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Crisi Juve: i numeri impietosi del brutto gioco di Allegri. Cosa non va e come uscirne.

La Vecchia Signora non vede la luce in fondo al tunnel e i parallelismi (inquietanti) con l’inizio di stagione 2015/2016 si sprecano. Ma può questa rosa replicare quell’incredibile rimonta?

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28 ottobre 2015: è crisi Juventus. I bianconeri escono sconfitti dalla sfida esterna col Sassuolo, decisa da una prodezza di Nicola Sansone su punizione. Undici punti di distacco dalla Roma capolista e discorso scudetto già praticamente chiuso. 8 ottobre 2022: è sempre crisi Juventus. Stavolta la sconfitta esterna è col Milan, che passa con il gol di Tomori e la prodezza di Brahim Diaz. Dieci punti di distacco dal Napoli capolista e discorso scudetto già praticamente chiuso. Sette anni dopo, la storia si ripete. Ma se quella Juventus riuscì a compiere un autentico miracolo, uscendo dalla crisi e alzando il tricolore dopo un avvio di campionato disastroso, la squadra che vediamo oggi non offre motivi per sperare in un clamoroso bis. Oppure sì?

Quando il ritmo non c’è, gli avversari ballano

La reinterpretazione di questo popolare detto apre l’analisi su un preoccupante dettaglio, se così possiamo chiamarlo, che ha caratterizzato quasi ogni gara di questa stagione 22/23 (e, in parte, anche della scorsa): la Juventus non corre. I bianconeri mancano totalmente di ritmo, e sin qui hanno mostrato in campo spesso lo stesso copione: un’ottima partenza, con 25-30 minuti di buon calcio, seguita da un vistoso crollo nella performance atletica e dalla conseguente cessione dell’iniziativa agli avversari. E se con squadre, passateci il termine, mediocri come il Maccabi Haifa o lo Spezia può bastare, quando l’avversario si fa più impegnativo (leggasi PSG, Benfica e Milan) ecco che arriva la sconfitta. Un trend che caratterizzava anche la rosa di quel famoso 2015-16, anch’essa falcidiata da numerosi infortuni. Scorrendo l’organigramma dello staff di preparatori atletici agli ordini di Max Allegri, s’incontrano svariati nomi in comune. Non una casualità. Recentemente la società bianconera ha comunicato un maggiore coinvolgimento di Giovanni Andreini, ex collaboratore di Roberto Donadoni ai tempi della Nazionale, attraverso più potere decisionale in sede di allenamento. I frutti, tuttavia, non si sono ancora visti.

Cercasi gol disperatamente

I bianconeri fanno una fatica pazzesca a segnare. Nonostante bocche da fuoco del calibro di Dusan Vlahovic (33 gol nell’anno solare 2021, come solo Cristiano Ronaldo nello stesso periodo), Arek Milik e Angel Di Maria, a oggi la Juventus ha collezionato la miseria di 17 gol a fronte di 48 tiri nello specchio. Una percentuale realizzativa di poco meno dell’11%. Nello stesso periodo, la Juventus 15/16 aveva segnato 15 gol su 61 tiri nello specchio, ossia circa il 6,7%. Per fare un paragone, il Napoli ha all’attivo 35 marcature. Più del doppio dei bianconeri. La sterilità offensiva potrebbe derivare dalla bassa percentuale di possesso palla, meno del 50% sin qui, o dallo scarso numero di passaggi completati all’interno della metà campo avversaria: solo 1977, addirittura quasi 1000 in meno rispetto a sette anni fa. Per forza di cose, tutto si riconduce al discorso sulla tenuta atletica: abbassando i ritmi e concedendo campo agli avversari, la squadra di Allegri si scopre e finisce per pagarne dazio. Pochi e non sfruttati, poi, i cross, che mal si sposano con la presenza in squadra di due arieti, Vlahovic e Milik, e di un difensore, Bremer, che fanno del gioco aereo una delle loro migliori doti: 154 conclusioni contro le circa 200 della stagione 15/16.

Senza un faro, la nave rischia di schiantarsi sugli scogli

Ciò che manca a questa squadra però, ancor più che i gol e la tenuta atletica, è un leader. Un giocatore che in campo possa far sentire la propria voce e che possa fungere da faro per i propri compagni quando il mare si fa tempestoso. E sotto questo aspetto, il paragone con la formazione di sette stagioni fa è a dir poco impietoso: Buffon, Chiellini, Barzagli, Marchisio, Pogba, Mandzukic, Evra. Non a caso quella Juventus, dopo la sconfitta col Sassuolo e la sfuriata davanti ai microfoni di capitan Buffon, fece quadrato e ne uscì ancor più forte. Quello che oggi dovrebbe riempire queste scarpe è Paul Pogba, tornato come il più classico figliol prodigo dopo la parentesi a Manchester. Peccato che, complice uno sfortunato infortunio al ginocchio e la quantomeno discutibile gestione dello stesso, il nazionale francese non sia mai potuto scendere in campo, costretto a seguire i propri compagni dalla tribuna. Fermo ai box anche l’altro ipotetico leader (più tecnico che carismatico) di quest’organico, ovvero Federico Chiesa. Tornato recentemente ad allenarsi coi compagni dopo svariati mesi, è ancora lontano dal rientro in campo (si parla di fine ottobre/inizio novembre) e quindi anche la sua voce rimane per forza di cose inascoltata. Se non riuscirà a trovare un proprio capitano, nel vero senso della parola, la nave bianconera finirà per schiantarsi definitivamente sugli scogli. Altrimenti, come riportato laconicamente da Chiellini a bordo campo nella stagione scorsa, questa rosa non sarà mai squadra.

Le possibilità ci sono, ma sono ridotte a un lumicino. E Max dovrà svoltare

Fino alla sentenza matematica, i giochi non sono mai definitivamente chiusi. Ma le speranze per una rimonta bianconera sono davvero ridotte al classico lumicino e passano per incognite troppo grandi per essere valutate oggettivamente a priori. Prima di tutto, bisognerà valutare le tempistiche e le condizioni di rientro di Pogba e Chiesa, che metterebbero il segno di spunta alla casella “personalità”, oltre a provvedere alla mancanza di pura classe che la rosa ha manifestato finora. In secondo luogo, occorrerà saggiare l’impatto di Andreini in allenamento, per vedere se si riuscirà a mettere una pezza alla preparazione estiva totalmente sbagliata. Su questo inciderà moltissimo il Mondiale, e in che condizione (atletica e mentale) torneranno sia i tanti calciatori che saranno impegnati in Qatar, sia quelli che resteranno a casa. In terza istanza, probabilmente la più importante nonché difficile, Max Allegri dovrà tornare il più presto possibile non solo il magnifico lettore di partite che era nella sua prima esperienza in bianconero, in grado di stravolgere un risultato con due cambi azzeccati, ma anche quel “diavolo da conferenza stampa” che si portava a spasso avversari e addetti ai lavori con uscite puntuali e mai banali. Perché la Juventus torni la Juventus, insomma, serve che Allegri torni Allegri.

Roberto Ciucci

Crisi Juve: i numeri impietosi del brutto gioco di Allegri. Cosa non va e come uscirne.

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