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Ciclismo, Van der Poel è già leggenda: vince il Mondiale e pensa subito a nonno Poupou

Poulidor, il giorno che ha lasciato questo mondo (13 novembre 2019), sognava che qualcuno potesse riscattare il credito che aveva contratto con la malasorte. Sognava che quel qualcuno fosse il nipote

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Vince il Mondiale su strada a Glasgow e il primo pensiero di Mathieu Van der Poel è stato tutto per nonno Poupou. Che in carriera la maglia iridata l’ha sfiorata tante volte, salendo 4 volte sul podio di un mondiale, mai però sul gradino più alto.

Una sorta di maledizione: dopo gli 8 podi conquistati al Tour de France, senza mai indossare nemmeno per un giorno la maglia gialla, anche l’iride ha sempre voltato le spalle a Raymond, “l’eterno secondo”, come era stato ribattezzato all’epoca e come il mondo l’ha conosciuto anche dopo, il simbolo di un ciclismo antico e poetico che già negli anni ’60 cominciava a lasciare spazio a un nuovo modo di intendere le corse.

Poulidor sognava che fosse proprio suo nipote

Poulidor correva da marzo a ottobre, non lesinava alcuno sforzo per cercare la gloria, sebbene proprio quegli sforzi alla lunga finivano per sfiancarlo e per diventare il terreno ideale per consentire ai rivali di superarlo.

Poulidor, il giorno che ha lasciato questo mondo (era il 13 novembre 2019), sognava che un giorno qualcuno potesse in qualche modo riscattare tutto quel credito che aveva contratto con la malasorte. Sognava che quel qualcuno fosse il nipote, e Dio solo sa quanto avrebbero voluto entrambi essere felici e festanti a brindare assieme per quelle vittorie finalmente divenute realtà.

Nel nome del nonno

Il primo pensiero di Mathieu van der Poel, poco prima di tagliare il traguardo del mondiale di Glasgow, certamente è stato per nonno Poupou. Che strana la vita: la figlia di Raymond si è innamorata perdutamente di un ciclista olandese, Adrie, e dalla loro unione è nato un fuoriclasse come non lo si era ancora mai visto prima.

Uno che a differenza del nonno corre da dicembre a novembre, senza mai scendere dalla bici, perché quando i colleghi su strada riposano o si preparano per la stagione che verrà lui le ruote le allarga, salendo su una bici da cross o su una mountain bike, sfidando spesso la gravità in sfide a rotta di collo contro avversari che poi il più delle volte si ritrova a fronteggiare proprio su strada.

Un talento cristallino prestato alla strada

Mathieu è un talento cristallino “prestato” alla strada, perché svezzato dal fango, ma che in qualche modo sentiva di dover rendere giustizia al nonno Raymond, che troppe volte si era illuso di avercela fatta, vedendosi poi costretto a vedere gli altri far festa.

Ma sulla strada ha compiuto imprese mirabolanti, di una bellezza talvolta sconfinata: due volte al Giro delle Fiandre, una alla Milano-Sanremo, un’altra ancora alla Parigi-Roubaix, adesso al mondiale.

La gara che più di ogni altra lo aspettava al varco, dopo che 10 mesi fa a Wollongong, in Australia, quando tutti lo davano come il grande favorito, venne messo fuori gioco prima ancora di salire in bici da una movimentata notte in un albergo nelle vicinanze del luogo di partenza, disturbato da schiamazzi notturni che gli impedirono di dormire e lo portarono a litigare anche fisicamente con alcuni ospiti della struttura.

Stavolta l’albergo se l’era scelto bene: ha dormito tutta la notte, poi in corsa s’è svegliato quando era il momento giusto di farlo. E nessuno è riuscito a restare sulla sua ruota.

Una sgasata da cartolina

Van der Poel aveva mille motivi per fare quel che ha fatto a Glasgow. Anche stavolta era il favorito numero uno, uscito con la condizione giusta da un Tour de France corso in appoggio al velocista della sua squadra (Philipsen) e nel quale l’opinione pubblica l’ha persino attaccato per aver mancato l’obiettivo minimo di vincere almeno una tappa.

Ma lui aveva messo il mondiale nel mirino, e al mondiale s’è dimostrato irresistibile per chiunque. Ha un certo punto s’è preso anche più rischi del dovuto, rovinando a terra quando era già lanciato solitario verso il traguardo.

La sgasata con la quale ha lasciato sul posto Pogacar, Pedersen e soprattutto Van Aert, il rivale di sempre, tanto in bici quanto in MTB, è destinata a diventare una delle cartoline simbolo di una carriera che a 28 anni profuma già di leggenda.

Il progetto “Iride al cubo”

E che potrebbe diventarlo ancor più se sabato prossimo Mathieu deciderà di partecipare alla gara della mountain bike (specialità cross country), che peraltro serve anche come prova d’accesso diretto a Parigi 2024.

Van der Poel è regolarmente iscritto alla gara e in caso di successo diventerebbe il primo ciclista della storia a conquistare nello stesso anno tutte e tre le maglie iridate delle principali discipline del pedale, avendo vinto già il titolo nel ciclocross lo scorso gennaio (ne ha conquistati 4 complessivamente in carriera).

Se la scivolata al penultimo giro non avrà lasciato strascichi particolari nel suo fisico, difficilmente Mathieu rinuncerà a giocarsi una chance così grande per lasciare un segno indelebile nella storia.

Nulla che possa minimamente cambiare opinione su quello che è il suo reale posto nell’olimpo del ciclismo: da lassù nonno Poupou può andar fiero di avere un nipote che in qualche modo ha vinto anche per lui.

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