Prima di essere diventato quello che è, ovvero uno dei difensori più forti del mondo, Danilo ha giocato in svariati campionati e vestito maglie importanti nel corso della sua carriera. Santos, Porto, Real Madrid, Manchester City e Juventus, sono tutte squadre che gli hanno dato la possibilità di acquisire esperienza e vincere tanti trofei.
A 29 anni Danilo, è un giocatore che può essere certamente soddisfatto del suo percorso, ma la strada che l’ha portato al successo non sempre è stata in discesa.
Il difensore della Juventus, in un’intervista pubblicata sul suo profilo Instagram , ha parlato del suo rapporto con le critiche. “Sicuramente impari ad affrontarle. Riesci a creare un guscio, una protezione, perché ovviamente a nessuno piace riceverne, soprattutto quando sono distruttive o di cose che non vanno bene. Di solito io dico che nella mia storia di giocatore, se avessi dato troppa attenzione alle critiche, non sarei nemmeno uscito di casa. Ricordo bene di quando ho lasciato la piccola città di Bicas-MG per andare a Juiz De Fora, che era la città più grande vicina alla mia, per poter giocare nel campionato Mineiro. Inizialmente sentivo sempre delle critiche tipo “Cosa sta facendo questo ragazzo? Non arriverà da nessuna parte”. Già all’epoca quindi ho iniziato a ricevere critiche. Ricordo che nell’America Mineiro non sono esploso subito, ho dovuto lottare per trovare il mio spazio. Non ero una promessa, un giocatore che dava spettacolo. In quel momento ho dovuto scegliere tra l’ascoltare le critiche o la mia coscienza, il mio lavoro, quello che sentivo di avere come potenziale, le persone che credevano in me. Poi al Santos ono stato la rivelazione del campionato, avevo fatto un anno buono ma non ero ancora conosciuto in Brasile”.
Quella al Santos è stata un’esperienza molto importante. “Ricordo che quando sono arrivato ho chiesto dell’abbigliamento per fare i test, ma il direttore ci disse: “Non prestiamo i vestiti del club”. Così sono dovuto andare in un negozio a comprare vestiti e scarpe per fare i test medici. Quando sono arrivato tutti si chiedevano “Ma chi è questo qui?”. Nelle prime partite non ero tra i migliori e quindi sono iniziate nuovamente le critiche. Pensai: “Darò importanza a queste persone, o a chi mi sostiene veramente e mi conosce?”.
A chiudere l’avventura al Santos è stato il trasferimento in Europa. “Sono arrivato al Porto a 19 anni e giocavo già in Nazionale. Per il club era il secondo trasferimento più costoso della storia dopo Hulk. Cosa ci si aspetta da un terzino destro che è il più costoso della storia del club? Devi fare la differenza in qualche modo. Non conoscevo la storia del club, la grandezza di tutto ciò che rappresentava per il Portogallo e per la città. Pensai che avevo ricevuto molte critiche e che non ero ancora il giocatore importante che si aspettavano. Lo sarei diventato con il tempo, ma anche in questo caso ho ricevuto tante critiche all’inizio”.
Dopo il Porto le avventure al Real Madrid e al Manchester City. “Al Real ho finito per essere importante nella finale di Champions. In due edizioni della Champions League vinte dal Real ho giocato 11 partite, quindi non si può dire che ero un giocatore che non faceva parte del progetto. Al Manchester City ho giocato 60 partite in due anni vincendo cinque trofei. In Premier League ho giocato gare decisive. A Nessuno piace ricevere critiche, non sono uno di quelli che continua a leggerle, perché non ci si può preparare mentalmente a questo. Arriva un momento in cui bisogna decidere se dare importanza alle critiche o al lavoro. Io scelgo il lavoro ed ho dimostrato anno dopo anno che è una cosa che funziona. Finché sarò motivato e mi sentirà pronto ad affrontare tutto questo e avrò fiducia in mesi stesso, andrò avanti con il sorriso sulle labbra”.