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Christian Riganò, il centravanti diventato idolo della Fiesole

Ha segnato in quasi tutte le categorie del calcio italiano ritagliandosi uno spazio nel cuore dei tifosi viola: la storia di Christian Riganò.

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Filippo Maggi

Filippo Maggi

Giornalista

Bergamasco classe ’97, ho sviluppato sin da bambino interesse per sport e calcio, per poi spenderlo in ambito giornalistico. Oltre a seguire le vicende dell’Atalanta, e più in generale del campionato di Serie A, mi cimento volentieri nel racconto di cadetteria e Serie C, ma soprattutto di quelle che sono le dinamiche di settori giovanili e Nazionali Under.

Christian Riganò, il centravanti diventato idolo della Fiesole Fonte: Getty Images

Dio perdona, Riga no”. Con questo bellissimo striscione i tifosi della Fiorentina hanno idolatrato per diverso tempo quello che è stato, di fatto, forse il principale eroe della rinascita viola dopo il doloroso fallimento dell’estate 2002, che non consentì alla Viola di iscriversi al campionato di Serie B, peraltro a seguito di una retrocessione già maturata sul campo.

Christian Riganò diviene così il nuovo idolo del Franchi, di fatto andando a colmare il vuoto lasciato dai campioni del recente passato, partiti verso nuovi lidi per proseguire le rispettive carriere ai più alti livelli possibili. Forse un paradosso, se si pensa che fino a qualche mese prima i beniamini della Fiesole coincidevano con campioni come Toldo, Rui Costa e Batistuta, ma il tutto si è consuma nell’ambito di una dinamica che solo il tifoso che ha vissuto situazioni analoghe può comprendere. A fronte delle ceneri che implicano una ripartenza da zero si creano equilibri e fonti di entusiasmo che forse si sarebbero pensate inesplorabili. Anche una doppietta di un bomber di provincia contro il Castel Di Sangro all’esordio in campionato può finire per generare emozioni degne di una serata di Champions League.

La passione del tifo gigliato, d’altra parte, è seconda a poche altre tifoserie in Italia. Ad esaltare ancora di più la figura di Christian è probabilmente l’aspetto umano: ragazzo semplice e poco amante dei riflettori, probabilmente lontano dalla dimensione sempre più glamour verso cui il pallone stava viaggiando già da un po’ di tempo. Tutti aspetti che a lui interessano poco, al pari dei giudizi di chi lo indica come un calciatore tecnicamente non del tutto raffinato. Forse è lui il primo a saperlo: non ha avuto modo di “studiare” in settori giovanili di alto livello e nelle movenze sembra quasi sgraziato a prima vista. Il mestiere di goleador, però, lo interpreta alla grandissima e letteralmente in ogni contesto possibile, nell’ambito di un percorso più unico che raro per un calcatore professionista.

Gli inizi di carriera di Christian Riganò

Nato e cresciuto sulla bellissima isola di Lipari, nell’arcipelago delle Eolie, trova subito un percorso non facile per un ragazzo che vorrebbe ambire a sfondare a livelli importanti: un contesto simile, viste le poche strutture e società disponibili sul territorio, difficilmente diventa terreno di caccia per osservatori. Da ragazzo gioca soprattutto per puro divertimento, militando tra le fila del Terme San Calogero. La posizione in campo è addirittura quella di difensore centrale in nome di una buona struttura fisica, che spesso finisce però per sfruttare soprattutto nelle proiezioni offensive, sia su azione che sugli sviluppi di piazzati. Poi passa al Lipari, formazione principale della zona, con cui si divide tra Promozione ed Eccellenza.

Un giorno, per caso, diventa un centravanti vero e proprio: mancano tutti gli attaccanti per infortunio e l’allenatore Barrica è costretto alla soluzione d’emergenza. È la svolta: con i suoi gol Riganò aiuta la squadra a ottenere la promozione in Eccellenza. Cambia ruolo in un momento in cui il calcio non è l’unica preoccupazione delle sue giornate, anzi: durante il giorno lavora nei cantieri come muratore. Nel corso di queste avventure sui campi provinciali condivide anche lo spogliatoio con un compagno speciale, il fratello Massimo, che arriverà fino alla Serie D. A casa, peraltro, ci sono anche altri tre maschi: uno che non si cimenterà mai nel calcio, Davide e Gianluca che nel tempo troveranno strade alternative.

A 23 anni, età che sembra ormai proibitiva per pensare al professionismo, sceglie di scommettere tutto sul pallone. Sa che non sarà facile, ma ci prova, consapevole che al massimo tornerà sui suoi passi. Va nel capoluogo, all’ACRE Messina (all’epoca in Serie D), focalizzandosi solo sull’impegno sportivo. L’impatto non è meraviglioso, ma un sognatore non smette mai di arrendersi: lo prende l’Igea Virtus, con cui peraltro qualche tempo prima aveva sostenuto dei provini poi non andati a buon fine. I risultati sono ottimi: 28 reti in due anni e passaggio di categoria guadagnato sul campo.

Non resta a Barcellona Pozzo di Gotto, però. Va a Taranto su scoperta del ds Ermanno Pieroni, noto per essere stato anche il braccio destro di Gaucci negli anni migliori di quel Perugia che benissimo fece a cavallo tra i due millenni. Anche grazie al suo fiuto di talent scout prese piede al meglio la carriera di futuri grandi giocatori come, tra gli altri, Schillaci, Materazzi e il giapponese Nakata. Anche Riganò è, almeno in parte, una sua creazione. Ottimo al primo anno di C2, con lo Iacovone che festeggia la promozione, nel 2001/02 è addirittura capocannoniere del difficile girone del Sud di C1: 28 reti in 37 gare e il sogno della doppia promozione consecutiva che si interrompe soltanto in finale playoff contro il Catania. Agli occhi dell’appassionato pubblico rossoblù, senza dubbio tra i più calorosi del Meridione, risulta ancora essere il miglior marcatore degli ultimi 40 anni del club.

Christian Riganò durante Fiorentina - Chievo Verona Fonte: Getty Images

L’epopea viola: Riganò alla Fiorentina

In quei mesi si consuma il terremoto viola descritto in precedenza. Riganò viene visto come il bomber di categoria adatto a fare la differenza. Scendere di categoria non lo spaventa: per chi viene dal campo sabbioso del “Monteleone” di Lipari la sola prospettiva di giocare in uno degli stadi più iconici del nostro calcio finisce per contare più del campionato in cui si gioca. Sarebbe scorretto parlare di Fiorentina, perché in quella stagione il club, iscritto tra i professionisti per “merito sportivo” si chiama Florentia Viola. Condividerà lo spogliatoio con l’encomiabile Soldatino Di Livio, ancora molto performante a 37 anni, ma anche con ragazzi dal futuro radioso come Alino Diamanti e Quagliarella.

Tavulone, come era stato soprannominato dai tifosi della sua ultima squadra, diventa il simbolo della rinascita, trascinando in C1 la formazione allenata da Alberto Cavasin, che ad ottobre aveva preso il posto dello Zar Vierchowood. 30 gol in 32 gare, con il secondo scettro consecutivo di Re dei bomber del campionato, e entrata di diritto nel novero dei calciatori che avranno gratitudine eterna nella Culla del Rinascimento.

Le buone notizie, da quelle parti, non sono finite. A seguito del clamoroso caso-Catania, legato all’impiego del calciatore Luigi Martinelli in gare della Primavera mentre era squalificato con la prima squadra, si crea la scelta di allargare il campionato di Serie B a 24 squadre, bloccando le retrocessioni maturate sul campo nei mesi precedenti. Una decisione che suscita grandi polemiche in tutta Italia, a maggior ragione quando viene resa nota la scelta di “sostituire” il fallito Cosenza con la stessa Fiorentina per “meriti sportivi” legati alla storia del club.

La maturità realizzativa di Riganò è ormai talmente sviluppata da renderlo decisivo anche in un campionato difficilissimo come la Serie B dell’epoca, che in quella stagione vedrà impegnati tanti futuri grandi giocatori. I giovanissimi Pazzini e Montolivo, ma anche altri eccezionali bomber: il capocannoniere Luca Toni (di lì a poco Campione del Mondo con Grosso), Protti e Cristiano Lucarelli, giusto per citarne tre. Segna 23 reti in 44 gare e risulta decisivo a tutti gli effetti per la promozione, pur con il rammarico di non poter prendere parte allo spareggio promozione vinto contro il Perugia.

A 30 anni taglia quindi il traguardo del raggiungimento del massimo campionato, con la possibilità di vedere da vicino tanti campioni domenica dopo domenica e, soprattutto, l’investitura della fascia di capitano viola. Nonostante diversi infortuni accusati nel corso della stagione 2004/05 si toglierà comunque diverse soddisfazioni, risultando decisivo per il passaggio del turno in Coppa contro il Verona a inizio stagione e trovando una manciata di gol importanti in campionato, a partire da un liberatorio tocco sotto porta su assist di Miccoli contro il Livorno, a cui farà seguito una corsa liberatoria sotto la curva.

Christian veniva da tre mesi e mezzo di infortunio. Con l’acquisto di Luca Toni dal Palermo e la scelta di puntare su altri calciatori giudicati come di maggior prospettiva finisce, nella stagione successiva, di fatto ai margini della rosa, scegliendo poi la soluzione del prestito a Empoli per restare vicino a Firenze, dove ormai è a tutti gli effetti di casa. Andrà solo discretamente, con 5 gol in 33 gare. Nell’estate di Calciopoli si riavvicina a casa, a Messina, dove vive un’annata estremamente esaltante dal punto di vista prettamente personale: 19 reti e record nella storia del club per quanto riguarda la storia del club in A. Le sue reti non servono, però, ad evitare la retrocessione.

Christian Riganò durante Siena - Cagliari Fonte: Getty Images

Valencia e le ultime peripezie di Riganò

Gli viene chiesto di restare, ma l’ambizione di misurarsi ancora su livelli importanti è più forte dell’appartenenza al territorio, con i tifosi locali che non la prendono bene. I profeti in patria, spesso, finiscono per attraversare vicende oltremodo complicate. Sembra a un passo dal Livorno, ma alla fine firma al Levante, in Spagna, tra la rabbia del patron amaranto Spinelli, che dice di aver già depositato tutti i documenti necessari al trasferimento del calciatore.

A Valencia trova altri calciatori italiani: Bruno Cirillo, Damiano Tommasi e il portiere Storari, ex compagno proprio in riva allo Stretto. Ai giornalisti locali si presenta in maniera schietta e senza dubbio insolita: “Ho tentennato a venire qui perché il mio vero desiderio era di giocare ancora nella Serie A italiana per capire se i 19 gol dello scorso anno sono stati frutto del caso oppure ero in grado di ripetermi”. Viva la sincerità, ad ogni modo. Segna 4 reti fino a gennaio, poi sceglie di tornare in Italia, sebbene nel mentre sia arrivato anche un connazionale in panchina, Gianni De Biasi. Il club versa infatti in condizioni molto difficili da un punto di vista economico, e finirà addirittura per non pagare gli stipendi ai propri tesserati.

Va a Siena in prestito, senza particolari dividendi da un punto di vista realizzativo. Dopo la rescissione dell’estate successivo viene richiesto da tante squadre sia di Serie A che di B, ma un po’ a sorpresa sceglie di riabbracciare la C1, nello specifico con la maglia della Ternana. Una scelta che si rivela non felice, con annessa qualche polemica legata alla sua condizione fisica, che dopo qualche mese lo porta addirittura ad essere messo temporaneamente fuori rosa. Rescinde il contratto e gioca qualche mese a Cremona, poi inizia il suo ritorno al passato, “scendendo” anche fino alla Seconda Categoria e divertendosi vicino a casa, quasi sempre nella zona di Firenze, città in cui nel mentre si è stabilito assieme alla moglie Isa, che gli ha regalato anche due gemelli.

Finisce così per giocare in 9 delle dieci categorie del calcio italiano, di fatto mancando solo l’appuntamento con la Terza. Come racconterà a fine carriera: “L’obiettivo della mia carriera è stato sempre quello di dimostrare di poter dimostrare di fare gol in ogni serie che salivo. Mi dicevano, dopo i gol fatti in Promozione, vedrai se li farai in Eccellenza. Dopo l’Eccellenza lo stesso con la D, e via discorrendo…”. Continua, ovviamente, a far parlare di sé per le proprie cifre realizzative, con annessa meraviglia da metà campo nel 2015 con la maglia dell’Incisa Valdarno. Nel post carriera sceglie il percorso da allenatore, con la recente gioia (estate 2022) della promozione dalla Prima Categoria alla Promozione con l’Affrico, che non gli varrà comunque la conferma sulla panchina dopo la gioia del successo ottenuto sul campo. Il tutto, peraltro, curiosamente a discapito del Fiesole, squadra della località a cui è dedicata quella curva che tante volte ha fatto esplodere di gioia.

Ancora oggi vive nella città gigliata, dove da molti è ancora trattato come un idolo. Allo stadio oggi ci va raramente, e non per mancanza di passione: “A chi mi chiede come mai sia poco spesso al Franchi rispondo che poi mi viene voglia di giocare…”. Proprio l’amore per il pallone e per il gol lo hanno spinto lontano. Ancora oggi ricorda quasi tutti i suoi gol, in ogni tipo di categoria. Perché attaccante lo è diventato attorno ai 20 anni, ma probabilmente era una vocazione che aveva dentro da sempre…

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