Da un attico lussuoso di Napoli si sentono cori da stadio e imprecazioni, due poliziotti suonano il campanello: “Ci ha chiamato l’inquilino del piano di sotto, ha telefonato in centrale dicendo che state facendo un chiasso insopportabile!”. La risposta del proprietario di casa è istintiva: “Ma chill’ Bellucci ha pigliat’ roje pali e ‘na traversa!”.
Questa è la scena tratta dal film Tifosi in cui Nino D’Angelo e Peppe Quintale, entrati nell’appartamento per rubare non sapendo che il proprietario fosse Maradona, si ritrovano casualmente a vedere Atalanta-Napoli grazie al “decodèr” di Tele+ già collegato alla tv. È una partita di Serie B della stagione 1998/1999, infatti i partenopei sono retrocessi dopo 33 anni consecutivi in A e per tornarci subito confidano nel loro numero 10, Claudio Bellucci, che però a dieci gare dalla fine del campionato si fa male.
Ecco, Bellucci è uno di quei calciatori con una carriera costellata di infortuni e sfortune per cui si può dire “Cosa sarebbe successo se…?” immaginando uno sviluppo alternativo e più soddisfacente.
- Dalla Lodigiani con Totti alla Sampdoria con Mancini e Gullit
- Il Bellucci blucerchiato e quella doppietta all’Arsenal
- L’avventura al Napoli e la sliding door Juventus
- Gli anni a Bologna: da vice Signori a protagonista fino alla B
- Samp-bis, il ritorno di Bellucci a casa
- Livorno, Modena e l’ulcera gastrica: l’ennesima sfortuna di Bellucci
- Bellucci allenatore: meglio come vice
Dalla Lodigiani con Totti alla Sampdoria con Mancini e Gullit
Claudio Bellucci nasce il 31 maggio 1975 a Roma e fin da piccolo sogna di indossare la maglia giallorossa dei vari Pruzzo, Völler e Boniek perché dimostra subito una grande propensione per i ruoli d’attacco. Alle medie gioca nella Lodigiani, terza squadra della Capitale, che in quegli anni è una grande fucina di talenti passati sia alla Roma che alla Lazio, e nei vari tornei giovanili si ritrova al fianco di Totti che, pur avendo un anno in meno, viene spesso convocato con i più grandi. Bellucci non è la stella della squadra, ma si fa notare per la sua rapidità e la sua precisione in zona gol e questo basta alla Sampdoria per interessarsi a lui e portarlo a crescere a Bogliasco e magari imparare qualcosa dai grandi.
Ammira i gemelli del gol Vialli e Mancini, mentre continua a segnare e si mette in mostra come uno dei migliori prodotti della Primavera. Purtroppo non fa in tempo a condividere il campo con il capitano che passa nell’estate del 1992 alla Juventus, ma una volta compiuti i 18 anni entra finalmente in prima squadra dove trova il Mancio e due campioni come Platt e Gullit, oltre al suo gemello del gol negli ultimi anni, Nicola Amoruso.
Il Bellucci blucerchiato e quella doppietta all’Arsenal
Alla prima stagione da professionista per il romano, lo spazio in attacco è davvero risicato, infatti Bellucci raccoglie solo due presenze da subentrato in Serie A e una in Coppa Italia, sufficiente quest’ultima però a considerarlo ufficialmente tra i vincitori della competizione chiusa con un roboante 6-1 a Marassi nella finale di ritorno con l’Ancona e una festa in onore del presidentissimo Paolo Mantovani, scomparso il 14 ottobre 1993.
Chiuso l’anno con una soddisfazione, Bellucci a luglio viene mandato in prestito alla Fiorenzuola in C1 dove riesce subito a distinguersi con 3 gol in 7 partite ed è destinato a superare la doppia cifra. Intanto, la Samp deve rimpiazzare l’infortunato Bertarelli: Bellucci viene quindi richiamato dal prestito ed è felice di rimettersi a disposizione di mister Eriksson. Si ritaglia il ruolo di vice Mancini, entrando spesso a gara in corso, come il 18 dicembre 1994 quando segna il suo primo gol in A, quello del definitivo 5-0 al Cagliari.
In campionato la squadra fatica, ma viaggia spedita in Coppa delle Coppe e arriva in semifinale contro l’Arsenal. Sconfitti 3-2 all’andata ad Highbury, ecco il ritorno il 20 aprile ‘95: Mancini segna il vantaggio, poi pareggia Wright, la partita diventa bloccata e ai blucerchiati serve almeno un gol per andare in finale, allora Eriksson getta nella mischia Bellucci a 10’ dalla fine. Lui ci mette pochissimo a far esplodere Marassi con una doppietta in meno di due minuti: prima un colpo di testa sugli sviluppi di un calcio di punizione, poi un tocco preciso di destro dopo uno scatto sul filtrante di Lombardo. Il delirio però si spegne poco dopo perché Schwarz sorprende Zenga con un calcio di punizione da oltre 30 metri e manda la sfida ai rigori, in cui i Gunners sono più precisi e conquistano la finale.
“Durante il riscaldamento nella mia mente mi ripetevo ‘pensa se entro e faccio goal… entro, faccio goal e passiamo il turno…’. A pochi minuti dalla fine il mister mi fece entrare, c’era una punizione dal limite dell’area. Sul pallone andarono, giustamente, Mancini e Mihajlovic, mentre io ero a lato della barriera per andare sulla respinta del portiere, speravo in qualche palla da rubare in area. Alla battuta andò Mihajlovic che prese la barriera, la palla tornò a Mancini che calciò in porta, io ero sulla traiettoria del tiro, al limite del fuorigioco, e feci goal di testa, prendendo in controtempo il portiere. In quei due minuti non capii niente – racconta Bellucci -. Segnai sotto la gradinata Nord e mi ritrovai sdraiato sotto la Sud, dopo una corsa di 100 metri senza maglia, con le lacrime agli occhi, perché era il sogno di un ragazzino che si avverava, portare la Samp in finale. Quello che pensavo durante il riscaldamento era diventato realtà”.
Nonostante l’epilogo amaro, il 21enne romano entra nel cuore dei tifosi che lo salutano dopo un anno in cui, col ritorno di Bertarelli e soprattutto l’esplosione di Enrico Chiesa, le presenze diminuiscono e la società decide di cederlo nuovamente in prestito, stavolta al Venezia in Serie B. In laguna lo spazio c’è eccome, perché Bellucci è titolare fisso e segna 20 gol in 33 partite, richiamando l’attenzione della Serie A e di Tardelli, appena nominato ct dell’Italia Under21: si aspetterebbe un ritorno alla Sampdoria, solo che le cose vanno diversamente.
L’avventura al Napoli e la sliding door Juventus
“Mi ricordo ancora come mi ero sentito dopo la stagione al Venezia in Serie B. Era l’estate del ‘97, avevo segnato 20 gol in 33 gare e speravo che la Samp mi desse una possibilità. Invece, rientrato dal prestito mi comunicarono che ero stato ceduto in comproprietà al Napoli. Ci sono stato male per qualche giorno”. Claudio ha voglia di riscattarsi e far vedere che può giocare ad alto livello in Serie A, ma purtroppo per lui che è uno dei pochi a salvarsi con 10 gol in 27 partite, tra cui uno da ex a Marassi, la stagione del Napoli è pessima e l’ultimo posto in classifica vuol dire retrocessione. Il presidente Ferlaino riscatta l’altra metà del cartellino e punta così tanto su di lui da respingere l’interesse della Juventus che cerca un sostituto di Del Piero dopo l’infortunio di Udine.
“Nel ’98, quando Del Piero si ruppe il ginocchio, è stata una possibilità e ci furono dei contatti: mi sarei giocato le mie carte fino a fine stagione e poi si sarebbe visto come proseguire. Il Napoli disse di no alla Juve dicendomi che doveva vincere il campionato per tornare subito in Serie A e che, di conseguenza, non poteva cedermi a un’altra squadra“. Quella che Bellucci svela è un’autentica sliding door, come quella del film uscito al cinema proprio in quell’anno, e la storia si sviluppa come nel caso in cui Gwyneth Paltrow prende la metropolitana: continua la stagione in azzurro senza particolari acuti e ad aprile si rompe il tendine della caviglia proprio quando sta iniziando a legare col nuovo attaccante Schwoch.
Rimane fuori più di un anno e perde il posto da titolare nella stagione in cui il Napoli riconquista la Serie A e l’anno dopo è praticamente ai margini del progetto: per Zeman e Mondonico è la terza scelta, poi la quarta quando arriva Edmundo a gennaio per tentare di salvare la squadra. La seconda retrocessione è inevitabile, ma almeno porta un ricordo divertente con il brasiliano: “Aveva paura di andare dal barbiere e un giorno a Soccavo glieli tagliai io, ma sbagliai completamente, infatti nelle ultime partite giocò coi capelli rasati. Quell’anno mi sarei dovuto sposare a giugno e mi promise che me l’avrebbe fatta pagare, pertanto fino a fine stagione ero terrorizzato della sua vendetta”.
Gli anni a Bologna: da vice Signori a protagonista fino alla B
Nell’ultimo anno a Napoli si fa avanti l’Espanyol per Bellucci, lui rifiuta perché preferisce rimanere in Italia e allora dopo la retrocessione accetta il trasferimento al Bologna, dove sa già di dover fare il vice Signori come negli anni blucerchiati con Mancini. L’ex Samp si cala bene nella parte e riesce a ritagliarsi il suo spazio, non tanto con Guidolin nei primi due anni quanto con Mazzone, romano e romanista come lui, che gli dà fiducia e lui lo ripaga con gol e buone prestazioni. “Il primo anno col mister fu il momento più esaltante. Sono rinato come calciatore e come uomo. Aveva capito le mie difficoltà, mi ripeteva ogni giorno che sarei potuto tornare come quello di Napoli, avevo voglia di rilanciarmi e Mazzone ebbe ragione: sono tornato in campo e non sono più uscito. Ed è riuscito anche a farmi giocare in coppia con Signori“.
Purtroppo al secondo anno non c’è più il capitano e alla fine il Bologna retrocede dopo lo spareggio perso contro il Parma, così Bellucci riparte ancora dalla B e stavolta è come col Venezia, infatti segna a ripetizione e in tutti i modi: destro, sinistro, testa, punizioni e rigori, ma i 44 gol in due stagioni non bastano a riportare in A i rossoblù.
Samp-bis, il ritorno di Bellucci a casa
Ormai in scadenza di contratto con il Bologna e con la voglia di giocare ancora in Serie A, ecco l’occasione attesa 10 anni perché arriva la chiamata della Sampdoria. Stavolta il presidente è Garrone e l’allenatore è quel Mazzarri diventato famoso per aver salvato la Reggina nonostante 11 punti di penalizzazione, e poi ci sono una squadra e una tifoseria che non vedono l’ora di riabbracciarlo. Bellucci non ci pensa due volte e torna a vestire blucerchiato con la maglia numero 11, trovando un’intesa con un altro fantasista entrato nel cuore della Gradinata Sud. “Nei primi due anni giocavamo sempre io e Cassano insieme. Mazzarri ci diceva che la fase di non possesso dovevo farla io per l’85% e lui per il 15%”.
Chiude la prima stagione da capocannoniere della squadra con 12 gol, suo record personale, ma soprattutto con la rottura del tendine d’Achille a maggio 2008, che convince la dirigenza a comprare Pazzini. Nella seconda, invece, accusa fastidi al ginocchio sinistro che lo costringono a marzo a un’operazione ed è un grosso peccato perché comunque quando è in campo dà il suo contributo, ma non può fare altrettanto il 13 maggio 2009, giorno della finale di Coppa Italia contro la Lazio all’Olimpico. Il sogno di fare il bis dopo la vittoria di 15 anni prima si infrange perché ai rigori vincono i biancocelesti e Bellucci soffre doppiamente, da sampdoriano e da romanista.
Livorno, Modena e l’ulcera gastrica: l’ennesima sfortuna di Bellucci
I guai fisici continuano a perseguitare Bellucci, che ormai a Genova raccoglie solo pochi spezzoni di partite e conclude la stagione 2009/2010 al Livorno. Escluso un gol al Catania, l’ultimo in Serie A per il romano, i sei mesi in amaranto sono piuttosto anonimi e culminano con la retrocessione dei toscani a fine stagione quando, compiuti ormai 35 anni, Bellucci rimane svincolato. Si accasa al Modena in estate e spera di disputare un ultimo dignitoso campionato da professionista, ma ancora una volta gli capita una disavventura.
A dicembre, infatti, viene colpito da un’ulcera gastrica che lo tiene lontano dai campi per 4 mesi: “Dopo la gara col Portogruaro mi sono sentito male e da lì è iniziato un periodo molto difficile, soprattutto quando ho saputo della malattia – le sue parole –. Da subito mi hanno detto che si poteva curare e ho iniziato la mia battaglia, anticipando anche i tempi che i dottori avevano fissato in 6 mesi. La malattia è stata pesante“. Talmente pesante da convincere Bellucci ad appendere le scarpe al chiodo dopo il ritorno in campo ad aprile e gli ultimi 3 gol della carriera e a cominciare a studiare per diventare allenatore.
Bellucci allenatore: meglio come vice
Claudio Bellucci sceglie di ripercorrere la stessa traiettoria avuta da calciatore, infatti ricomincia dalle giovanili della Lodigiani e dopo due anni va di nuovo alla Sampdoria per allenare i Giovanissimi prima di fare il salto in Primavera come vice di Enrico Chiesa e in prima squadra come collaboratore tecnico sotto la sfortunata guida di Zenga. Rimane in blucerchiato fino al 2017 seguendo i primi passi nel settore giovanile del figlio Riccardo, attaccante come lui, quando lascia l’incarico di allenatore degli Allievi (Under 17) per sedersi sulla panchina dell’Arezzo, ma viene esonerato dopo sole 4 giornate.
Torna in Liguria per l’esperienza finora più corposa in panchina da capo allenatore, cioè l’Albissola nel 2018/2019: subentra a Fossati a stagione in corso quando la squadra all’esordio in C1 è in zona retrocessione e la porta verso una salvezza tranquilla, ma a poche giornate dalla fine viene esonerato. A quel punto decide che è meglio dare il proprio contributo come collaboratore o vice e continuare a imparare prima di rimettersi in proprio, così nel 2020 accetta l’offerta di entrare nello staff di De Biasi, appena nominato ct dell’Azerbaigian, e nel frattempo torna in Italia per affiancare il suo mentore Mazzarri al Cagliari, ma l’avventura finisce a maggio 2022 quando i sardi sono ormai in caduta libera verso la Serie B.
Vedremo cosa succederà al Bellucci allenatore: magari tornerà ancora alla Sampdoria come fatto da calciatore, magari per una volta la porta scorrevole gli restituirà in panchina quella fortuna mancata in campo.