e mancino di piede. Dalla provincia di Taranto a Roma e Torino, passando per Madrid e Milano. Qui per raccontare storie e curiosità sugli sportivi del passato e del presente.

Abel Balbo: il “killer” argentino alla conquista dell’Italia Fonte: Imago Images

Alcuni calciatori sono come i contadini: vanno avanti a seminare e innaffiare con dedizione e costanza e vedono il frutto del loro lavoro dopo mesi o anni. Abel Balbo fa parte di questa categoria perché per la maggior parte della sua carriera ha lavorato per migliorarsi mettendosi al servizio della squadra e ha regalato gioie e soddisfazioni ai tifosi, spesso però senza portare a casa trofei, e solo alla fine i risultati sono arrivati a premiarlo.

Chi è Abel Balbo

Abel Eduardo Balbo nasce il 1° giugno 1966 a Empalme Villa Constitución in Argentina, da una famiglia di origine italiana, infatti i nonni paterni sono emigrati alla fine dell’Ottocento dalla provincia di Cuneo. Il secondo nome è quello del padre Eduardo, operaio metallurgico, mentre la madre Beatriz è una casalinga e all’oratorio tira i primi calci al pallone nella squadra locale, la Palme Villa Constitución allenata da suo zio Nestor Rassiga.

Per il Balbo adolescente, che gioca mezz’ala nell’Emilia de San Nicolás, ma ammira le gesta di Kempes nel Mondiale del ’78, il calcio è un divertimento che può diventare una professione solo se lavora sodo. Frequenta il liceo, conosce Lucilla e si fidanza, e una volta terminati gli studi a 17 anni decide di mettersi alla prova con le grandi squadre del calcio argentino, anche perché dimostra una certa attitudine al gol con inserimenti in area e tiri potenti.

La carriera di Balbo: da mezz’ala a centravanti

Balbo è pronto ad andare a Buenos Aires per fare il provino all’Independiente e lo dice a tutta la famiglia. Sua sorella maggiore Claudia è segretaria in uno studio legale e parla con orgoglio del fratello al suo capo, l’avvocato Nudemberg, che si rivela essere il vice presidente del Newell’s Old Boys, squadra per cui Abel tifa e risulta facile convincerlo a cambiare idea.

A Rosario il provino va benissimo e il riccioluto centrocampista entra nelle giovanili della Lebra trovando sulla sua strada El Loco Bielsa, che nota la capacità di andare in rete e lo sposta a fare il centravanti. Una autentica rivelazione, perché Balbo debutta in prima squadra a 21 anni e contribuisce con 9 gol in 23 partite alla vittoria del campionato di Primera División.

Gli osservatori del Verona sono in Argentina e convincono Balbo a firmare e a unirsi al ritiro estivo, ma mister Bagnoli non è convinto del ragazzo e dà l’assenso alla cessione in prestito al River Plate allenato da Menotti che invece crede nel 22enne e gli fa giocare tutte le partite venendo ripagato da 12 gol: il Millonario non vince il titolo, ma il ct argentino Bilardo intravede un talento in quel centravanti riccioluto.

Lo convoca per la Copa América del 1989 in Brasile e lo schiera titolare nel girone finale: le partite decisive per l’assegnazione del trofeo sono al Maracanã, dove sugli spalti è seduto Mariottini, il direttore sportivo dell’Udinese promossa in Serie A, e viene rapito da Balbo, numero 22 che non segna ma si muove bene e sembra avere i colpi da rapace dell’area di rigore, così dirigenti bianconeri parlano col Verona e chiudono rapidamente la trattativa.

Abel Balbo con la maglia della Fiorentina Fonte: Imago Images

Balbo all’Udinese: discese e risalite di un killer

Balbo arriva a Udine fresco di matrimonio con Lucilla e il suo acquisto viene considerato un vero e proprio colpo per i bianconeri. Il primo gol in Italia è a San Siro contro il Milan alla quarta giornata, poi si ripete la domenica successiva al Friuli infilzando la Sampdoria: l’argentino fa coppia in attacco con Branca, mostra le sue abilità in progressione e in area di rigore e le reti alla fine sono 11, con la doppietta prestigiosa quanto inutile all’Inter nell’ultima giornata perché nonostante la vittoria per 4-3 la squadra retrocede.

Balbo ne approfitta per lavorare sulla tecnica individuale, di cui è ancora carente, migliorando anche la forza e il colpo di testa e i risultati sono evidenti: 22 gol e capocannoniere della Serie B, anche se la squadra chiude ottava. L’argentino inizia il secondo anno di B con dei problemi al ginocchio e questo porta a dimezzare il numero di reti, ma l’Udinese riconquista la Serie A il 14 giugno 1992. La quarta è la migliore stagione di Balbo in bianconero: ritrova Branca e fa 21 gol, diventando El Killer per la sua letalità nei sedici metri.

Il gol che ricordano con più emozione a Udine, però, è un altro ed è quello dello spareggio contro il Brescia del 14 giugno 1993: a un anno esatto dalla promozione, l’Udinese si tiene stretta la A vincendo 3-1 e ad aprire le marcature è proprio Balbo che a fine partita regala la maglia ai suoi tifosi e dopo 70 gol in 144 presenze totali si congeda così ai microfoni Rai: “Io l’avevo promesso, volevo fare una grande partita e il gol: sono tornato con l’Udinese in Serie A e qui volevo che la squadra restasse. Abbiamo regalato alla nostra tifoseria ciò che merita”.

La firma “sbagliata” e gli anni alla Roma

L’Udinese non può trattenere l’argentino su cui piombano le big del campionato e in particolare l’Inter: sembra fatta, con tanto di incontro a casa del presidente Pellegrini, ma qualcosa cambia le prospettive di Balbo. “Eravamo d’accordo su tutto, poi mi hanno fatto fare una firma su un foglio prima di andare via. C’era la moglie di Pellegrini che esaminava le firme e non ho passato l’esame. Evidentemente quella di Pancev aveva qualche caratteristica diversa dalla mia e hanno preso lui”, dirà a Premium Sport nel 2021.

Del clamoroso colpo di scena approfitta la Roma che deve sostituire Caniggia squalificato per doping: Sensi sborsa 18 miliardi di lire per avere l’argentino al centro dell’attacco di Mazzone e al primo anno Balbo ripaga la fiducia con 13 gol, miglior marcatore della squadra. Entra definitivamente nel cuore dei tifosi aprendo di testa le marcature del derby del 27 novembre 1994, perché quel 3-0 alla Lazio segna la rinascita della Lupa dopo anni tribolati: il Killer si prende la scena con 22 gol, frutto della grande intesa con Fonseca e con Totti e porta i giallorossi in Coppa Uefa.

Nei due anni successivi Balbo contribuisce a porre le basi per quella che diventerà una Roma da scudetto: 13 reti nel campionato 1995/96 e 17 nel 1996/97, pur avendo qualche problema con mister Bianchi. Diventa capitano nel settembre ’97, scelto da Zeman, ma pochi mesi dopo si rompe il rapporto col boemo che ha dei metodi di lavoro non graditi dall’argentino e in un Roma-Bari del 15 marzo lo sostituisce per l’espulsione di Konsel: Balbo esce dal campo e insulta il suo allenatore dandogli del laziale.

Il 9 è sempre il miglior marcatore in campionato con 14 centri, ma a giugno la società conferma Zeman e lui chiede di essere ceduto chiudendo cinque anni in giallorosso col bottino di 87 gol, tutt’ora l’argentino più prolifico della storia della Roma.

Abel Balbo alla Roma con Cassano Fonte: Imago Images

Le delusioni mondiali con l’Argentina

La retrocessione con l’Udinese al primo anno è compensata dalla convocazione nella nazionale argentina per Italia ’90, che la Selección inaugura a San Siro contro il Camerun e Balbo sente la fiducia del ct Bilardo che infatti lo schiera titolare. Ma la sconfitta contro i Leoni Indomabili ha ripercussioni sulla squadra e su Balbo che perde il posto nell’undici iniziale e non vede più il campo neanche in finale. Dimessosi Bilardo, il nuovo ct Basile punta su un altro blocco di giocatori ignorando completamente Balbo: l’umiliante ko casalingo per 5-0 contro la Colombia complica i piani qualificazione a Usa ’94, costringe l’Argentina a giocare lo spareggio interzona con l’Australia e cambia le carte in tavola.

A furor di popolo vengono richiamati Maradona e Balbo, così il 31 ottobre 1993 sono proprio loro a segnare il momentaneo vantaggio albiceleste a Sidney col cross del Pibe de Oro per il Killer che di testa dal dischetto del rigore trafigge Bosnich. L’1-0 del ritorno al Monumental porta l’Albiceleste negli Stati Uniti dove è la favorita numero uno e in attacco schiera Maradona, Batistuta e Caniggia, per cui Balbo torna al vecchio ruolo di mezz’ala che svolge egregiamente nelle prime due partite con Grecia e Nigeria, però la squalifica per doping del Diez sconvolge tutti i piani e, senza il leader, l’Argentina perde con la Bulgaria e poi viene eliminata dalla Romania, nonostante un gol di Balbo tornato punta.

“Tutto quello che è successo con Diego è stato un complotto. L’Argentina dava fastidio e non potevano permettere che diventasse campione del Mondo, soprattutto con Maradona come capitano, anche perché era l’ultimo anno della presidenza di Havelange e il Brasile non aveva ancora vinto”, sosterrà Balbo a TNT Sports aggiungendo che “quel Mondiale è la delusione più grande della mia carriera”.

El Killer gioca la Copa América del ’95 e segna tre gol, ma l’Argentina esce ai rigori col Brasile, poi rimane in nazionale fino a Francia ’98: la coppia è quella Crespo-Batistuta, Balbo si accontenta di giocare qualche scampolo di partita e il 4 luglio 1998 dà l’addio alla Selección, dopo la sconfitta contro l’Olanda ai quarti.

La vita di Balbo fuori dal campo

Balbo è un fervente cattolico che vive la sua fede come testimonianza di gratitudine, per questo alza l’indice sinistro o le braccia al cielo quando esulta e sulla fascia di capitano porta un’immagine della Madonna. Negli anni a Roma conosce Giovanni Paolo II e Madre Teresa, va a messa ogni sabato prima della partita nella cappellina di Trigoria e visita gli ammalati, soprattutto bambini, dando loro conforto, anche perché lui stesso a 9 anni vive una situazione particolare.

Un giorno di colpo il piccolo Abel non vede più nulla e fa fatica a respirare, diventa tutto gonfio con la pelle piena di lividi e gli sale la febbre fino a 42°C, rischia seriamente di morire e i genitori lo portano di corsa all’ospedale di Rosario: arriva nel reparto di terapia intensiva e dopo tre giorni sembra che non ci sia niente da fare, la madre prega e insiste per farlo visitare un’ultima volta quando improvvisamente si riprende e tutti i sintomi scompaiono.

Sceglie di vivere nella Capitale, dove visita la Grotta della Vergine della Rivelazione, e di crescere lì con Lucilla i figli Nicolás, Federico e Chiara, tenendo comunque sempre presente l’Argentina, dove coi primi guadagni da calciatore apre una azienda agricola: “Produciamo cereali, soia e mais. Io e mia moglie veniamo entrambi da una zona agricola e l’idea ci è venuta da lì”, svelerà a Il Posticipo nel 2020.

I frutti raccolti: tutti i successi di Balbo

A 32 anni suonati Balbo realizza che è ora di vincere qualcosa, così sceglie il Parma di Malesani sapendo di non poter essere protagonista ma di trovare i connazionali Crespo, Verón e Sensini e accetta di fare il vice del Valdanito mettendo a disposizione la sua esperienza subentrando dalla panchina. Si rivela prezioso in Coppa Italia giocando titolare e trascinando la squadra in finale e in Coppa Uefa segnando contro Rangers, Bordeaux e Atletico Madrid: gli emiliani vincono le due coppe e il contributo dell’argentino c’è, però a sorpresa passa alla Fiorentina che cerca un attaccante affidabile dopo la pessima esperienza con Edmundo.

In viola Balbo è il vice di Batistuta e le presenze in campionato sono minori, ma in Europa si prende la scena al Franchi prima con una doppietta al Barcellona e poi con un gol ai campioni in carica del Manchester United nel secondo girone eliminatorio, per le ultime notti da Killer.

A giugno sente il richiamo della Roma sulla cui panchina siede Capello e convince l’amico Batistuta a trasferirsi nella capitale. Il 34enne Balbo è chiuso anche da Montella e Delvecchio ma non fa problemi: solo sette partite e nessun gol, il suo ruolo è quello di uomo-spogliatoio e partecipa alla festa scudetto esibendosi con la chitarra al Big Mama, famoso locale in zona Trastevere.

“È stata la ricompensa di tutto il lavoro sporco che avevamo fatto nelle stagioni precedenti, mi è dispiaciuto che della Roma degli anni ’90 fossimo rimasti solo io e Aldair, altri giocatori come Giannini avrebbero meritato di esserci e gioire con noi”, dirà pensando a quel 17 giugno 2001. Dopo un ultimo anno alla Roma col tricolore sul petto, la Supercoppa Italiana vinta contro la Fiorentina e 117 gol totali in Serie A, Balbo chiude il cerchio in patria al Boca Juniors, dove gioca quattro partite e si ritira a 36 anni dopo la morte del padre.

Abel Balbo gioca con la Roma Fonte: Imago Images

Posizione, numero di maglia e skills di Balbo

Nato come mezz’ala di corsa capace di inserirsi in zona gol, Balbo cambia ruolo al Newell’s e diventa un centravanti che sa partire in progressione e calciare in porta con forza col suo destro, oltre a colpire di testa con precisione chirurgica. Negli anni affina la tecnica individuale e diventa devastante in area di rigore, ma anche sui calci piazzati iniziando a battere le punizioni dalla media distanza, e quando torna a giocare a centrocampo ha l’intelligenza tattica per gestire la situazione e coprire i compagni di reparto che avanzano.

Il numero tipico del centravanti è chiaramente il 9 che in Italia indossa con le maglie di Udinese e Roma alla sua prima esperienza, poi passa al 18 sia al Parma che alla Fiorentina, essendo la riserva di Crespo e Batistuta. Di ritorno a Roma sceglie prima il 21 e poi il 16, mentre nella nazionale argentina esordisce col 22 in Copa América per poi arrendersi alla numerazione per ordine alfabetico e tenere il 3 a Italia ’90, mentre a Usa ’94 ha il 19 e a Francia ’98 il 18.

Abel Balbo ora: l’esperienza da allenatore

Balbo ottiene il patentino da allenatore nel 2007 a Coverciano e tra il 2009 e il 2012 guida il Treviso e l’Arezzo: l’esperienza con i veneti dura solo quattro partite e viene esonerato dopo altrettante sconfitte, mentre dirigendo l’area tecnica dei toscani centra la salvezza al primo anno, ma dopo dissidi con la società lascia a cinque giornate dalla fine del campionato successivo. Nel 2013 diventa procuratore sportivo facendo la spola tra Argentina e Italia, poi si trasferisce due anni più tardi a Boston dove fonda una scuola calcio, la Balbo Soccer Academy.

Fino al 2020 fa l’opinionista e il commentatore tecnico nelle trasmissioni sportive italiane e argentine, poi arriva a luglio 2022 la chiamata del Central Córdoba che rischia di retrocedere dalla Primera División e conclude il campionato a metà classifica dopo 8 vittorie, 2 pareggi e 8 sconfitte. Il 1° dicembre l’Estudiantes de La Plata, il cui vice presidente è l’amico Verón, annuncia l’ingaggio di Balbo per il campionato del 2023 che per il Pincha è iniziata il 28 gennaio.

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